Alcuni passi dell'articolo che "potrebbero compromettere la capacità operative dell'Esercito Israeliano" sono stati eliminati dalla censure militare.

La missione: Introdursi nel quartier generale del Comando Generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina di Ahmed Gabriel, la più importante roccaforte dei terroristi in Libano. I partecipanti: i migliori soldati israeliani appartenenti ad unità di commando. Il giorno: l'alba di Chanukkà 1988.

La missione presentava diverse problematiche dal punto di vista tattico. Il quartier generale, situato vicino a Beirut, si trovava nel cuore della zone del Libano controllata dai siriani. L'operazione doveva terminarsi velocemente e tutti i reparti israeliani dovevano essere evacuati prima che le migliaia di combattenti palestinesi e di truppe siriane che si trovavano nella zone potessero essere avvisate. Il quartiere generale era costruito sotto la superficie visibile nel mezzo di un contorto sistema di tunnel, di postazioni di comando e di deposito di munizioni, protetto da numerosi bunker dislocati su una vasta zone. Questi bunker, le cui sentinelle stavano sempre all'erta, dovevano essere i primi ad essere eliminati. I servizi segreti israeliani sapevano tutto sul quartier generale: lo schema planimetrico, gli orari di guardia ed gli orari di cambio della guardia. L'obiettivo era quello di colpire i terroristi ed il loro comandante mentre dormivano.

La missione ebbe inizio a tarda notte. Tuttavia già dall'inizio le cose non andarono esattamente come pianificato. Mentre le unità di commando si apprestavano allo sbarco notturno sulla spiaggia a sud dell'Aeroporto Internazionale di Beirut, il radar rilevò la presenza di una nave nemica che perlustrava la stessa zone. La missione subì un ritardo che più tardi si dimostrò fatale.

Le unità di commando lasciarono la nave madre a bordo di gommoni e sbarcarono muniti di occhiali per la visibilità notturna, di radio e di altro genere di equipaggiamento. Appesantite da tutto il materiale che trasportavano, si arrampicarono per otto chilometri dalla spiaggia lungo un terreno accidentato e non contrassegnato attraverso un canyon, lungo una boscosa e pietrosa regione montana per giungere, finalmente, al quartier generale del Comando Generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.

Il reparto di attacco si divise in diverse unità, ognuna delle quali destinate a colpire un diverso bunker. I Servizi Segreti Israeliani erano a conoscenza dell'orario del cambio della guardia, e tutto era stato organizzato di conseguenza, ma a cause dello sbarco avvenuto in ritardo, il commando giunsero sul posto a cambio ormai avvenuto. Allorché un'unità si dirigeva verve il suo obiettivo, una guardia nemica procedeva verve di loro. L'unità si arrestò e si buttò per terra. La guardia continuò ad avvicinarsi e quando fu sul punto di inciampare sul comandante del battaglione, fu uccisa dal tenente che usò una pistola munita di silenziatore. Una seconda guardia avendo udito i due rumori, sebbene soffocati, aprì il fuoco uccidendo il tenente colonnello. Il medico del battaglione, l'operatore radio e anche un altro soldato furono colpiti.

L'attacco era stato organizzato in modo tale da distruggere simultaneamente tutti i bunker. Il quotidiano di Beirut "Assafir" riferì che cani addestrati trasportanti materiale esplosivo sarebbero stati introdotti nei bunker. Una volta all'interno, un dispositivo comandato dall'esterno avrebbe fatto esplodere la bomba grazie a segnali radio, senza lasciare traccia alcuna della presenza dei cani. Ai terroristi sarebbe quindi rimasto il compito di scoprire come avessero potuto gli esplosivi raggiungere l'obiettivo. Ma qualcosa andò storto. In base a quanto riportato, quattro dei cani furono uccisi. Il comandante della missione era morto e l'elemento sorpresa era venuto a mancare. Gli israeliani dovevano agire in fretta.

Ogni unità attaccò separatamente il bunker convenuto. Prima sparando all'interno da distanza ravvicinata, poi dopo avere velocemente eliminato le sentinelle del bunker, gli israeliani si introdussero all'interno dei tunnel che conducevano al quartier generale. All'interno gli arabi, svegliati dalle esplosioni e dagli spari, saltarono fuori dai loro letti per combattere contro le unità di attacco. Iniziò quindi una feroce battaglia nel sotterraneo. In pochi minuti, ventitré nemici, molti dei quali ancora in mutande, furono uccisi insieme al loro capo operativo, il cui grado era paragonabile a quello di generale. Non fu ferito ne ucciso nessun altro soldato israeliano. I funzionari del servizio segreto trasportarono il materiale necessario mentre i soldati piazzavano cariche esplosive per distruggere l'intero complesso.

