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La Mitzvà del Giorno

Giorno 3: Principio 4, 5, 6, 7, 8, 9

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4o Principio

4. Il conteggio non include direttive omnicomprensive.Ad esempio “E osserva il Mio patto” (Esodo 19:5) o “Riguardo tutto ciò che ti Ho detto, e farai attenzione...” (Ibid. 22:30), o “E sarete un popolo santo per Me” (ibid. 23:23).

Versetti che non ci danno istruzioni per un’azione particolare che parlano dell’obbligo di osservare tutti i precetti della Torà, non sono inclusi nella lista dei 613 comandamenti.

5o Principio

Il motivo per una mitzvà non è un conteggio a parte.

A volte, la Torà menziona il motivo per un precetto con termini che potrebbero dare a intendere che si tratta di un precetto indipendente, mentre in realtà è solo una spiegazione del suo fondamento logico.

Ad esempio, “Egli non dovrà lasciare il Santuario e non profanerà gli oggetti santi del suo D-o” (Levitico 21:12). Non profanare ciò che è santo non è un comandamento, bensì è il motivo per cui il kohen non può lasciare il Santuario. Oppure, “Il suo primo marito, che l’ha mandata via, non può prenderla in moglie di nuovo...e non porterai peccato nel paese” (Deuteronomio 24:4). Anche in questo caso “portare peccato nel paese” non è un divieto indipendente, infatti è un motivo per cui un uomo non può risposare la moglie che ha divorziato, se lei si è sposata con qualcun’altro nel frattempo.

6o Principio

Una mitzvà che include aspetti positivi e negativi viene contata come due mitzvòt.

Ad esempio, vige il divieto di riposare di Shabbat e di astenersi dal lavorare in questo giorno. Di Yom Kippùr siamo tenuti ad ‘affligerci’ e a trattenerci dal mangiare. Nonostante l’infrazione di ciascuno di questi comandmenti equivale al trasgredire l’altro, se mangi di Yom Kippùr non ti sei aflitto; se lavori di Shabbat, non hai riposato; tuttavia queste sono considerate due mitzvòt distinte.

7o Principio

7. Non sono inclusi nel conto i diversi modi nel quale la mitzvà viene applicata.

Ad esempio una persona che involontariamente contamina il Tempio Santo o cibi santi deve portare un sacrificio (Levitico 5). Se ha i fondi necessari, è tenuto a portare una pecora o una capra, altrimenti porta due uccelli; se è indigente, porta un’offerta di farina. Tutto ciò è considerata una mitzvà, quella di portare il sacrificio del peccato nel caso questa particolare trasgressione venga fatta, anche se il come varia a seconda della situazione della persona.

8o Principio

Non includere affermazioni negative nella lista di precetti proibiti.

La parola ebraica "lo" significa sia “non” che “non deve” e solo le ingunzioni a “non fare” sono considerate proibizioni. Quindi l’unico modo per distinguere tra i due, è studiare il contesto della parola.

Alcuni esempi: “Ella non sarà liberata come gli schiavi che saranno liberati” (Esodo 21:7). Questo verso non è un divieto, bensì ci informa che i dettami che obbligano la liberazione dello schiavo Cananita non si applicano alla domestica ebrea. Ciò detto, se il proprietario la può liberare, se vuole.

Oppure, “Affinché egli non sia come Korach e il suo gruppo” (Numeri 17:5). Questa non è una proibizione, bensì un avvertimento che chiunque osi contestare il sacerdozio dei discendenti di Aharòn, avrà la stessa sorte di Korach e la sua schiera.

9o Principio

Non contare le volte che un comandamento è menzionato nella Torà, ma solo l’atto proibito o comandato.

Alcuni comandamenti sono ripetuti diverse volte nella Torà. Ad esempio, il comandamento di riposare di Shabbat viene menzionato dodici volte mentre il divieto di consumare sangue viene ripetuto sette volte. Nondimeno, quando si contano le 613 Mitzvòt, si includono azioni proibite o vietate, una volta.

(Le eccezioni alla regola sono quei casi dove i Saggi hanno dedotto che ripetere un comandamento particolare ha lo scopo di proibire o dare istruzioni riguardo un’altra azione. In tal caso, il verso [apparentemente] ripetitivo viente contato come una mitzvà a parte, perché di fatto sta dando istruzioni riguardo un concetto diverso da quello menzionato nel primo versetto.)

Da notare che si contano le azioni proibite espressamente menzionati nella Torà, e non quante volte sono menzionate. A volte la Torà menziona un divieto usando termini generici, se esso include più di un’azione. Ad esempio, “Non mangerai sopra il sangue” (Levitico 19:26). Questo ci insegna di non mangiare la carne di un sacrificio prima che il sangue viene spruzzato sull’altare; di non mangiare nessuna carne di un animal eprima che la sua anima (che si trova nel suo sangue) è completamente defunto; che chi fa parte di una corte non può mangiare nel giorno quando pronunciano una sentenza di morte e altri. Tutte queste azioni sono proibite ma non fanno parte delle 613 mitzvòt perché non sono menzionate nella Torà.

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La parashà
Parshah Behàr
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