I saggi del Talmud descrivono così il miracolo di Chanukkà. Durante l’occupazione di Israele da parte dei greci, questi entrarono nell’hekhal, la parte più sacra e più recondita del Beit Hamikdash, il Tempio, e contaminarono tutti gli oli. Quando gli asmonei li sconfissero, venne trovato un recipiente d'olio che non era stato toccato dai greci. L'olio che conteneva era sufficiente appena per un giorno. Venne riaccesa la menorà, il candelabro a sette braccia, e l'olio durò miracolosamente otto giorni, finché la nuova provvista d'olio fu pronta. Era il 165 aev.
Dal testo del Talmùd risulta evidente che la contaminazione dell'olio non fu accidentale, ma voluta e
sistematica. Si pone perciò la seguente domanda: se lo scopo che i greci volevano raggiungere era di estinguere la luce della menorà e impedire la sua riaccensione, perché si accontentarono di contaminare l'olio? Non avrebbero forse ottenuto un risultato più efficace, usandolo o distruggendolo completamente?
Inoltre, dobbiamo supporre che i greci avessero contaminato tutto l'olio che gli ebrei avevano a disposizione a Gerusalemme e nei pressi della città, poiché, se ci fosse stato dell'olio ritualmente puro a portata di mano, un miracolo non sarebbe stato necessario. Quindi, per descrivere meglio la situazione, sarebbe bastato dire: "contaminarono tutti
gli oli", senza aggiungere il dettaglio "nell'hekhàl". Ovviamente questo particolare appare ancor più superfluo se consideriamo il fatto che l'olio non veniva conservato nell'hekhàl ma nella vicina azarà, cortile, accessibile a tutti.
Mettendo in rilievo il fatto che i greci contaminarono tutti gli oli nell'hekhàl, i maestri mostrano come i greci non si prefiggessero d'impedire la riaccensione della menorà, ma volevano che essa fosse alimentata con olio contaminato: a questo scopo lasciarono nel Santuario una provvista d'olio contaminato pronta per essere usata.
Questo è il significato più recondito di Chanukkà, la Festa delle Luci. Chanukkà ricorda due mondi in aperto contrasto: un sistema di vita particolare basato sul puro monoteismo, in eui prevale il concetto di sacralità della vita quotidiana in ogni più minimo particolare, da una parte; e la cultura ellenistica, col suo concetto politeistico e materialista dall'altra. I greci tentarono d'imporre con la forza delle armi la loro cultura ai popoli e ai paesi conquistati. Tuttavia, il loro scopo non era quello di cancellare le civiltà indigene, ma di ellenizzarle e assimilarle.
Questa fu pure la politica di Antioco quando Israele cadde sotto il suo dominio. Per tale motivo si dice nella speciale preghiera di Chanukkà ve 'al ha-Nissim: "... l'impero greco (era deciso) a far sì che (gli ebrei) dimenticassero la Tua Torà, e trasgredissero ai precetti della Tua Volontà".
Nella concezione dei greci, la Torà poteva essere una creazione letteraria armoniosa e perfetta, un'opera poetica, ricca di saggezza e filosofia profonda; come tale erano disposti ad accettarla, purché fosse considerata una creazione umana, alla stregua della loro mitologia, nella quale gli dei venivano rappresentati in sembianze umane, con caratteri e passioni umane. Come quella, la Torà avrebbe potuto - anzi avrebbe dovuto - essere modificata e riadattata, per uniformarsi alle esigenze della classe dirigente, alle nuove idee e ai nuovi costumi del tempo. Infatti, non era la Torà che volevano sopprimere, ma il concetto che contenesse la rivelazione della parola divina.
Parimenti, essi non avversavano i valori morali ed etici che la Torà racchiude, ma si opponevano alI'osservanza dei precetti divini, i cosiddetti precetti "soprarrazionali" che più di ogni altra cosa distinguono il modo di vivere degli ebrei.
Inoltre essi erano favorevoli alla riaccensione della menorà, ed anzi cercarono di fare in modo che fosse riaccesa precisamente nel ricettacolo dell'hekhàl, perché irradiasse la sua luce ovunque, come prima ma... Ia sua luce doveva provenire da un olio che avesse il "tocco" greco, il tocco di un pagano.
La menorà, accesa con olio puro e consacrato, era il simbolo palese del perpetuarsi del modo di vita ebraico, e la sua luce trasmetteva questo messaggio dal Bet Hamikdash a ogni ebreo, ovunque si trovasse.
I greci erano decisi a cambiare tutto questo. Vietarono, pena la morte, l'osservanza del Sabato, delle festività e del Rosh Chodesh (il primo giorno di ogni mese), le leggi del kashrùt, il patto della milà (circoncisione), le leggi della Purità della Famiglia e l'uso del nome del Signore. Furono inoltre confiscate e bruciate tutte le copie della Torà e altri Libri delle Sacre Scritture. II 15 kislev 168 fu eretto un idolo sull'altare del Santuario e dal 25 kislev vi sacrificarono maiali agli dei.
Il 25 kislev 165 (3597), tre anni dopo il primo sacrificio pagano sull'Altare del Bet Hamikdash gli asmonei re-inaugurarono il Santuario e ripresero il Servizio Divino. Ma la gioia fu di breve durata: tra le rovine trovarono infatti solo un'ampolla di olio per la menorà sigillata dal Cohèn Gadol, Sommo Sacerdote, e non profanata dai greci, ma quest'olio bastava per accendere i lumi appena un giorno. Ci volevano altri sette giorni per preparare olio d'oliva nuovo, puro, adatto all'accensione. Ed ecco che avvenne il famoso miracolo: l'olio che doveva durare solo un giorno continuò a bruciare nella menorà per altri sette giorni.
Tratto da un discorso del Rebbe di Lubavitch
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