Era stata prevista la presenza di un'unità di difesa per evitare un potenziale contrattacco. Gli elicotteri da trasporto israeliani Sikorsky atterrarono per evacuare il reparto di attacco. Tuttavia quattro soldati furono dati per dispersi. II comandante di brigata, un colonnello, rifiutò di abbandonare i suoi uomini. Ritirarsi, abbandonando uomini dispersi, era una violazione della legge militare. Ordinò immediatamente di interrompere l'evacuazione. Per mezzo di megafoni comandò ai quattro soldati di presentarsi immediatamente al posto convenuto per il ritiro.

Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Israeliano, che stava seguendo l'attacco da una base di operazioni mobile situata in quella zona, chiese per quale ragione si stesse ritardando la già pericolosa e difficile evacuazione. Preoccupato dal fatto che le diecimila truppe siriane che si trovavano a distanza di sole tre miglia, avrebbero impegnato i reparti israeliani provocando un feroce conflitto, il Capo di Stato Maggiore ordinò l'immediato ritiro dei reparti speciali, malgrado le proteste del Colonnello.

Separati dal gruppo principale di attacco, i quattro soldati dispersi non avevano potuto sentire i primi ordini di ritiro poiché, a loro insaputa, l'antenna radio era stata danneggiata. Avevano udito il megafono, ma non avevano fatto in tempo a presentarsi prima che l'elicottero decollasse. Sprovvisti di radio, cercarono un riparo per nascondersi. Lasciata cautamente la zona dove si trovava il quartier generale, i soldati si rifugiarono in una casa abbandonata che trovarono solo dopo molte miglia.

Anche gli arabi avevano udito l'ordine lanciato via megafono e si misero immediatamente alla ricerca degli israeliani scomparsi, i quali furono individuati all'alba. Gli israeliani attaccarono per primi uccidendo gli arabi, ma gli spari attirarono altri combattenti che accerchiarono la casa facendo fuoco con mitragliatrici. Sparando a loro volta gli israeliani riuscirono a colpire alcune delle mitragliatrici. I terroristi fecero allora avvicinare alla casa un gruppo di combattenti. Sebbene molti di loro fossero stati uccisi esternamente, alcuni riuscirono comunque ad entrare in casa. Durante il combattimento corpo a corpo che ne seguì, i quattro israeliani uccisero i loro attaccanti.

Nel bel mezzo del combattimento, dieci ore dopo che il gruppo si era diviso, uno degli israeliani si ricordò di essere in possesso di una ricetrasmittente, uno strumento personale con il quale si poteva comunicare unicamente con i piloti dell'aeronautica. II segnale di richiesta di soccorso fu subito intercettato dagli elicotteri di attacco Cobra che sorvolavano attentamente la zona. Con l'aiuto di carte geografiche e comunicando i punti di riferimento naturali, i soldati riuscirono a condurre i piloti fino alla loro posizione. Non appena i quattro elicotteri si avvicinarono alla zona, si trovarono nel mirino di razzi antiaerei e di colpi di mitragliatrice provenienti sia dalla casa che dalle centinaia di terroristi che stavano accorrendo sul posto. Gli israeliani diressero gli elicotteri in modo tale da colpire con estrema precisione i terroristi che stavano sparando sulla casa. Gli elicotteri distrussero tutte le postazioni, ma gli arabi che si trovavano nelle zone adiacenti, continuarono a sparare. Gli elicotteri erano molto piccoli e solo i piloti potevano accedervi. Due degli elicotteri provedettero a fornire la copertura agli spari, mentre gli altri due atterravano per salvare i soldati. Volteggiando sopra il terreno, nei due pattini d'approdo degli elicotteri fu fatto posto per i quattro soldati che vi si gettarrono a faccia in giù. Tenendo duro, sempre sotto tiro, i quattro soldati furono portati in salvo in dieci secondi, e gli elicotteri decollarono in direzione ovest verso il mare.

