Il tema centrale della parashà di questa settimana è il dramma del vitello d’oro. Moshè prega al Sign-re affinché perdoni il popolo, quasi imponendogli una condizione: “Ed ora, se li perdoni [bene]. Se no, cancellami dal Tuo libro che hai scritto” (Esodo 32, 31).

Nessun essere umano è identificato con la Torà più di Moshè. D-o stesso la definisce: “La Torà di Moshè il mio servo” (Malachi 3, 22) e il Midràsh spiega: “Poiché lui sacrificò la propria vita per essa, viene chiamata a nome suo”. (Mechilta Beshalàch 15:1).

Tuttavia, per quanto forte fosse il legame di Moshè con la Torà, quello con il popolo ebraico era di gran lunga maggiore, tanto da portarlo persino a sacrificarsi pur di rinunciarvi neppure in parte.

In verità Moshè non fa altro che seguire l’esempio del Creatore. Il fatto che la Torà parli al popolo è un indicazione, secondo il Midràsh, che il popolo è d’importanza maggiore e la Torà è, da questo punto di vista, lo strumento progettato dal Sign-re per rinsaldare il legame tra D-o e il popolo.

È per questo che i saggi dissero: “Un ebreo che ha peccato è sempre un ebreo” (Talmud Sanhedrìn 44a). La trasgressione indubbiamente influisce negativamente sul legame tra l'uomo e il Creatore. Esiste però un aspetto di questo legame che è ancora più profondo e diretto, che nulla può intaccare.

Moshè diceva appunto a D-o: è vero che hanno peccato. Se continui a vedere le cose solo attraverso l'ottica della Torà è difficile trovare la via del perdono. Per questo io scelgo di intraprenderne una diversa, chiedendoti di cancellarmi dal Tuo libro.

Se non si trova il perdono nel libro, lo si cerca altrove, su un piano ancora più elevato. Poiché noi siamo uniti a D-o ad un livello che trascende la manifestazione Divina nella Torà e che tocca proprio la Sua essenza.

A questo punto ci si potrebbe chiedere: se esiste un legame tanto forte, che supera addirittura quello della Torà, perché non puntare direttamente ad esso? Questa però non è la volontà di D-o. Egli vuole che viviamo secondo “il libro”.

La vicenda del vitello d'oro ci insegna inoltre la forza della Teshuvà - il ritorno (pentimento). Persino quando il libro ci dice “hai sbagliato” non significa che non esiste una via d'uscita. Nonostante la gravità del peccato, esiste sempre il modo per ritornare.

Basato sulle opere del Rebbe di Lubavitch adattato da Rav Shalom Hazan