Il trionfo ebraico sui siriani ellenisti, celebrato con la festa di Chanukà, segna la vittoria di una visione del mondo unica sulla predominante visione contemporanea. La posta in gioco non era una lotta per la liberazione nazionale secondo l'uso corrente, e neanche un conflitto per l'autonomia culturale, o er la libertà religiosa. Al di là delle lotte fisiche si verificava un combattimento spirituale sulla natura dell'uomo e dell'universo. Ciò che significa essere una creatura umana in questo mondo, era il fulcro della contestazione tra Ebrei e Greci.
Poiché gli Ebrei traevano dalla Torà la loro visione del mondo, essi combattevano un'alternativa straniera ma seducente, fondata sui presupposti del pensiero greco classico. Il trionfo dei valori della Torà sul rivale ellenico è rappresentata in modo bello e sottile nell'atto annuale di ogni ebreo dell'accensìone della Menorà. Possiamo verificare quanto sopra esaminando le discussioni dei Savi riguardo questa pratica.
Così insegnarono i nostri Rabbini: la mitzvà di Chanukà richiede l'accensione di un lume per ogni uomo e relativa famiglia; gli zelanti accendono un lume per ogni membro della propria famiglia, e chi è estremamente zelante (come sostiene Beit Shammai) il primo giorno accende otto lumi e poi le diminuisce gradualmente. Ma
Beit Hillel dice: il primo giorno se ne accende uno e poi vengono progressivamente aumentati. Ulla disse: in Occidente (Terra d'Israele) due Amorei, Rav Yose b. Abin
e Rav Yose b. Zebida dissentono su ciò. Uno sostiene che la ragione di Beit Shammai si riferisce ai giorni a venire e quello di Beit Hillel si riferisce ai giorni passati; l'altro sostiene: secondo Beit Shammai si riferisce ai buoi della Festa (di Succot), mentre secondo Beit Hillel aumentiamo in questioni di santità, ma non diminuiamo (Shabbat 21b).
Esattamente come inizia la Torà, non con speculazioni, ma con l'azione - la creazione Divina dell'universo - così i Savi iniziano questa complessa esposizione con una discussione del fatto reale: l'atto pratico della celebrazione di Chanukà. Questo approccio che è centrale nella Torà e nel pensiero rabbinico, è il fulcro della disputa fra la visione del mondo ebraico e greco. Poiché mentre la metafisica greca e la filosofia naturale danno enfasi alla teorizzazione astratta, il pensiero rabbinico è deliberatamente radicato nel concreto.
Stabilendo la loro visione del mondo sulle basi della Torà, i Savi riconobbero che la speculazione astratta divorziata dal concreto, è spesso il prodotto dell'immaginazione e degli esperimenti di pensiero in mondi possibili piuttosto che l'applicazione della ragione e dell'osservazione empirica in questo mondo. Ma la teorizzazione contemplativa è amorale, ignora le circostanze reali e le limitazioni dell'uomo e del mondo perché le geometrie delle parole non implicano alcuna norma immediata per l'uomo esistenziale. Di conseguenza, nel pensiero ellenista, non c'è nessun mezzo di interpretazione, con cui convertire ideali verbali in genuine realtà pratiche; eccetto, paradossalmente, che nei culti dionisiaci e misteriosi, arrendendosi al richiamo della magia emotiva ed irrazionale.
Al contrario, il pensiero rabbinico, rispecchiando l'istruzione della Torà, insiste risolutamente che sia la riflessione che l'emozione siano fissate nella ragione così come questa si riscopre nella realtà concreta dei dettagli del quotidiano umano. Così, anche la più astratta nozione analitica si deve esprimere specificatamente nell'esperienza umana del mondo, per essere considerata un valido postulato di ragione, piuttosto che una pura fantasia. Come risultato, la visione del mondo per gli Ebrei, a differenza dagli Elleni, è fondata sul concreto, l'etico e il razionale. Ilfatto di essere avviluppato dalle attività quotidiane, non preclude il pensiero ebraico dall'investigare e valutare anche la minima distinzione logica.
Un'ulteriore analisi della discussione dei Savi riguardo l'accensione della Menorà di Chanukà illustra chiaramente sia queste caratteristiche della visione del mondo ebraico, sia i multipli livelli di significato contenuti nella discussione, ogni particolare livello accessibile a seconda della comprensione intellettuale e della sofisticazione dello studente.
