Rabbi Israel Baal Shem Tov nacque il 18 Elul 5458 (1698) ad Akop in Podolia. All’età di 5 anni perse i suoi genitori. Suo padre, che apparteneva alla confraternità dei trentasei Tzaddikim Nistarim (Giusti nascosti presenti in ogni generazione) prima di spegnersi, lo esortò: “Isrolik, non temere nulla eccetto D-o”. Il piccolo fu dichiarato pupillo della comunità ebraica, la quale si prese cura del suo sostentamento materiale e spirituale. Ma Israel manifestava una marcata predisposizione alla solitudine. Egli si allontanava spesso e trascorreva ore nei campi da solo a ripassare le lezioni. I dirigenti della comunità non capirono né il suo talento e tantomeno il suo atteggiamento, credendo che fosse un allievo svogliato e indolente. Decisero quindi di non occuparsene più. All’età di sette anni avvenne l’incontro decisivo della sua vita. Qui di seguito, il decorso del suo sviluppo spirituale narrato da lui stesso:
“Una mattina, dopo aver partecipato all’ufficio pubblico in sinagoga, mi recai in una foresta. Quando giunsi lì, udii la voce di un uomo. Mi avvicinai al luogo da dove proveniva e vidi un ebreo avvolto nel suo Tallit e coi suoi Tefillin intento a pregare con un fervore cui mai mi fu dato di assistere prima di allora. Ero incantato e pensai subito che si trattasse di uno dei trentasei Tzaddikim Nistarim, (giusti nascosti)di cui avevo già sentito parlare. Dopo la Tefillà si dedicò alla lettura dei Salmi dallaquale traeva palesemente un immenso piaceree un soave appagamento spirituale. Indi, simise a studiare a lungo. Quando chiuse il libro,uscii dal mio nascondiglio e mi presentai.
Mi domandò: “Come’è possibile che un bambino della tua età sia tutto solo in una foresta?” Gli spiegai che provavo molto gusto a vagare per i campi e i boschi da eremita e che oltre al Sign-re non avevo paura di niente e di nessuno proprio come mi aveva esortato a fare mio padre. Gli dissi che ero orfano di entrambi i genitori. L’enigmatico personaggio mi chiese allora se non fossi il figlio di Rabbi Eliezer. Gli risposi affermativamente. Al che, estrasse dalla sua borsa il trattato di Pessachìm del Talmud e studiò con me. Quando si alzò per andarsene, io lo seguii ignaro della meta. Nel corso delle nostre peregrinazioni,visitammo insieme molte città e villaggi, eppureegli mai mi svelò la sua identità. Studiavamotutti i giorni. Non lo vidi mai prendere un obolo da nessuno ma provvedeva al mio mantenimento senza difficoltà. Vivemmo così per tre anni. Un giorno, come arrivammo in un paesino, il mio enigmatico compagno di buona ventura mi disse: “Poco distante da qui vive un ebreo molto pio ed estremamente dotto. Ti affiderò alle sue cure per un certo periodo”.
Ci recammo da Rabbi Meir e il mio primo maestro mi lasciò. Rimasi in quella dimora, sita in mezzo a un bosco, per quattro anni, durante i quali il mio nuovo maestro mi prodigò con affetto la sua scienza profonda e vivificante. Ogni giorno egli si aggregava alla comunità per le preghiere, ma nessuno immaginava quanto ampia fosse la sua erudizione. Ai loro occhi, egli era un semplice artigiano. In casa sua appresi l’esistenza del movimento dei Tzaddikim Nistarim (fondato un secolo prima da Rabbi Elihau Baal Shem di Worms) nonché della loro guida, Rabbi Adam Baal Shem. Mi unii a loro e ripresi a errare perle città al fine di portare a compimento le missioni indicatemi dagli esponenti della confraternita. All’età di 16 anni possedevo una certa padronanza della Kabalà e a volte pregavo secondo il rito dell’Arizal, concentrandomi in particolare sui sensi profondi dei Nomi Divini. Proprio il giorno del mio compleanno, giunsi in un villaggio il cui locandiere era un umile ebreo, non molto colto ma impregnato di un’incrollabile fede. Egli, infatti,non perdeva occasione per ripetere a voce alta: “Che Egli sia benedetto per l’Eternità”.
