Benedetto Sii Tu, Signore nostro D-o, Re dell'universo, che schiude gli occhi del cieco. Birkot Hashahar Benedizioni del mattino.
Gli occhi di Ilana Harkavi brillano, ma non a causa del trucco, nonostante lei sia una truccatrice di fama internazionale e la consultatrice personale di bellezza di molte stelle del cinema, della televisione e di indossatrici di moda. Queste sfilano veloci mentre sfoglia le pagine del suo portfolio: Diana Ross, Cicely Tyson, Marlo Thomas, Barbara Streisand, Bette Midler, Cheryl Tiegs, Miss Universo, per menzionarne appena qualcuna.
Eppure tutto ciò non ha niente a che fare con il luccicare dei suoi occhi, lo splendore della sua pelle, la luce del suo viso. Se glielo chiedete vi dirà che c'è Shabbat nella sua vita, che sente di essere ad ogni momento in contatto con Hashem, che ora sa chi è lei. Ilana Harkavi è un'ebrea religiosa.
Ma non è sempre stato così. Nei vividi colori, vari come la sua linea di ombretti, lei dipinge il disegno del suo ritorno all'ebraismo. “È stato mio marito che lo ha cominciato”, dice quasi con fierezza. “Dieci anni fa venne da me e mi disse che voleva osservare Shabbat. Pensai che era assolutamente pazzo”.
“Non avevo mai visto Shabbat”, spiega. “I miei genitori non lo avevano mai osservato, mia madre non aveva mai acceso le candele”. Nata e cresciuta in Israele, Ilana sentiva che vivere nella Terra era sufficiente.
Suo marito, d'altro canto, aveva assaporato lo Shabbat. Nato in Russia, era giunto in Israele quando era piccolino, e sua nonna lo aveva mandato in una Yeshivà chassidica a Gerusalemme, dove aveva studiato per sette anni. Nonostante l'avesse lasciata all'età di tredici anni, ora, quale adulto, sposato e con un figlio, aveva percepito che qualcosa di fondamentale mancava alle loro vite.
“Una volta che assaggi lo Shabbat e capisci cos'è, non puoi più lasciarlo”, spiega Ilana. “ Anche se pensi di farlo, permane nel retro della tua mente, e quando realizzi che la vita non è solo fatta di feste e cominci a porti delle domande sul suo significato, allora Shabbat è lì con le risposte”.
Così per un intero anno suo marito osservò lo Shabbat da solo. Ilana era occupata a viaggiare e a fare film e TV. Sentiva che osservare Shabbat per lei era assolutamente fuori questione.
Fino a quando suo marito divenne veramente forte nell'osservanza dello Shabbat e le pose un ultimatum: O cominciava ad osservare, oppure il loro matrimonio era finito. Ilana dice di essersi detta in quel frangente. “Non so se voglio farlo, non so cos'è, non so se lo farei, ma come posso pensare di divorziare da mio marito senza neanche sapere di cosa si tratta?” Pensò di apprenderne il significato prima, e poi decidere.
Quel'anno, Ilana camminò per le strade invocando Idd-o. Voleva capire meglio cosa il marito volesse da lei, ma non sapeva dove andare a cercare. Non sapeva a chi chiedeva, neanche cosa chiedere, una volta arrivata. In verità, dice, non sapeva cosa stesse cercando. Anelava semplicemente alla conoscenza.
Cominciò la sua ricerca in qualche sinagoga di Manhattan, chiedendo aiuto ai rabbini, ma nessuno sembrava in grado di soddisfarla. Finalmente, un giorno mentre comperava le verdure a Greenwich Village, ricordò che aveva un'amica, proprietaria di una boutique nelle vicinanze, divenuta Baal Teshuvà, ritornata all'ebraismo dieci anni prima. Si recò immediatamente nel negozio della sua amica.
“Non appena entrò nella boutique”, racconta, “rimasi impressionata dalla luce del suo viso, la morbidezza della pelle, lo sguardo degli occhi. Lo vidi, non era la stessa persona che conobbi anni prima”. Le fu subito chiaro che c'era dietro qualcosa, e voleva sapere cosa fosse. “Devi venire a casa mia”, disse la sua amica, e si diedero appuntamento per il mercoledì seguente.
“Quando infine giunse mercoledì, Ilana dice, “la mia neshamà, anima era pronta. Entrò, e chi si trovava lì?” chiede retoricamente, “se non Leah Kahan”. La signora Kahan è una nota insegnante nella comunità Chabad Lubavitch. “E perché era lì? Per ritirare un suo vestito”. Almeno così credeva Leah Kahan.