Rispondendo su come svolgere la mitzvà dell'accensione della Menorà di Chanukà, i Savi spiegano che l'Halahà richiede un lume ogni notte per famiglia. In seguito essi procedono all'esposizione del principio etico fondamentale per cui ciascuno dovrebbe superare il minimo standard halahico nel servire D-o, ciascuno secondo le proprie abilità e devozione personale. Quindi, una persona zelante accende un lume per ogni membro della propria famiglia, ogni sera di Chanukà. Una persona estremamente zelante accende più lumi ogni sera. Dunque c'è il minimo normativo halahico, e c'è la libertà dell'individuo, entro specifici parametri, di poter aggiungere a questo minimo, quale espressione della propria devozione.
La discussione del numero esatto di lumi multipli che l'estremamente zelante aggiunge ogni sera, porta nuovi livelli di profondità e significato all'esposizione. La Scuola di Shammai sostiene che il numero dei lumi viene diminuito ogni sera da otto (la prima notte) ad uno (l'ultima); mentre Hillel sostiene il contrario, che i lumi aumentano ogni sera, dalla prima, uno, agli otto dell'ultima sera. In una beraita che introduce questo argomento, non vengono date spiegazioni per il ragionamento di Shammai e Hillel, ma è la Ghemarà che lo esplora.
Infatti nella Ghemarà stessa Ulla riporta una disputa, tra due Amoreì, relativa alle diverse posizioni di Shammai e di Hillel. Per la seconda opinione menzionata, Hillel sostiene che “aumentiamo in santità” con un lume per ogni sera. Naturalmente, Shammai è completamente d'accordo con questo principio-base della Torà, ma nel caso della Menorà trae un'analogia tra le offerte di Succot, che diminuiscono giornalmente durante la festa, e i lumi di Chanukà. Hillel non accetta questa analogia nel paragonare una mitzvà della Torà come Succot a una mitzvà rabbìnica come Chanukà, e quindi come spiegazione fa riferimento alla massima dell'aumentare in santità.
È interessante notare che la stessa beraita è costruita secondo il principio di Hillel di aumentare in santità. Essa inizia con il minimo halahico e continua con lo zelante e « l'estremamente zelante. Così la lezione etica esposta in specifiche concretizzazioni all'inizio della di scussione è confermata nel principio fondamentale di Hillel alla fine dell'argomento. Di conseguenza, la struttura dell'arrangiamento letterario di entrambe, la beraita originale e l'intera discussione della Ghemarà sull'accensione della Menorà di Chanukà, insegna questa lezione etica, oltre alla sua semplice citazione come la ragione di Hillel, da uno degli Amorei.
Un'altra spiegazione della ragione per cui Shammai ed Hillel disputano sul metodo di accensione dell'estremamente zelante ogni sera è presentato come l'opinione del primo Amoreo, precedente alla contestazione nella possibile analogia Chanukà-Succot. A prima vista questa spiegazione appare ovvia: Shammai conta quel che verrà mentre Hillel conta quel che è già avvenuto. Infatti, ci sono profonde nozioni filosofiche elegantemente codificate in questa formulazione modesta.
Rabbi S. Y. Zevin (nel L'Or HaHalahà), pp. 302-309) ha dimostrato in maniera convincente che, pur non essendo mai espresso in terminologia astratta e teorica, all'interno di molte dispute tra le Scuole di Shammai e di Hillel, c'è un tema filosofico consistente: Shammai determina l'Halahà secondo la potenzialità mentre Hillel decide secondo la realtà. Nel nostro caso, Shammai conta quella porzione di Chanukà che diminuisce giornalmente, quel che deve ancora diventare realtà; mentre Hillel conta quella porzione di Chanukà che aumenta giornalmente, quel che è già stato celebrato effettivamente.
Non solo notiamo la consistenza del principio delle due Scuole di pensi ero rabbinico, ma notiamo inoltre il modo in cui esprimono, deliberatamente, concetti filosofici astratti in esempi concreti di esistenza umana. I Savi apprezzarono chiaramente il valore fondamentale e il pericolo intrinseco di nozioni come potenziale e reale. Governati dalla ragione etica ispirata dalla Torà, potenzialità e realtà indicano la potenza della libertà umana di sforzarsi di giungere dall'attuale è il caso ad un futuro dovrebbe essere il caso. Questo è l'esplicito insegnamento di Hillel: ‘aumentare in santità’.
Questa profonda lezione etica e teorica fu sempre espressa dai Savi in casi specifici. Separate dai controlli della realtà concreta, queste nozioni astratte hanno la possibilità di diventare strumenti di fantasia amorale. Poi non solo un personale si dovrebbe può confondersi nell'immaginazione con il suo attuale è, ma ancor più pericolosamente, tale confusione può risultare in un si dovrebbe irrazionale e patologico individuale e collettivo che diventa ad ogni costo coercitivo sugli altri e sulla realtà esistente. Molto facilmente in queste circostanze, un idealizzato si dovrebbe si trasforma in brutale si deve.
