Nella struttura della vita ebraica, nessun aspetto sembra così profondamente frainteso come il ruolo e lo status femminile. Ciò è possibile probabilmente, perché i punti di massima divergenza tra l’Ebraismo e la società occidentale contemporanea si trovano praticamente qui nei principi di valutazione dai quali viene determinata la posizione di una persona. Vi sono dei presupposti così profondamente radicati, da sfuggire all'attenzione anche di quelli tra noi più attenti ai filtri etnocentrici. La sfera principale della donna è privata, secondo la Torà. Inoltre il femminile è connesso al concetto di malchùt/sovranità che è l'ultima fase nella progressiva manifestazione di divinità ed è espressa nel nostro mondo fisico. Sia privacy che valore corporeo sono concetti estranei alla mentalità occidentale. Proprio questi concetti devono essere chiariti prima che si possa raggiungere una vera comprensione dello status della donna ebrea.
Secondo la Torà, la sfera pubblica è quello del compromesso. Per quanto sia integra una persona l'essere in vista dà origine a qualche compromesso; assuma delle maschere, dei ruoli, e plasma se stessa per soddisfare delle esigenze per quanto minime. È questo il motivo per cui i grandi leader del popolo ebraico desiderarono invariabilmente di evitare la nomina di guida.
Moshé il nostro maestro, argomentò con D-o nel deserto per giorni, prima di ritornare in Egitto e condurre il suo amato popolo fuori dalla schiavitù. Jonah evitò di predicare nella città di Ninveh, e così fece pure Geremia che cercò di sottrarsi alla chiamata.
Il Baal Shem Tov, fondatore del movimento chassidico, visse la sua vita da tzaddik nistàr, uno dei giusti nascosti, fino a quando fu costretto a rivelarsi all'età di 36 anni. Egli raccontò la seguente storia:
Quando vidi la luce, ciò avvenne con un'altra anima uguale alla mia in grandezza. Facemmo un patto, ma io lo ruppi immediatamente. Per questo, essa fu benedetta ottenendo l'anonimato, ma io fui condannato alla gloria.
La storia non nega la consapevolezza che l'anima di Baal Shem Tov fosse destinata al comando e alla grandezza già prima della nascita. Serve piuttosto a ricordare l'insegnamento dei nostri Maestri che «il comando è schiavitù», e a moderare il valore che noi attribuiamo alla posizione pubblica, secondo i precetti della Torà.
La regola di valutazione secondo la Torà è la riservatezza. Infatti nel nostro servizio rituale ciò che è più prezioso è nascosto.
L’arca contiene i rotoli della Torà, ognuno dei quali ha il proprio rivestimento elaborato. Il Santo dei Santi nel Tempio era il posto più nascosto. Solo il Sommo Sacerdote poteva accedervi una volta all'anno nel Giorno dell'Espiazione. La regola della modestia ordinata agli Ebrei rispecchia lo stesso principio. Si potrebbe dire che per gli Ebrei il dominio privato non solo è più importante di quello pubblico, ma che ciò che è nascosto è così perché ad esso è attribuito il massimo valore. Il motivo per cui il grado di segretezza è un barometro, per così dire, di valutazione, è perché ciò che è nascosto è più vicino alla fonte di emanazione e più unificato. Sebbene l'unicità di D-o è indescrivibile, la Sua rivelazione nel mondo materiale è diversificata.
Laddove il nome di Hashem, il Tetragramma che indica quell'aspetto di D-o che trascende la creazione è singolare, il nome Elo-him, che descrive il D-o di natura è plurale.
Hashem, D-o che è anche al di sopra delle categorie di finito e infinito è superiore a Elo-him, che è pluralità. Inoltre, sebbene la fonte di luce interna al sole non è ancora luce, essa è certamente superiore ai raggi che emana. È per questo che il nascondersi suggerisce l'idea di preziosità. Qualcosa che si può vedere è lontano dalla sua fonte, e fa parte della pluralità del mondo. Ciò che è celato è più aderente alla sua fonte, e più intrinsecamente contenuto è unito ad essa.
