Durante ogni giorno dell’anno si recitano tre preghiere, shachrìt, minchà e arvìt, rispettivamente le preghiere del mattino, del pomeriggio e della sera. Queste preghiere sono state stabilite dai patriarchi Avrahàm, Yitzchàk e Ya’acòv e ricordano anche i sacrifici che si portavano ogni giorno al Tempio di Gerusalemme.
Di Shabbàt e durante le festività si aggiunge una quarta preghiera, musàf.
Yom Kippùr è l’unico giorno dell’anno in cui se ne aggiunge una quinta, l’ultima preghiera del giorno che si chiama neilà.
Il Talmùd1 attribuisce l’origine di questa preghiera aggiunta a due versi, Isaia 1:15 e Samuele I, 1:12, ciascuno dei quali parla del vantaggio di “pregare a lungo”. Infatti Yom Kippùr è un giorno in cui si fa uno sforzo in più, andando oltre i livelli normali di preghiera. È interessante notare che, all’epoca del Talmud, si recitava neilà anche in altri giorni di digiuno collettivo.
La parola ‘neilà’ significa ‘chiusura’. Secondo Rabbi Yochanàn, si chiama così poiché essa viene detta nel momento in cui i cancelli del Tempio venivano chiusi alla fine del lungo giorno. Rav afferma che il termine si riferisce alla chiusura delle porte celesti. Anche secondo Maimonide2 il nome ‘neilà’ si riferisce alla chiusura delle porte celesti.
Mentre il giorno solenne di Yom Kippùr si va concludendo e il nostro futuro viene sigillato, questa è la nostra richiesta finale a D-o: di accettare il nostro pentimento sincero e concederci un anno di salute e felicità.
Ogni cosa nella Torà ha un significato esteriore ed uno interiore, proprio come una persona è composta da un corpo esteriore e un’anima interiore. Pertanto anche le cinque preghiere di Yom Kippùr hanno un significato particolare.
Il Midràsh3 racconta che l’anima ha cinque nomi: Nèfesh (anima), Rùach(spirito), Neshamà (respiro), Chayà (vita) e Yechidà (singolarità).
Ognuna delle cinque preghiere di Kippùr coinvolge un aspetto diverso dell’anima. Ed è proprio durante neilà che si ha il potere di attingere alla dimensione dell’anima più elevata, ovvero quella di Yechidà.
Yechidà si identifica con l’essenza dell’anima, in particolare con la sua unità con la fonte, l’essenza singolare di D-o.
Durante neilà, quando Yechidà affiora, le porte si chiudono dietro di noi. Solo noi e D-o rimaniamo in quello spazio, racchiusi insieme in un’unione perfetta.
Di Rav Yisroel Cotlar, per gentile concessione di Chabad.org
Note |
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Yerushalmi, Berakhòt 4:1 |
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Hilchòt Tefillà 1:7 |
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Midràsh Rabbà, Bereshìt 14:9 |
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