Infatti, questa è esattamente la situazione commemorata nell'accensione della Menorà di Chanukà. I conquistatori ellenisti della Terra d'Israele, devoti come erano ad un modello astratto teorico della cultura mondiale, cercarono di riformare la visione del mondo ebraica come credevano che doveva essere, ed avrebbero impiegato ogni mezzo per imporre questo fine. Quindi, il trionfo dei soldati ebrei era più di una gloria militare; era prima di tutto l'affermazione della visione del mondo ispirata dalla Torà, che definisce potenzialità e realtà come espressioni esistenziali del proposito etico umano. Questa umana e genuina libertà di scelta, è simbolizzata dalla Menorà.
Il fatto che i Savi riconoscono e vogliano sottolineare la distinzione filosofica tra le espressioni definite della Torà di potenziale e reale da quelle usate nella speculazione greca traspare nella loro discussione della disputa riguardo il metodo in cui l'estremamente zelante accende giornalmente la Menorà di Chanukà. Poiché complementari l'un l'altro, Shammai ed Hillel insieme proclamano deliberatamente e fortemente la visione del mondo ebraica, e rifiutano ambedue le scuole greche di filosofia naturale.
L'enfasi di Hillel nell'Halahà sulla realtà tangibile è una risposta enfatica alla teoria platonica che concepisce gli oggetti concreti in questo mondo come copie offuscate delle idee mentali astratte e perfette. Per il platonista ellenista, ciò che avviene in questo mondo inferiore di illusioni terrestri ha poca importanza se si paragona alla contemplazione di queste intangibili idee celestiali perfette; per il platonista contemplare il bene è dunque sempre superiore a fare semplicemente il bene.
D'altra parte, parlando della visione del mondo ebraica, Hillel insiste che è solo nelle realtà di questo mondo materiale e tangibile che gli individuali esseri umani e le loro attività devono essere intraprese e capite; per ognuna delle parti di questo mondo, dobbiamo agire, per aumentare in santità ma non diminuire.
Shammai è d'accordo con la critica di Hillel della speculazione platonica, ma a prima vista sembrerebbe concorrere con la teoria aristotelica. Questa scuola rivale della filosofia greca, accettò l'importanza di questo mondo e formulò su di esso nozioni di potenzialità e realizzazione. Comunque, c'è una sottile ma profonda distinzione tra la comprensione ebraica di questi concetti e quella greca. La filosofia naturale aristotelica concepisce le potenzialità pre-programmate come le cause finali delle cause per tutte le realtà del mondo; così ogni realtà non può essere che una rivelazione di una potenzialità prefissata e predeterminata.
Shammai, riflettendo la visione del mondo ebraica insegnata dalla Torà, rifiuta questo determinismo greco e pone l'accento su una concezione contraddittoria di queste nozioni. Secondo Shammai, la realtà precede la potenzialità, che può avere parametri prestabiliti, ma nonostante tutto rimane indeterminata; le scelte dell'uomo influenzano l'emergenza del potenziale del futuro. La libertà di scelta dell'uomo - la sua azione intrapresa per celebrare Chanukà, per essere estremamente zelante, per accendere la Menorà con lumi multipli, rimarcando quotidianamente il calo dell'aumento in santità realizzato nel corso declinante del potenziale della festa degli otto giorni - questo è il tema centrale dell'insegnamento di Shammai nella realtà e potenzialità. Così, esattamente come l'enfasi di Hillel nell'importanza di atti reali e tangibili, le direttive di Shammai nell'accensione della Menorà affermano l'enfasi ebraica sulle scelte umane libere ed etiche, nel determinare la direzione e lo scopo delle potenzialità del futuro.
Riconoscendo l'enfasi della visione del mondo ebraica sulla realtà della vita quotidiana concreta, non siamo sorpresi che sebbene “queste (di Shammai) e queste (di Hillel) sono le parole del D-o vivente”, l'halachà pratica di Chanukà segue le regole di Hillel. Per questo, il periodo prima della venuta del Mashiach è il tempo in cui bisogna focalizzare la nostra attenzione sulla realtà, nei giorni attuali, in maniera tale che noi tutti possiamo essere degli estremamente zelanti che aumentano in santità ma non diminuiscono.
Dott. Yosef Udelson, tradotto da Giselle Levi.
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