È scritto nella Torà: “Conterete per voi dall’indomani del giorno di riposo [il primo giorno di Pèsach], dal giorno nel quale portate l’Òmer come un’offerta sette settimane, esse saranno complete. Conterete fino al giorno dopo la settima settimana, il cinquanta giorni, e porterete una nuova offerta di farina al Sign-re…e designerete questo stesso giorno come un’occasione sacra per voi, non farete nessuno tipo di lavoro” (Levitico 23:15-16, 21).
La festività di Shavu’òt non è una festività indipendente, bensì un’estensione di Pèsach. Lo scopo dichiarato dell’Esodo dall’Egitto era l’accettazione della Torà al Monte Sinai. Tuttavia, siccome gli Ebrei non erano spiritualmente pronti per ricevere la Torà subito dopo aver lasciato l’Egitto, fu loro comandato di intraprendere un periodo di miglioramento spirituale della durata di quarantanove giorni, dopo di che avrebbero ricevuto la Torà.
Perciò, tecnicamente Shavu’òt non ha una data fissa, poiché cade il 50esimo giorno dopo l’offerta dell’Òmer nel secondo giorno di Pèsach.
Al giorno d’oggi, grazie al nostro calendario perpetuo, sappiamo che Shavu’òt cade sempre il 6 di Sivàn. Tuttavia, quando i capimese venivano stabiliti secondo l’osservazione di testimoni che avevano visto la falce di luna, la data della festività variava e poteva capitare il cinque, il sei o il sette di Sivàn, e ciò dipendeva dalla durata dei mesi precedenti di Nissàn e Iyar di 29 o 30 giorni.
Rav Naftali Silberberg per concessione di AskMoses.com
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