Mi recai in un campo per appartarmi, seguendo un antico rito ancestrale che vuole che il giorno del compleanno ci si separi dalla comunità per dedicarsi alla meditazione. Sebbene completamente assorto dai Salmi e dal mistero dei Nomi Divini, mi resi conto a un certo punto dell’esimia presenza di Elihau Hannavi’ (il profeta Elia) che mi sorrideva. Fui molto sorpreso e onorato della sua visita oltre che molto incuriosito da quel sorriso ineffabile. Mi interpellò: “Vedo che ricorri a grandi sforzi per esplorare le sfere dei Nomi Divini scritti nei Salmi del re Davide. Tuttavia, sappi che il locandiere Aharon Shlomo e sua moglie Zlata Rivka sono in grado di far tremare i mondi spirituali per mezzo delle loro modeste lodi, molto di più di quanto possano fare Giusti di alto livello”. Mi spiegò l’importanza delle implorazioni rivolte dalla gente comune, le quali,se vengono espresse in modo costante, restano legate saldamente ad Hashem inquanto caratterizzate dalla fede profonda ed alla purezza cristallina dei cuori di coloro che le formulano.
Quel giorno scoprii un nuovo modo di servire il Signore e, ogni qualvoltami si presentava l’opportunità, chiedevo a bambini, casalinghe e artigiani di pronunciare benedizioni al Sign-re. Al fine di indurli a proferire parole di encomio ad Hashem, mi rivolgevo sovente a loro, preoccupandomi della loro salute, della famiglia, del lavoro, ed essi ricambiavano sempre, ognuno a modo proprio, pronunciando benedizioni al Creatore. Per lunghi anni, questa fu la mia linea di condotta che venne peraltro adottata anche dai Giusti Nascosti.
Questo racconto fu riportato dal sesto Rabbi di Lubavitch, Rabbi Yossef Yitzchak Shneherson (1880-1950). Egli riferì, inoltre, che il Baal Shem Tov diede origine a idee innovatrici per quei tempi. Nel 1716, allo scopo di agevolare l’accesso agli studi ai bambini appartenenti ai ceti più umili, creò una rete di insegnanti remunerati dalla confraternita dei Tzaddikim Nistarim. Lui stesso si assunse le responsabilità di assistente dei maestri. Più tardi egli confidò ai suoi discepoli che quello fu il periodo più felice della sua vita: “Sentivo che la purezza d’animo dei bambini suscitava grande soddisfazione nei Cieli al punto di provocare la gelosia degli angeli”. Le iniziative del Baal Shem Tov nel settore dell’educazione segnarono una svolta decisiva nella mentalità allora diffusa tra il popolo ebraico. L’amore per il prossimo, qualsiasi fosse la sua condizione sociale e intellettuale, costituiva la base della dottrina chassidica.
Intorno all’anno 1720, il Baal ShemTov e i Giusti decisero di prendere in mano la sorte dei poveri e di elevare il loro livello materiale e spirituale. Incoraggiarono molti ebrei urbanizzati a ritornare nei villaggi. La maggior parte di essi, nei grandi agglomerati, vivevano di stenti, di elemosine, nella miseria, nell’ignoranza, nel disprezzo delle caste istruite nonché nella paura delle minacce di molti rabbini che nei loro sermoni prevedevan le peggiori punizioni celesti per coloro che non dedicassero tutto il proprio tempo allo studio della Torà e alla cavillosa applicazione di tutti i suoi precetti. La congregazione dei Tzaddikim Nistarim riformò le comunità rurali,procurando a molti ebrei le terre da coltivare e spronandoli a intraprendere mestieri nel campo dell’artigianato. A ogni Tzaddik fu affidato un luogo determinato ove era incaricato del buon funzionamento dell’iniziativa.
Dopo aver rivelato al pubblico la sua identità, il Baal Shem Tov continuò comunque ad adempiere alle stesse mansioni, aggiungendo al suo operato la diffusione del pensiero chassidico. Il Baal Hatanya, Rabbi Shneor Zalman di Lyadi (1745-1813), fondatore del movimento Chabad-Lubavitch, spiegò a suo figlio, il Tzémach Tsédek (terzo Rabbi di Lubavitch), che l’azione del Baal Shem Tov era volta, in una prima fase, a guarire fisicamente il popolo ebraico e in seguito a sanarne l’anima. Infatti, egli dapprima si adoprò a guarire la condizione materiale e sociale degli ebrei semplici, che costituiscono il corpo del popolo, e la seconda tappa da lui raggiunta fu il ambiamento radicale dell’atteggiamento degli studiosi, che invece ne costituiscono l’anima.
Tratto da chabad.orgtraduzione di Miriam Bentolilla
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