Durante i Shabbat tra Pesach e Shavu’òt, leggiamo un capitolo del Pirkè Avòt, le Massime dei Padri. Segue la spiegazione del Rebbe di Lubavitch sui numeri di cui si tratta al Capitolo V.

Molte delle Mishnayot nel Capitolo V dei Pirkè Avòt riportano massime nelle quali ricorrono i numeri dieci, sette e quattro. Ad esempio: «Il mondo fu creato per mezzo di dieci proclami (Divini)»; «Sette cose caratterizzano la persona stolta»; «Sette tipi di punizioni esistono al mondo»; «Ci sono quattro tipi (di carattere) tra gli uomini»; «Ci sono quattro tipi di temperamento».

Ciò richiede una chiarificazione: esistono molte citazioni che comprendono altri numeri oltre al dieci, sette e quattro. Perché allora questo capitolo del Pirkè Avòt cita specificatamente quelle in cui ricorrono questi numeri in particolare? In più, Pirkè Avòt sono mili dechassiduta, cioè parole di pietà, il cui proposito è d'insegnare all'Ebreo come vivere pienamente, oltre ed al di sopra del minimo halachico. La prima tra le affermazioni in relazione al numero dieci è “Il mondo fu creato per mezzo di dieci proclami”. Qual'è la mili dechassiduta in questo e negli altri numeri dieci, sette e quattro? In effetti ciascun no di questi numeri insegna una valida lezione al servizio di D-o.

Il dieci è simbolo del mondo in generale, essendo questo stato creato con dieci proclami. Ciascuno di questi proclami portò all'esistenza una nuova categoria del creato. Ad esempio, “Che la terra produca vegetazione” fu il comando che portò alla vita le piante. “Che la terra produca creature vive” creò la vita degli animali; e “Facciamo l'uomo” fu la creazione della vita umana.

L'uomo, che è lo scopo finale di tutta la creazione, fu posto nel mondo per servire D-o. Pertanto, ognuno dei dieci proclami corrisponde ad un tipo di servizio particolare nel mondo. “Che la terra produca vegetazione” corrisponde al lavoro agricolo. “Che la terra produca creature”, è, per esempio, il lavoro dei pastori. Coloro che studiano Torà tutti i giorni sono associati con il proclama “Facciamo l'uomo”.

Quindi, ogni persona ha una particolare associazione con uno dei dieci proclami, ciascuno avendo il suo posto nel mondo corrispondente al suo tipo di servizio. Uniti, i dieci proclami corrispondono all'universo, così il numero dieci è simbolo del mondo e di tutta la materia.

Quando una persona ha una particolare associazione con uno dei dieci proclami - il suo tipo peculiare di servizio nel mondo nel quale trova speciale soddisfazione - naturalmente non vorrà essere coinvolto negli altri tipi di servizio. Al massimo, avrà interesse in alcune e poche aree, ma non in tutte e dieci. Infatti, una persona non è obbligata a farsi coinvolgere in qualcos'altro che non sia il suo servizio.

Il Savio della nostra Mishnà, enfatizzando che “il mondo fu creato per mezzo di dieci proclami”, c'insegna che la condotta pia esige coinvolgimento in tutti e dieci i proclami e in tutti i tipi di servizio nel mondo.

Mentre il dieci è simbolo del tipo di servizio associato con il mondo, sette è un simbolo per il popolo ebraico, il cui servizio è diviso in sette categorie. Rabbi Shneur Zalman di Liadi, l’Admor Hazaken, spiega che le sette luci della Menorà che veniva accesa nel Bet Hamikdàsh corrispondono alle sette distinte categorie nel servizio di D-o, ciascuna associata con una delle sette midòt, attributi, dell'anima. Così, il servizio di ciascun individuo Ebreo verso D-o è principalmente nella sfera di una delle sette midòt. E dal momento che esistono sette categorie distinte di servizio e sette distinte midòt, non è richiesto ad una persona di essere coinvolta in più di una (simile all'obbligo menzionato sopra di non essere coinvolti in più di una delle categorie del mondo).

D'altra parte, l'insegnamento di mili dechassiduta, la condotta oltre ed al di sopra del requisito minimo, richiede che il servizio sia in tutte le sette categorie, con tutte le sette midòt. Poiché anche se ci sono sette luci separate nella Menorà, è anche vero che essa era “un unico lavoro scolpito in oro puro”. Nonostante ci siano sette categorie distinte di servizio, il servizio di un Ebreo verso D-o deve essere in tutte queste allo stesso tempo.

Come il dieci è simbolo del mondo, ed il sette dell'Ebreo, il numero quattro è simbolo della sintesi dell'Ebreo e dei mondo. Il Talmud dice: “il mondo è come una exadra, (chiusa da tre lati ed aperta nel quarto), ed il lato nord non è chiuso”. Il lato nord aperto corrisponde alla fonte ed alla possibilità del male nel mondo – “Dal nord irromperà il male” (Geremia 1:14). La funzione dell'Ebreo è divenire un partner di D-o nel lavoro della creazione, liberando il mondo dal male chiudendo il quarto lato. Nonostante il mondo in sé, come fu creato, abbia solo tre lati chiusi, un Ebreo deve completare il lavoro della creazione di D-o.

Tuttavia, avventurarsi nel mondo, per lottare contro il male e sradicarlo - per costruire il quarto lato - non è un compito facile. C'è il rischio che, invece d'eliminare il male, questo eserciti la sua influenza sulla persona stessa. Non sarebbe meglio starsene protetti nelle quattro mure della Torà invece che avventurarsi nel mondo?

