Iniziamo con qualche parola sull’osservanza di Kiddùsh. Nei Dieci Comandamenti, la Torà ci comanda di “ricordare (zachòr) il giorno dello Shabbàt per santificarlo”. Questo ci insegna che è necessario dichiarare verbalmente lo Shabbàt giorno santo, cosa che facciamo appunto nel Kiddùsh. La parola zachòr viene associata al vino numerose volte nel testo della Torà. Pertanto, i saggi hanno istituito che questa mitzvà venga fatta sul vino (è anche questo il motivo per cui l’havdalà viene fatta con il vino).

Il vino, considerato una bevanda celebrativa, è anche un segno che il pasto che stiamo per mangiare non è un pasto normale ma un banchetto gioioso e festoso. (Questo è il motivo principale per cui si usa il vino anche per il Kiddùsh recitato durante il giorno).

Attraverso i secoli molti rabbini hanno ulteriormente approfondito il motivo per cui si recita il Kiddùsh proprio sul vino.

Il vino porta gioia

Il vino ha il potere particolare di allietare i cuori degli uomini e quando viene usato per uno scopo sacro, come per celebrare lo Shabbàt, esso “rallegra D-o” (Giudici 9:13).

Celebrazione di Matrimoni

Lo Zohar descrive lo Shabbàt come la sposa del popolo ebraico. Come la promessa di matrimonio ad una sposa (chiamata kiddùshìn, santificazione) è recitata su un bicchiere di vino, così pure; il Kiddùsh viene recitato sul vino.

Tutte le benedizioni sgorgano dalla Torà che è paragonata al vino. Pertanto, quando santifichiamo e benediciamo questo giorno santo, è tramite la forza di questo vino. Vi è un’allusione a questo nel verso “Ricorderemo il Tuo amore più fragrante del vino; essi Ti hanno amato con sincerità”. L’espressione in ebraico “più del vino” può anche essere tradotta come “dal vino”: in altre parole, l’amore di D-o fluisce dalla forza del vino, ovvero dalla Torà.

Rettificare il Primo Peccato

I saggi dicono che Adam e Chava mangiarono il frutto proibito venerdì pomeriggio, sul tardi. Per rispetto allo Shabbàt, fu data loro una tregua nel giudizio fino a dopo Shabbàt. Secondo molte opinioni, il frutto proibito era l’uva. Pertanto noi rettifichiamo il peccato quando diciamo una benedizione e usiamo il succo dell’uva per una mitzvà circa nello stesso momento del giorno nel era stato commesso il peccato.

Il Valore Numerico

La parola “vino” in ebraico (“yain”) ha il valore numerico di 70 (le tre lettere ebraiche che la compongono hanno il valore numerico di 10, 10 e 50). Ci sono 35 parole nei versi che recitiamo prima del Kiddùsh e altre 35 nella benedizione del Kiddùsh stesso; sommandole otteniamo 70.

Se vai a leggere il testo nel tuo Siddur e inizi a contare, scoprirai che ci sono 42 parole nella benedizione del Kiddùsh. Questo perché alcuni non dicono quelle sette parole che significano “poiché Ti ho scelto e santificato tra tutte le altre nazioni”. Altri, tra cui Chabad, le dicono. Si arriva a 35 senza contare le parole di apertura, Baruch Atà… Asher, poiché sono parole di introduzione comuni a molte benedizioni e non esclusive a quella del Kiddùsh. Pertanto, si inizia a contare dalla parola “kiddeshanu”, con la quale si inizia a parlare nello specifico del Kiddùsh, ovvero del concetto di santificare.

Il vino di Mashìach

Festeggiamo lo Shabbàt come testimonianza del fatto che D-o ha creato il mondo in sei giorni e “si è riposato” il settimo. In quel momento, Egli mise da parte un vino speciale che verrà usato nel pasto celebrativo quando arriverà Mashìach (Talmùd Berachòt 34b). Come la settimana lavorativa di sei giorni culmina con lo Shabbàt, così i sei millenni del nostro lavoro, volto a fare del mondo una dimora per D-o, avrà il suo culmine nell’era messianica, “il giorno che è interamente Shabbàt e tranquillità, per sempre” (Talmùd Berachòt 57b, Nachmanide su Genesi 2).

Che sia presto ai nostri giorni!

Rav Yehuda Shurpin per concessione di chabad.org