“Bene, hai l'esperto proprio qui”, disse la sua amica. “Perché non rivolgi a lei le tue domande?: Quando Ilana spiegò che non sapeva neanche cosa domandare, ne esattamente cosa stesse cercando, immediatamente la signora Kahan la invitò con la sua famiglia per Shabbat. L'invito fu accettato.
Era tempo di Succot quando vi si recarono. “Mi vengono i brividi quando ci penso”, dice Ilana. “Mi ero dimenticata la Succà della mia infanzia in Israele. Avevo dimenticato persino l'odore del cibo ebraico”. Qui c'era qualcosa che le parlava, che le toccava l'anima. C'era qualcosa che poteva soddisfare la sua brama. Per Ilana doveva essere un po' come tornare a casa.
Susseguentemente, la famiglia trascorse ogni Shabbat e ogni festa a Crown Heights per un anno intero. Il primo ed il secondo Shabbat furono duri per Ilana, ma giunti al terzo, dice, “mi era entrato dentro veramente” e dopo di allora fu presa. Si recò diverse volte a studiare nella Yeshivà per donne Beit Chana in Minnesota.
Il secondo anno la famiglia volle sperimentare altre comunità religiose e si recò a trascorrere Shabbat e festività a Monsey, New York. Ilana proseguì i suoi studi, ed il terzo anno cominciò ad invitare gente a casa sua a Manhattan per Shabbat. Nel frattempo questa era diventata una specie di centro. Tuttora ci sono shiurim (classi di studio) quasi ogni sera. “Non posso neanche andare via per Shabbat” dice, “perché so che ci sono persone che non hanno dove andare, e devono venire da noi”.
Ilana ricorda quanto furono difficili i suoi primi due Shabbat, come guardava l'orologio tutto il tempo. Aveva parlato con la sua amica proprietaria della boutique dei suoi problemi, per abituarsi a non accendere la luce o rispondere al telefono.” Ricevi milioni di telefonate al giorno “diceva la sua amica, “non credi che un giorno senza, potrebbe essere bellissimo?” Decise che aveva ragione.
Oggi descrive Shabbat come la cosa migliore che poteva mai capitarle. Dice che non le importa lavorare quindici o sedici ore al giorno perché sa che Shabbat è là alla fine della settimana. “Per me Shabbat è un dono del Cielo... dalla domenica aspetto già il prossimo e nel momento in cui accendo le candele, lo sento nelle ossa, mi siedo e dico “Baruh Hashem” (grazie D-o)”. Quando parla ai nuovi arrivati dello Shabbat dice loro: “Forse il primo sarà difficile per voi, forse il secondo non lo capirete, ma vi garantisco che dopo il terzo non ne potrete fare a meno!”
Come tutti i Baalei Tehuvà, Ilana si preoccupò come il suo nuovo coinvolgimento con l'ebraismo potesse collimare con la sua vita e la sua carriera. Mentre studiava in Minnesota per la prima volta, quando era andata per una settimana e poi era rimasta per tre, aveva iniziato a pensare: “Cosa sto facendo?! Perderò i miei affari, perderò la mia fama!” Proprio in quel momento, un'amica studentessa proruppe nella stanza tenendo l'ultimo numero della rivista Vogue e disse ad Ilana, “ecco, leggi di te!”
Con suo grande stupore, lesse un intero articolo su Vogue riguardo lei ed il suo lavoro, completato con le foto nel suo salone di Manhattan, Il Makiage. “Qui, posso sedere e studiare Torà”, pensò, “e HaKadosh Baruh Hu (il Santo Benedetto Egli Sia) promuove la mia carriera per me”. Lo prese come un segno e dopo di che non si preoccupò più. “Da allora”, dice, “ogni cosa cominciò ad andare avanti da sola”.
Ricorda ancora la prima volta che disse a Diana Ross che non poteva più lavorare con lei di Shabbat. “Stavamo facendo una settimana di concerti a Radio City”, spiega, “ed avevo paura di dìrglielo”. Era sicura che sarebbe stata la fine della sua relazione con la signorina Ross così con molte altre dive. Decise di dirglielo alla fine della settimana quando non avrebbe più avuto altra scelta. “Non posso lavorare con te venerdì notte “, disse. “Ho cominciato ad osservare lo Shabbat”. Con sua sorpresa la diva replicò: “ Veramente? Magari potessi fare anch'io una cosa simile, smettere tutto per un giorno”.