Senza dubbio, una persona non è obbligata a farlo. Ma l'enfasi nel numero quattro in Pirkè Avòt c'insegna che l'insegnamento di mili dechassiduta, la condotta devota, richiede che si costruisca la quarta muraglia del mondo. È necessario trasformarsi in un partner di D-o nel lavoro della creazione e fare il mondo completo, avventurandosi allo scoperto per rettificarlo.

Per quanto sia vero che restando protetti nelle proprie quattro mura il rischio di contaminazione dal male è minimo, l'Admor Hazaken spiega che un chassid, il cui insegnamento di condotta è mili dechassiduta, è colui che è pronto a rischiare per il bene degli altri. Da qui, si deve abbandonare il proprio porto sicuro per aiutare gli altri nelle loro battaglie spirituali.

Ancor più, attraverso tale sforzo, la persona attinge a un livello nel servizio verso D-o superiore a quello che si può raggiungere rimanendo chiusa nei suoi domini privati. La mishnà 22 di questo capitolo dice: “Ben Hei dice: La ricompensa è proporzionale alla difficoltà”. Nonostante l'avventurarsi nel mondo per aiutare gli altri possa causare difficoltà alla persona (ad esempio l'effetto delle influenze esterne sul suo carattere), la ricompensa è proporzionale alle difficoltà - la persona così attinge ad un livello più elevato di quello raggiunto prima di partire per la costruzione della quarta muraglia del mondo.

La maggior parte dei Pirkè Avòt è scritta in Ebraico. La frase “la ricompensa è proporzionale alla difficoltà” è scritta in aramaico. La Lingua Sacra significa santità; l'aramaico, un linguaggio secolare, è simbolo dei mondo, dove il male può essere presente per far tribolare un Ebreo. “La ricompensa è proporzionale alla difficoltà” è specificatamente scritto in aramaico per enfatizzare la necessità cruciale di lavorare nel mondo per sradicare il male.

Questa è la ragione del perché siano specialmente queste citazioni, i cui numeri sono dieci, sette e quattro, ad essere menzionate nel capitolo cinque del Pirkè Avòt. Altri numeri sono simboli di altri concetti al servizio di D-o, ma sono il dieci, il sette ed il quattro che sono simbolo del servizio associato con mili dechassiduta, il concetto dei Pirkè Avòt.

I Dieci Comandamenti Esclusi

Come detto sopra, il capitolo cinque del Pirkè Avòt mette in relazione molte cose connesse al numero dieci - la creazione del mondo tramite dieci proclami, dieci generazioni da Adam a Noè, dieci miracoli ecc. Perché allora non sono inclusi i Dieci Comandamenti? Ancor più, dato che i nostri Savi spiegano che i dieci proclami con i quali il mondo fu creato corrispondono e derivano dai Dieci Comandamenti, certamente la prima cosa in lista col numero dieci dovrebbero essere i Dieci Comandamenti.

Una ragione perché i Dieci Comandamenti non sono inclusi in questo capitolo è perché il Pirkè Avòt ci insegna a vivere devotamente. Infatti, ci insegna la legge in forma pratica, e come comportarci oltre e al di sopra del requisito halachico minimo. Dato che i Dieci Comandamenti sono le vere leggi della Torà, non sono inclusi nel Pirkè Avòt.

Altro motivo è che tutte le cose legate al numero dieci, riportate in questo capitolo, hanno un punto in comune che i Dieci Comandamenti non possiedono. Esse hanno tutte radici nel mondo, mentre la Torà (i Dieci Comandamenti) è infinitamente più elevata del mondo. Nonostante tutto sia derivato dalla Torà, essi si trova in una categoria completamente distinta - pertanto non può essere inclusa insieme alle altre cose in questo capitolo.

Nonostante alcune delle cose designate in questo capitolo siano miracoli (e pertanto siano apparentemente più elevate del mondo) sono differenti dai Dieci Comandamenti. Una delle categorie di miracoli menzionati in questo capitolo sono i “Dieci miracoli a cui assistettero i nostri antenati nel Tempio Sacro”. Il Bet Hamidkàsh era il luogo dove l'essenza di D-o fu rivelata, e pertanto i miracoli successi lì furono del più elevato livello.

Eppure, la Torà è ancora infinitamente più elevata dei miracoli nel Bet Hamidkàsh. Il mondo fu creato perché D-o avesse un luogo di dimora non solo nelle sfere spirituali, ma anche in questo mondo basso e corporeo. Questa mèta fu raggiunta tramite il Bet Hamidkàsh, il luogo dove la presenza di D-o fu rivelata. Pertanto il Bet Hamidkàsh servì come perfezione del mondo.

La Torà, d'altro lato, precedette il mondo ed è al di sopra d'esso. “La Torà ed il Santo, benedetto Egli sia, sono Uno” (Zohar III, 73a) e così come D-o esiste per se stesso e non dipende da nulla, così pure la Torà è indipendente, a differenza del Bet Hamidkàsh, il cui proposito era rivelare la Presenza di D-o. Pertanto, i Dieci Comandamenti non possono essere inclusi in questo capitolo, perché sono in una categoria completamente differente dalla lista di dieci qui menzionata.

Questo c'insegna una valida lezione su come studiare la Torà. Dato che essa è indipendente da qualsiasi proposito, così deve essere il suo studio - lo studio per se stesso, lishmà, e non per qualsiasi altra ragione. Quando la Torà si studia per un altro motivo - anche se spirituale - dato che tutte le cose sono limitate, anche il suo studio sarà limitato. Ma quando si studia la Torà per se stessa, dato che essa trascende tutti i limiti, anche il suo studio non avrà alcun limite.