A causa del ritardo fatale prodottosi all'inizio, la missione era cominciata con tutti i segni caratteristici di una catastrofe, tuttavia si era terminata con un successo miracoloso. Ventitrè terroristi erano morti, compreso il capo operativo, e molti altri ancora erano stati uccisi durante l'attacco ai quattro soldati nella casa abbandonata - tutto questo nonostante fosse venuto a mancare l'elemento sorpresa durante l'attacco al bunker fortificato. Solamente il medico che era stato ferito aveva avuto bisogno di essere ricoverato in ospedale. Gli altri due soldati erano stati feriti solo in maniera superficiale. La tragica eccezione era il giovane comandante di battaglione, l'unica vittima israeliana. I quattro soldati dispersi avevano tenacemente lottato per ore contro centinaia di attaccanti. I piloti degli elicotteri avevano sfidato coraggiosamente gli spari che provenivano da terra mentre si avvicinavano e nel momento del decollo.

Eppure i soldati erano riusciti ad uscire incolumi dal difficile soccorso effettuato per elicottero. Tutto questo assumeva un aspetto alquanto miracoloso. Tuttavia il miracolo più grande fu scoperto solo più tardi.

Il medico ferito era stato soccorso con un elicottero medico che lo aveva portato in un ospedale governativo situato nel nord di Israele. Qui venne operato per rimuovere un proiettile che si era conficcato nella coscia. Il ferito si ristabilì completamente nel giro di poche settimane e venne ben presto rilasciato per ritornare ai suoi compiti di Comandante di Brigata. Al momento di abbandonare il campo di battaglia, il medico indossava il giubbotto antiproiettili ed altro tipo di equipaggiamento personale che rimase accanto al suo letto per alcuni giorni fino a quando alcuni amici in visita non decisero di riportare il tutto nella camerata dell'ufficiale situata nel Comando di Brigata.

Alcune settimane dopo, il medico venne rilasciato. Ritornato al campo, mentre controllava l'equipaggiamento, notò che nel suo giubbetto antiproiettile era rimasta una bomba a mano tagliata in due da un proiettile. C'era un proiettile incastrato in mezzo alle due metà della bomba e peggio ancora c'era una bomba inesplosa che avrebbe potuto esplodere da un momento all'altro!

La zona venne evacuata. Dai quartier generali regionali vennero fatti venire alcuni artificieri, i quali, con tutte le dovute precauzioni, portarono il giubbotto antiproiettile fuori dal campo e lo fecero esplodere.

Gli artificieri rimasero molto sorpresi dal fatto che la bomba non fosse esplosa prima. Spezzata a metà dal proiettile, essa era "viva". Si trovava nello stato attivo, come se la sua spoletta fosse stata tolta. In questo stato di attività, la granata era stata trasportata e malamente maneggiata sulla lettiga e sull'elicottero; era stata portata all'interno ed all'esterno dell'ospedale, trasportata su strade accidentate, sballottata e, come se non bastasse, era stata lasciata per diverse settimane nella camerata. Non solo non era esplosa subito dopo l'impatto con il proiettile, ma neanche durante il mese successivo, sebbene sia rimasta sempre allo stato attivo. Gli artificieri affermarono che tale avvenimento non aveva precedenti e soprattutto che era impossibile dal punto di vista fisico poiché ogni materiale esplosivo una volta attivato deve esplodere.

Ma il miracolo non si era compiuto solo per la mancata esplosione della granata che aveva evitato la tragedia a tutti coloro che l'avevano maneggiata. La granata si trovava nel giubbotto antiproiettile del medico, all'altezza del petto. Se non ci fosse stata la granata a fermare il proiettile questo sarebbe entrato nel cuore del medico uccidendolo. Erano quindi avvenuti due miracoli: la granata, nonostante l'impatto con il proiettile, non era esplosa provocando la morte del medico, ma lo aveva addirittura protetto.

Tempo dopo venne riferito che pochi minuti prima dell'inizio della missione tutti i soldati partecipanti, compreso il medico, avevano fatto un brindisi di Lechaim con del vodka mandato dal Rebbe di Lubavitch. Visto che l'episodio si produceva in un periodo già ricco di miracoli come può essere quello di Chanukkà, forse solo così si riescono a spiegare i miracoli avvenuti durante la missione di Chanukkà 1988.

Di Rabbi David Rothschild Tradotto da Sabrina Fadlun tratto dal Lubavitch News 49