In antitesi all'avversione per la notorietà, vi sono i tabelloni pubblicitari; le pop stars, le colonne pubblicitarie e le campagne elettorali che sono prove dell'importanza data alla fama nella società occidentale. Questo sistema di valori è un filtro etnocentrico, e presenta a coloro che guardano attraverso quel filtro, un Ebraismo altamente problematico e le donne ebree cittadine di serie B. Per chi è educato a credere che ciò che è più pronunciato e visibile ha più valore, la posizione appartata delle donne in sinagoga indica una condizione d'inferiorità. Il bagno rituale che è fondamentalmente prevalentemente connesso alle donne, la cui costruzione ha la precedenza sulla costruzione della sinagoga, passa inosservato ad occhi puntati su cose immediatamente visibili. A un tale osservatore, il fatto che una donna ebrea non può testimoniare in una corte, suggella la sua degradazione. E a maggior ragione in una comunità dove qualsiasi dominio pubblico è solo quello del compromesso nulla lo è di più di un tribunale. Proprio come un re che non può testimoniare, perché un tribunale farebbe venir meno la sua dignità, nello stesso modo le donne si astengono dal partecipare alle sue insidie.
Il valore della riservatezza si può trovare più chiaramente nella festa di Purim. Il periodo di estremo pericolo e di processi violenti sopportati dagli ebrei dell'impero persiano è nominato da Do come un periodo quando «haster astier panai», «sicuramente nasconderò il mio volto».
Il nome dell'eroina che risvegliò il pentimento degli ebrei ed entrò nella corte di re Assuero auto-sacrificandosi per poter salvare il suo popolo, è Ester, il cui nome significa «nascosta». La meghillà che leggiamo ogni anno porta il nome di Ester e pure il digiuno che precede la festività. Infatti la guida e azione di Mordechai lo zio di Ester, fu un fattore di vitale importanza nella vittoria di Purim, ma né la meghillà né il digiuno portano il suo nome, ed Ester rimane la eroina centrale. I nostri maestri ci insegnano che il nome riflette un aspetto essenziale di ciò che esso significa. La parola Ester, quindi, e la sua importanza in tutta la storia di Purim ci portano a considerare che la festa riguarda la riservatezza e il conseguente emergere del valore.
Purim è paragonato a Shavu’òt dai nostri saggi, festa della consegna della Legge. Se Purim è associato alla malvagità e all'occulto, Shavu’òt è associato alla rivelazione. Perciò il confronto è fatto per evidenziare la grandezza del primo sul secondo. Il Midrash racconta che quando D-o offrì al popolo ebraico la Torà, Egli lo fece con una montagna sospesa sopra le loro teste. L'implicazione è che anche se gli ebrei risposero all'unisono accettando totalmente di seguire e obbedire alle sue leggi, l'alternativa fu ristretta. Non si trattò di una scelta autentica in quanto non si poteva guardare la Verità Assoluta e rifiutarla. Quindi, in un certo senso, gli ebrei non poterono assumersi completamente il giogo della Torà sul Monte Sinai. Questa accettazione avvenne durante l'esilio persiano quando il volto di D-o era più nascosto e ciò nonostante gli ebrei avevano affermato la loro sottomissione e il loro amore verso D-o.
Data l'importanza che la Torà riserba alla riservatezza, non sorprende che il più significativo atto di sottomissione del nostro popolo, avvenne attraverso una regina nascosta, nell'oscurità dell'esilio, verso un D-o a sua volta nascosto. Prendere la visibilità come principio da imporre nella vita ebraica, rende tutto ciò che è più aiutato dalla Torà, insignificante e privo di valore. Il metro di misura non è sempre lo stesso.
Il secondo ostacolo a una vera interpretazione del valore nell’Ebraismo è la interpretazione occidentale della relazione tra materia e spirito. Questo esiste ancor più, circa il valore delle donne. Infine, secondo la religione cristiana la materia è negativa e deve essere rinnegata per raggiungere la sanità. Il punto di vista della Torà sul mondo, è che le vette più alte e l'attaccamento alla Divinità si possono raggiungere soltanto attraverso un coinvolgimento del fisico. I Comandamenti sono degli obblighi da adempiere tramite l'impiego del mondo materiale: accendendo le candele del sabato, mettendo una moneta nel bossolo per l'elemosina o portando i filatteri (tefillin), sentiti come generatori di una indispensabile unione con D-o, che un'intera vita di contempletazione non può realizzare. Le donne hanno un nesso essenziale con il potere di elevare il potenziale del mondo fisico.
Rabbi Schneur Zalman, autore del Tanya, arriva fino al punto di dichiarare che mentre i comandamenti sono il rivestimento dell'anima, di fatto, essi sono perfino più elevati dell'anima stessa. Questo rivestimento prende la forma di pensiero, parola, azione. Mentre la maggior parte delle nostre funzioni quotidiane implicano l'azione, vi sono leggi attinenti alla purezza della lingua e persino in maniera più astratta al sentimento e al pensiero, nel principio di amare, temere e conoscere D-o. Quindi il fulcro di questo mondo ci ordina che persino questi Comandamenti si manifestino materialmente.
