Domanda: Avrahàm protestò vivamente con D-o in favore dei Sodomiti, cercando in tutti i modi di salvarli, eppure si sottomise silenziosamente al comando di sacrificare il suo stesso figlio, come mai?
Risposta: Questa è una bellissima domanda, mia figlia me la chiese qualche anno fa, e mi diede anche la risposta.
Esaminiamo per un attimo il linguaggio che D-o usa durante le sue conversazioni con Avrahàm in entrambi i casi. Per quanto riguarda Sedòm (Sodoma), il Sign-re informa Avrahàm che “il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e il loro peccato è molto grave. Scenderò ora e vedrò, se hanno fatto come il grido che mi è giunto; distruzione” (Genesi 18,20-21).
Anche più tardi, in seguito al peccato del vitello d'oro, D-o dice a Moshé, “Ora lasciaMi solo, e la Mia ira si accenderà contro di loro affinché Io li annienti” (Esodo 32,10)
Spiega il commentatore Rashì: forse Moshé stava tenendo D-o tanto che Egli dovette dire “LasciaMi solo”? Moshé comprese che il suo compito era quello di discutere con D-o, e lo fece.
Allo stesso modo, quando il Sign-re informò Avrahàm delle Sue intenzioni riguardo a Sedòm, egli comprese che cosa il Sign-re desiderasse da lui — discutere. Altrimenti il Sign-re non avrebbe avuto alcun motivo per informarlo della Sua decisione. Perciò discusse. Per quanto riguarda Yitzchàk, invece, il Sign-re quasi implorò Avrahàm, dicendogli “per favore prendi tuo figlio...”(Genesi 22,2). Egli comprese quindi che in questo caso non c’era niente da discutere. Inoltre, nel caso degli abitanti di Sedom Avrahàm voleva risparmiare loro la punizione mentre nell'episodio della legatura di Yitzchàk non vi era nessuna punizione. Al contrario, avrebbe potuto essere un privilegio per Yitzchàk essere scelto e santificato come sacrificio al Sign-re.
Lo stesso concetto si applica ad ogni ebreo. Abbiamo un rapporto profondo con D-o. Non siamo solamente dei robot. A volte, specie nei momenti di preghiera, discutiamo con Lui riguardo a come Egli manda avanti il Suo mondo. E ci sono delle volte in cui dobbiamo semplicemente accettare il destino che Egli ci ha riservato. Come possiamo sapere qual è la strada giusta in una determinata situazione? Possiamo saperlo se siamo in sintonia con la nostra anima, la nostra neshamà, e la neshamà è, a sua volta, in sintonia con D-o. Come possiamo arrivare ad essere in sintonia con la nostra neshamà? Ascoltando quelle voci che riverberano dentro di noi, che ci incitano a fare del bene, cibando l'anima del suo nutrimento: la Torà e le mitzvòt.
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