Per noi moderni “illuminati” l’antico mondo pagano può sembrare un mondo oscuro privo di autentica intellettualità.
In realtà, i sacerdoti idolatri non erano degli sciocchi ma degli intellettuali che passavano la vita ad approfondire la loro conoscenza sulle sfere elevate dell’esistenza.
Uno dei sacerdoti di maggior spicco dell’epoca era Yitrò, suocero di Moshé. Di lui fu detto che non aveva trascurato alcun culto idolatro; li prestò tutti, dando prova di una mentalità sorpredentemente aperta.
L’abbandono dell’idolatria da parte sua, accompagnato dal viaggio nel deserto per prestare culto a D-o assieme al popolo ebraico, fu una scelta ben pensata, frutto di una decisione presa con la massima serietà.
La Kabalà insegna che esiste un elemento sottile di “idolatria” in ogni mitzvà compiuta con un motivo ulteriore alla mitzvà stessa.
L’idolatra vero e proprio serve un’entità oltre che quella di D-o e la mitzvà eseguita senza la giusta intenzione è un atto che ha come motivazione qualcosa che va oltre la volontà di D-o.
È chiaro che il paragone è molto sottile: anche una mitzvà fatta per le ragioni sbagliate o come frutto dell’abitudine è sempre una mitzvà; un’opera positiva.
Il fatto rimane, però, che il motivo ulteriore dà alla mitzvà un pizzico di “sapore” che potremmo definire esterno al senso vero della mitzvà.
Ciò non significa che si dovrebbe evitare di fare mitzvòt nel caso in cui l’intenzione non sia completamente pura. Siamo sempre tenuti ad osservare le mitzvòt – anche senza l’intenzione perfetta – poiché è comunque un primo passo verso l’esecuzione nella maniera ideale (Talmùd, Pesachìm 50b).
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Per riconoscere e servire D-o, Yitrò impiegò lo stesso intelletto che in precedenza aveva adoperato per studiare e servire altri dei. Questo atto di teshuvà trasformò anche il suo passato in positivo perché ora quello stesso intelletto con tutto ciò che era il suo passato, serviva il Sign-re.
Analogamente, quando si esegue una mitzvà con l’intenzione pura anche le mitzvòt precedenti vengono liberate di quel “sapore di idolatria” per pregnarsi completamente di santità.
Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch
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