Durante i primi cinque anni del processo di ritorno di Ilana, lei pensò che non avrebbe mai potuto coprirsi la testa. Come avrebbe potuto coprirla quando aveva fatto il giro del paese pubblicizzando i suoi prodotti per capelli, presentando proprio se stessa quale modella? Trascorso questo tempo, però, cominciò a pensare più seriamente alla questione, e più che altro si preoccupò dalle sue risposte al perché della gente. “Neanche io sapevo perché lo facevo”.
Per tre settimane le pesò entrare nel suo negozio per paura di ciò che la gente avrebbe detto. Chiese al rabbino Manis Friedman, preside della Yeshivà per donne in Minnesota, la risposta da dare. “Dì semplicemente loro”, egli disse, “che lo fai perché sei ebrea”. Lei considerò questa la migliore risposta, ma qualcosa le dava ancora fastidio.
Fu solo dopo una lunga conversazione con Uri Zohar, il famoso cantante israeliano divenuto religioso, che le fu possibile decidere al 100% di coprirsi i capelli. Ascoltando quanto fu difficile per Uri lasciare il mondo dello spettacolo,
Ilana realizzò “Non è stato duro solo per me ma per tutti”; e ciò le diede la forza di fare il passo.
Quando finalmente entrò nel negozio indossando una parrucca, dice, nessuno disse una parola - né allora, né mai. “Quando ti senti vicina ad Hashem”, puntualizza, “non c'è niente di cui preoccuparsi”. Nonostante oggi l'intero evento le sembri alquanto stupido, a quel tempo era molto preoccupata di perdere la sua carriera. Ormai si copre i capelli da cinque anni e questo, dice, la fa sentire in continuo contatto con Hashem.
Ilana ha anche una grossa influenza su alcuni ebrei che lavorano da lei. “Non sono sicura che sia un bene per me”, scherza, “perché finiscono con l'abbandonarmi per andare a studiare la Torà!” C'è una punta di invidia nella sua voce. Ha già mandato due ragazze dal suo negozio in Minnesota. Ha anche combinato uno shidduch (matrimonio) di successo fra due suoi impiegati, entrambe sulla quarantina, divenuti religiosi. Ora hanno un bebè di un anno.
Sembra influenzare la gente verso l'ebraismo dovunque lei vada. Scrivendo un libro di bellezza (pubblicato dalla New American Library) lavorava con una agente editoriale. L'agente è ora diventata osservante dello Shabbat. Nonostante ad Ilana non piaccia rendersi merito di ciò, spiega: “Dicevo sempre, no, non posso incontrarti questo giorno per via di Shabbat, o no, non posso per via di Yom Tov (festività) e lei mi chiedeva sempre informazioni a riguardo”. Quando Ilana organizzò una grande conferenza a Manhattan per Rav Friedman, intervennero 500 persone, compresa la sua agente. Dopo la lezione la donna cominciò ad osservare Shabbat.
Ilana ha aperto il suo primo negozio quindici anni fa a Manhattan. Cinque anni dopo si è spostata in un locale più grande dove si trova ancora oggi in East 60th Street. Cominciò con sette impiegati ed ora ne dirige uno staff di quaranta, venti persone nel salone (tutte guidate personalmente da lei) e venti persone nella fabbrica da dove esce la sua linea da trucco e prodotti per capelli. Suo marito è il genio del marketing e della vendita dei suoi prodotti, ed è lui che dìrige la fabbrica. I suoi prodotti vengono venduti in 500 punti negli Stati Uniti, così come in Italia, Francia, Sud America e Sud Africa.
Riflettendo sugli eventi che la condussero alla sua posizione odierna, Ilana distingue chiaramente il disegno della mano di Hashem. Eventi che all'epoca potevano sembrare deludenti o addirittura devastanti, ora vengono visti come il sentiero di Hashem, conducente al suo destino. Infatti la sua carriera non cominciò con il makeup, ma con il balletto.
Ilana era una danzatrice professionista in un prestigioso corpo di balletto. Originariamente venne negli Stati Uniti per una tournée di spettacoli che cominciò a Chicago. Dopo gli spettacoli di Chicago, l'intera compagnia volò a New York, ma Ilana decise di soffermarsi qualche giorno per visitare la città. Tre giorni più tardi, mentre si recava a New York per i suoi spettacoli, il taxi che la portava all'aeroporto ebbe un brutto incidente, e lei ne uscì fuori con una spalla rotta e molto dolorante. Rimase ammalata per tre anni e mezzo, ed infine le fu prelevato un pezzo di osso dal tallone per collocarlo nella spalla. Fu la fine della sua carriera di ballerina.