Un esempio della pre-eminenza del fisico si deve trovare nella costruzione del Mishkan, il santuario provvisorio che gli ebrei costruirono nel deserto. Il popolo di Israele era stato testimone della consegna della Torà, la massima e più illuminata rivelazione Divina. Quindi la conseguenza immediata fu non quella di meditare sulla loro esperienza, ma quella di costruire il Mishkàn, una struttura fisica. Inoltre, è quella la struttura che diventa la casa della Shechina, la presenza Divina. Cosi D-o dice a Moscé «Costruiscimi un santuario e io abiterò in esso».
Uno può ben domandare perché avviene questo. Perché il fisico è più importante? Perché infine saremo testimoni della resurrezione dei morti in corpi materiali invece di passare soltanto a un'esistenza spirituale? Vi è un principio della Torà che qualsiasi cosa che scende più in basso, ha le sue radici, in una fonte più alta. Una persona con un'adeguata comprensione di un concetto può essere capace di spiegarlo a un coetaneo ma non a un bambino o a qualcuno con cognizioni limitate. Un insegnante che può portare al livello di un bimbo un concetto uguale ma in forma diversa, è uno che comprende e interiorizza in modo profondo ciò che gli è stato ìnsegnato..
Così è pure nel regno dello spirito. I profeti invariabilmente dormirono o soffrirono di convulsioni di qualche natura nel ricevere la profezia. Tutti, tranne Moshe. Per il più grande dei nostri capi e profeti, la sua conoscenza della Divinità era tale che non esisteva più una contraddizione tra materia e spirito e perciò ricevette la parola di Do incontaminata. La sua consapevolezza fu maggiore e poté perciò essere ridotta. Lo stesso avviene per i miracoli, che malgrado la loro trascendentalità, sono in un certo modo limitati. Il Baal Shem Tov usò molti poteri miracolosi in tutta la sua vita. Il discepolo del suo discepolo Reb Schneur Zalman cercò di evitare di fare dei miracoli. A prima vista può sembrare che l'ultimo Rebbe fosse di minor grado per il fatto che non compì dei miracoli. Davvero non desiderava farli. Un miracolo implica la rottura delle leggi naturali, raggiungendo un obiettivo soltanto oltrepassando il mondo. Per compiere la stessa cosa ma entro i limiti delle leggi naturali serve una forza persino più profonda in origine.
Questo avviene nella creazione. A D-o per far vivere un essere spirituale, un angelo, serve una fonte meno elevata di quella richiesta per animare un corpo. Nella creazione fisica la presenza di D-o non è meno presente ma infinitamente meno visibile. Per dar vita a una forma dove l'origine della vita è interamente nascosta è necessario che la fonte sia certamente più alto. Così la radice del corpo è più alta di quella dell'anima.
Per ritornare ad Ester, il modello ideale delle donne, e Purim, l'ultima realizzazione di ciò che è nascosto, troviamo pure lì la preminenza del fisico. Infatti i comandamenti della festività sono connessi agli aspetti più materiali della nostra vita.
Abbiamo l'obbligo di mangiare cibo speciale a Purim, di mandare pacchetti di cibo dolci agli amici e a fare doni ai poveri. Inoltre il Talmud dice che a Purim siamo obbligati a bere fino a quando non sappiamo più la differenza tra «maledetto sia Amman» e «benedetto sia Mordechai». La ragione dell'importanza che Purim dà alla materia è una conseguenza diretta dei suoi interessi trascendenti. I nostri rabbini insegnano che Yom Kippur, giorno dell'Espiazione, può essere letto come Yom Ke Purim, giorno uguale a Purim.
Noi tendiamo a pensare che queste feste sono diametricalmente opposte. Il primo è un giorno di ascetismo dedicato alla preghiera e alla spiritualità. Il secondo è una festa di gioia e di appagamento fisico. Ma non solo i due sono confrontati, ma Yom Kippur è uguale a Purim. Purim è il metro di paragone, il massimo della santità. Avviene così perché la spiritualità che deve ancora rinunciare alla fisicità è limitata. D-o va oltre i limiti del finito e l'infinito e la massima prova della Sua trascendenza è che la sua essenza si deve cercare nella materia. Agli occhi degli ebrei associare le donne con il corpo e il mondo materiale, celebrare Purim nel modo più materiale possibile non è una denigrazione ma un riconoscimento di sublimazione.
