Cara Chaya,
Nelle comunità ebraiche di oggi esiste un numero sempre maggore di persone non sposate e senza figli, sia per scelta sia per altre circostanze. Nel ricercare la loro identità ebraica esse si domandano spesso se vi sia per loro un posto o meno all'interno della comunità. Dopo tutto, si ripete spesso che la famiglia è il centro della vita ebraica, la sorgente della sua forza e il fulcro della sua identità, specialmente per le donne. Le donne ebree vengono lodate in quanto "fondamento della casa"; si sottolinea sovente il loro raolo decisivo nell'educazione dei bambini. Per una donna non sposarsi deve quindi essere considerato un fallimento? Esiste forse all'interno dell'ebraismo un ruolo per la donna che non sia quello di madre? C'è qualche altra cosa da fare oltre a cucinare o allevare bambini? Una donna ebrea pnò avere una propria identità spirituale, specie nel mondo ortodosso?
Lettera firmata
Tutto ciò che si è detto circa l'importanza della vita familiare ebraica è certamente vero. Tuttavia, a un livello più profondo, l'ebreo non viene definito da ruolo, carriera, sposa, figli, introito economico, né classe sociale.
Infatti, l'essenza dell'ebreo, sia uomo che donna, ha la sua radice nell'essenza del Sign-re.
Rabbi Shneur Zalman di Liadi scrive nel Tania (cap. 2) che l'anima è «veramente una parte di Dio», e il Rebbe di Lubavitch, Rabbi Menachem Mendel Schneerson sottolinea sovente che il verso: «Mosè ci ha comandato la Torà come eredità per la casa di Giacobbe» (Deut. 33:4) significa che la Torà intera è patrimonio ed eredità di ogni ebreo, anche di chi ha scelto di non farne uso, o ne ha perso le chiavi d'accesso.
I valori della Torà sono permeati dall'importanza cruciale della relazione tra ogni ebreo e la sua eredità. Esiste un famoso midrash (Shemòt Rabba 28) che afferma che quando la Torà fu data sul Sinai, erano presenti tutte le anime che sarebbero venute alla vita nel futuro, e tutte quelle che avevano vissuto nel passato, insieme a quelle che vivevano in quel momento. Se una sola di loro fosse stata assente, la Torà non avrebbe potuto essere data. La Torà dichiara che ogni persona è un mondo in miniatura, un'unità completa in se stessa.
Come dice il Talmùd: «L'uomo fu creato individuo singolo per insegnare che chiunque distrugge una vita, distrugge un mondo intero; e chiunque salva una vita, salva un mondo intero» (Sanhedrìn 4,5).
Maimonide sottolinea questa idea quando scrive: «Ogni persona dovrebbe sempre considerare il mondo metà colpevole e metà innocente. Se commette un solo peccato in più egli fa pendere il piatto della bilancia a sfavore del mondo intero, e ne causa la distruzione. Se esegue un solo comandamento egli rialza il piatto del merito, a suo favore e a favore del mondo intero, e porta la redenzione a sè e alle altre creature...» (Leggi di Teshuvà 3:4). Ciò si applica sia agli sposati, sia ai singoli, agli uomini e alle donne. I1 Rebbe aggiunge che non soltanto una buona azione, ma anche una buona parola o un buon pensiero possono far pendere la bilancia dalla parte del merito, portando effetti positivi su tutta la creazione.
Inoltre, ogni ebreo non ha solo un effetto immenso sullo stato del mondo, ma anche sul Sign-re. Il Talmùd dice: «Quando gli ebrei vennero esiliati, la Shechinà (presenza divina) andò in esilio con loro» (Meghillá 29a). Metaforicamente parlando, è come se il Sign-re soffrisse insieme agli ebrei. Nel Tania (cap. 17, fine cap. 24) I'Alter Rebbe spiega che ogni trasgressione compiuta da un ebreo cause l'aggravarsi dell'esilio della Shechinà.
Viceversa, tramite ogni buona azione compiuta, l'ebreo aiuta la riunificazione di se stesso e del mondo con il Sign-re e porta alla completezza del mondo intero.
È dunque chiaro che ogni ebreo - qualunque sia il suo stato sociale o familiare - ha un effetto importantissimo su ogni altro ebreo, sul mondo e sul Sign-re stesso.
Quando si discute il ruolo della donna ebrea, si sollevano frequentemente domande sui suoi obblighi verve le mitzvòt.
A questo proposito la differenza più significativa tra uomo e donna nell'ebraismo sta nel fatto che la donna non ha l'obbligo di seguire i precetti legati a un orario preciso, come ad esempio il mettere i tefillìn (filatteri) ogni giorno entro l'ora
stabilita. Tali esenzioni sono state spesso interpretate come un'affermazione dell'inferiorità della donna. Ma questa è un'interpretazione che si ferma alla superficie del problema. Infatti alla donna non vengono richieste soltanto le poche mitzvòt legate al tempo. Perché? Perché lei è già nel tempo della terra, della nature, del Sign-re. Con il suo ciclo, le gravidanze, i figli, il suo istinto materno, non ha bisogno di essere legate al Sign-re ulteriormente. L'uomo invece, ha bisogno di regole che ne organizzino il tempo e non lo lascino in balia dei suoi istinti. Questo però non significa che la donna nubile (che non ha impegni familiari) non posse osservare anche i precetti legati al tempo. Infatti spesso succede che la donna non sposata si assume l'impegno di pregare in momenti precisi, allo stesso modo dell'uomo, fino al momento del matrimonio.
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