Ma Ilana era piena di risorse. Volle rimanere a contatto del palcoscenico, e comprese che oltre alla danza ciò che amava di più era il make up. In seguito sarebbe spesso giunta a teatro alle cinque del mattino solo per osservare gli artisti del trucco lavorare. Dopo l'incidente decise di ottenere un diploma come truccatrice.
Aveva sperato di lavorare nei films, ma le fu impossibile addentrarsi nell'ambiente. Invece volle lavorare con gruppi di artisti, ma per far ciò dovette apprendere la manicure per uomini. La sua scuola la inviò a lavorare da un barbiere per fare esperienza. Era lì da una settimana esatta, quando incontrò il suo futuro marito. Due anni dopo erano sposati e cinque anni dopo egli “saltò fuori con quest'idea di fare Teshuvà. Allora, non avrei mai potuto pensare che quest'uomo, all'epoca un tale habituè del Jet set, sarebbe finito con l'essere il mio shaliach (messaggero) per fare Teshuvà”.
A sua volta Ilana stessa è diventata messaggera per molti. Più di una giovane ragazza ebrea è entrata nel suo salone, portfolio sotto il braccio, cercando lavoro, solo per essere inviata alla Yeshivà per donne in Minnesota.
Alcuni anni fa, la rivista Women's Wear Daily le chiese il parere riguardo il make-up nel 2000. “Dovrebbero solo sapere che spero che a quel tempo Mashiach sarà già qui”, dice ora, ma allora disse giocoso. La rivista emise un intero articolo sulla sua idea del trucco giocoso.
Oggi dice che il make-up va naturale. “Deve apparire come se non ci fosse affatto, ma comunque fare risaltare i lineamenti. Deve essere veloce ma effettivo”. Ilana vede anche questo sotto la prospettiva ebraica. “Il tempo è breve”, dice. “Mashiach è qui. Ora siamo nel tempo del Mashiach e tutto deve essere veloce - anche il make-up”.
Ilana non lavora più molto con le clienti nel suo salone, ma si reca spesso a Crown Heights per truccare le spose nel giorno del loro matrimonio. “Gioisco nel vederle felici”, dice. In quel giorno, c'è una luce nel loro volto che non appare più in nessun altro momento. Mi piace far risaltare quella luce”. Tiene una speciale beauty case riservato solo per questo scopo.
“La gente mi dice che anche quando il Mashiach sarà qui avrò lavoro”, dice Ilana. Perché? “ Perché l'unica festa che osserviamo sarà Purim! “Spera di sviluppare la sua
arte del trucco nel Beit Hamikdash, il Terzo Tempio Sacro che ci sarà nell'era del Mashiach. “Sono pronta”, dice, menzionando la sua speciale borsa nera, già ben preparata, che riserva per le spose.
Ilana Harkavi è una donna che trascorre molto tempo focalizzata sugli occhi delle persone. Per lei la benedizione del mattino che ringrazia Hashern “perché schiude gli occhi del cieco” ha uno speciale significato. La vede come se si rivolgesse direttamente a noi, oggi. Nella sua vita, si sente grata che i suoi occhi furono finalmente aperti “a qualcosa che cresceva vicino a me per vent'anni e che io non conoscevo neanche”. Ricorda quando, da bambina in Israele, lei ed i suoi amici, vedendo un religioso camminare, attraversarono la strada per evitarlo.
Qual'è il consiglio di Ilana ai giovani di oggi? “Imparate a conoscere le vostre origini”, dice, “ Siamo spesso più interessati a conoscere le tradizioni degli altri che quelle dei nostri nonni. Tendiamo a minimizzare i nostri nonni come gente del ghetto, dice, ed immaginare che essi non potrebbero dirci niente di rilevante.
“Il migliore consiglio che posso dare”, continuò Ilana “è di conoscere questi nonni. Dopo tutto noi stessi siamo ad immagine dei nostri genitori e nonni. Forse scoprirete qualcosa che la vostra neshamà stava cercando da sempre”!
Coloro che conoscono bene Ilana Harkavi non saranno sorpresi di trovarla nel Beit Hamikdash, mentre corre con la sua borsa nera in mano, piena dei suoi prodotti del make-up, l'insolita chiave della sua Teshuvà.
Parliamone