Qualcuno può ancora affermare che sebbene nell'era messianica «l'anima prenderà vita dal corpo», attualmente, l'anima è ancora più alta. La relazione è quella del continuo mutamento. E il flusso di influenza è una lezione per la crescita personale. Infatti, i modi di dare e ricevere sono contenuti nelle sefiròt (sfere di emanazione progressiva di Divinità), rappresentate dall'albero Kabalistico di vita. Il più basso ed ultimo di questi livelli è la sfera di malchùt, che come indicato sopra, è associato alle donne e al mondo materiale. Sebbene più bassa, la sua fonte è la più alta persino al di sopra dell'inizio dell'emanazione. Come dice il verso «l'ultimo nella creazione fu il primo nei Suoi pensieri». Lo Zohar insegna che malchùt «non ha niente di proprio», piuttosto riceve interamente dalle sefiròt più alte, come la luna riflette la luce del sole. Già in questa assenza di una qualsiasi esistenza indipendente, esso paragona il vero nulla di D-o.
È attraverso l’atto di ricevere, che la sefirà di malchùt si eleva alla sua fonte, al di sopra delle sefiròt di precedente influenza.
Malchùt incarna il concetto di bitùl, annullamento. Soltanto quando mettiamo in atto l'auto-annullamento e ci sottomettiamo al nostro Creatore, possiamo rivelare la nostra fede al di sopra della creazione e diveniamo veramente esseri attivi. L'Unità è raggiunta quando donatore e ricevente sono pronti ad affrontare i loro ruoli. Lo Zohar dice che precisamente attraverso l'unione tra maschio e femmina, viene rivelata l'essenza. La nascita e la creazione sorgono fuori dal bitul e dal ricevere.
Questa trasformazione da ricevente in donatore è più chiaramente vista in due prospettive opposte di Shabbat.
Da una parte, i nostri saggi hanno stabilito che «chiunque prepari prima del Sabato mangerà di Sabato». Essendo il Sabato l'ultimo giorno della settimana, è considerato come un giorno che riceve dai sei giorni che lo precedono. Altrove si è stabilito che «tutti i giorni della settimana sono benedetti dal Sabato». Viene qui implicita l'idea che il Sabato è la fonte e l'origine di qualsiasi influenza.
L'apparente contraddizione si risolve nel capire che anche il Sabato è associato al malchùt. Perché di Sabato, il malchùt è innalzato alla sua fonte. Colui che riceve diviene colui che dà.
Proprio come la settimana è una preparazione al Sabato, che da questa riceve sotto ogni punto di vista, così pure l'esilio preparerà alla redenzione nel momento in cui saremo capaci di indicare la Divinità e la vera natura dell'esistenza, come ora facciamo per noi stessi e gli oggetti della nostra realtà.
Allora saremo testimoni della rivelazione della radice spirituale non solo del malchùt e delle donne, ma anche di eventi a loro associati. Sebbene le donne siano viste convenzionalmente come gentilezza personificata e gli uomini come personificazione di forza e rigore, secondo la Kabbalà è vero il contrario.
Infatti, oltre al malchùt, le donne sono anche associate alla sefira di ghevurà/forza, e gli uomini con quella di chesed/gentilezza. Quindi anche i Leviti e la casa di Shammai hanno la loro orìgine nella ghevurà. I sacerdoti e la casa di Hillel nel chesed e Isacco il più nascosto dei nostri antenati, nella ghevurà. Nell'era messianica, non solo l'anima prenderà vita dal corpo, ma i Leviti saranno sacerdoti, l'autorità di Hillel darà la precedenza alla Casa di Shammai, e Isacco si manifesterà in prima linea quando malchùt sarà elevato alla sua fonte.
Il dualismo tra colui che dà e colui che riceve deve essere trovato anche nel leitmotiv di Purim. Sebbene il nome di Ester significhi «nascondersi», il libro che leggiamo a Purim è chiamato meghillà, che significa «rivelazione». La contraddizione è solo apparente, poiché con tali termini, è data precedenza al nascondersi piuttosto che alla rivelazione che deve avvenire.
Il ruolo privato predominante delle donne ebree e l’associazione con il malchùt e la fisicità delle donne ebree, non indica solamente la loro condizione di elevazione nel pensiero della Torà. Bensì le loro implicazioni di umiltà e annullamento, si dirigono e aprono la via alla realizzazione della nostra realtà intrinseca.
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