Una persona di quaranta, cinquanta o sessant'anni può ancora cambiare? O si porterà appresso pregi e difetti fino all'ultimo dei suoi giorni?
Il mese di elùl richiede a ciascun ebreo di fermarsi, riflettere e pensare bene. È come se questo mese ci dicesse che la vita non consiste soltanto nel passaggio da un foglio all'altro del calendario. Ogni tanto è necessario effettuare un bilancio e domandarsi se la nostra esistenza prosegue nella giusta direzione e se stiamo raggiungendo i traguardi che dovremmo.
Il punto di partenza dell'ebraismo in questo senso si basa sul riconoscimento dell'infinità dell'anima ebraica. Un ebreo, interiormente, è illimitato e nulla può ostacolarne la vera volontà: né la mente, né il sentimento, né le abitudini o l'ambiente. Quando vorrà davvero cambiare, nulla potrà fermarlo.
Il richiamo del mese di elùl si rivolge a ciascun ebreo. Colui che non indossa i tefillìn e non osserva lo Shabbàt, cominci da ora. Chi osservava lo Shabbàt ma non pregava in sinagoga o non studiava Torà, può sempre colmare queste mancanze. Colui che è strettamente osservante ma qua e là non resiste alle tentazioni del lashòn harà (maldicenza), faccia la propria teshuvà e volti la pagina del proprio libro.
Questa è l'idea che giace alla base del mese di elùl: un appello a ciascun ebreo a cambiare in meglio la propria condotta.
Rav Menachem Brod
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