Innumerevoli sono le halakhòt, le leggi concernenti lo Shabbàt. Alla base di tutti i divieti legati al giorno più sacro della settimana si trovano le cosiddette "trentanove melakhòt", ossia trentanove attività vietate di Shabbàt, le cui origini risalgono alle opere necessarie alla costruzione del Tabernacolo nel deserto. Tali trentanove melakhòt furono istituite dai saggi assieme a tutti i loro derivati, toladòt, e a tutte le "barriere", ghezeròt, erette attorno a queste norme, necessarie per evitare la trasgressione delle toladòt e delle melakhòt stesse.
Citiamo, fra gli altri innumerevoli, l'esempio del divieto di accendere il fuoco di Shabbàt, una delle trentanove melakhòt: in base a esso (toladà) sarà ovviamente vietato cucinare o fumare, ma anche viaggiare in automobile (la cui messa in moto richiede l'accensione di una scintilla e la combustione di carburante); è, di conseguenza, anche vietato semplicemente prendere in mano le chiavi della macchina, inutili in sé stesse e che potrebbero solo portare la persona a trasgredire un divieto più grave (ghezerà). Ovviamente, si tratta solo di un piccolo esempio, esposto in maniera alquanto concisa e semplificata, di tutte le halakhòt legate allo Shabbàt e illustrate approfonditamente dapprima nel Talmùd, poi nella Mishnà e quindi nelle maggiori opere di Halakhà; esse furono redatte nel corso dei secoli, in base anche allo sviluppo tecnologico conosciuto dall'umanità.
Non poche sono anche le attività legate alla preparazione personale e della casa allo Shabbàt, che, nostra "regina", deve essere accolta con il dovuto onore e fasto. Sarà quindi importante che la casa sia particolarmente pulita, lavarsi il capo e il corpo, tagliarsi le unghie, indossare gli abiti migliori e preparare i cibi più pregiati e saporiti, senza badare a spese. Come dissero i saggi (Talmùd Betzà 16a): tutti i guadagni della persona sono già prestabiliti a Rosh Hashanà… eccetto le spese dello Shabbàt…se le si diminuisce, si viene privati (di ricchezze), se se ne aggiunge, si ricevono (ricchezze)…
L'arrivo della regina Shabbàt è caratterizzato dall'accensione delle candele da parte delle donne e delle bambine e dalla preghiera detta Qabbalàt Shabbàt, (che comprende tra l'altro il canto Lekhà Dodì) recitata dagli uomini. Poiché è importante aggiungere tempo del giorno feriale al giorno santo, si usa accogliere lo Shabbàt prima ancora del tramonto del sole e posticiparne l'uscita a dopo la comparsa delle stelle (cf Talmùd Shabbàt 118a).
Il ritorno a casa dalla sinagoga, quando la tavola è già apparecchiata e imbandita, è seguito dal canto Shalòm `Alechèm ("benvenuti a voi, angeli della pace"), poiché, come insegnarono i saggi e poi i cabalisti di Safed: la sera di Shabbàt due angeli accompagnano l'uomo dalla sinagoga (Talmùd Shabbàt 118a).
In seguito si recita il qiddùsh (santificazione) sul vino, la benedizione sui due pani, che ricorda, oltre alla manna (cf sopra) anche i pani del Santuario; quindi si consuma il pasto festivo, allietato da canti e da discorsi sulla Torà.
L'indomani ci si reca in sinagoga per la preghiera di Shakhrìt, seguita dalla lettura di una parte della Torà (parashà), di un brano tratto dai Profeti (Haftarà) e quindi dalla preghiera aggiuntiva di Mussàf. Anche di giorno si recitano il qiddùsh e la benedizione sul pane e si consuma un abbondante pasto; nel pomeriggio esso sarà seguito da un terzo, detto Se'udà Shelishìt, consumato dopo la preghiera pomeridiana di Minkhà e la lettura di una parte della parashà della settimana seguente.
Lo Shabbàt sarà infine salutato dalla preghiera di `Arvìt e dalla Havdalà, breve rituale di separazione fra ciò che è sacro e ciò che è profano. Infine, si usa consumare un ultimo pasto, Melavé Malkà, per accompagnare e salutare la regina Shabbàt.