Domanda:Il concetto della reincarnazione è stato trasmesso dall’uomo, ma dove lo troviamo nella parola di D-o?

Risposta: La Torà Scritta è stata data a Moshè da D-o insieme alla Torà Orale. Quest’ultima è considerata la parola di D-o tanto quanto quella Scritta.

La Torà Orale è stata tramandata oralmente fino a quando il popolo Ebraico iniziò a disperdersi e i Saggi temettero che essa venisse dimenticata o confusa se non fosse stata trascritta. Pertanto Rabbi Yehudà Hanassì (“il Principe”), ed altri Maestri dopo di lui, scrissero gran parte della Legge Orale. Le tradizioni orali, unite ai decreti rabbinici, compongono il Talmùd e altri testi ebraici.

La Torà Scritta contiene allusioni a molti concetti che sono stati trattati più a fondo negli scritti successivi ma che non sono per questo inferiori per importanza alla parola di D-o. D-o, nella sua saggezza misteriosa, ha deciso che questi insegnamenti fossero avvalorati in questo modo.

La reincarnazione è uno dei concetti a cui si allude nella Torà. Permettimi di menzionare alcune fonti inerenti ma considera che queste fonti parlano di un contesto più ampio della reincarnazione in senso stretto.

Ecclesiaste 1:4: “Una generazione va via e una generazione viene”. Se il versetto si riferisce al corso naturale delle generazioni, una generazione non può venire fino a che la precedente non se ne è andata; se ne deduce che questo verso si riferisce alla stessa anima che torna in questo mondo in vite successive.

Giobbe 1:21: “Nudo ho lasciato il ventre di mia madre e nudo ritornerò lì”. Chi torna nel ventre della propria madre? Riecco la reincarnazione.

Questi sono solo alcuni esempi. Ci sono altre fonti simili sparse nel testo della Torà ma gran parte di ciò che sappiamo sulla reincarnazione proviene dalla Torà Orale.

Tuttavia rimane una domanda pressante: la reincarnazione è un concetto teologico importante, come mai non è discusso esplicitamente nella Torà Scritta?

Effettivamente la Torà Scritta non riporta informazioni riguardo a ciò che accade a un’anima dopo la morte, riguardo al cielo e “l’inferno”, la natura dell’anima e niente che riguardi D-o! I Cinque Libri non possono essere visti come un testo teologico bensì come una guida pratica, a volte espressa sotto forma di vicenda storica. Per quanto riguarda il resto delle Sacre Scritture, perfino i Proverbi e Giobbe vengono letti come commenti su informazioni tacitamente conosciute.

Leggendo questi testi è abbastanza chiaro che la teologia ebraica (e la Kabbalà ne è un esempio) era destinata ad essere trasmessa oralmente.

È vero che molte civiltà antiche, tra cui gli Egizi e gli Induisti, hanno trasmesso la loro teologia e i loro insegnamenti mistici per iscritto, eppure esiste una differenza: l’antico Egitto e l’India erano società analfabete, ad eccezione di una élite di sacerdoti. Quando questi volevano trasmettere dei segreti, li scrivevano e solo gli iniziati potevano decifrare gli scritti.

Gli ebrei, invece, erano e sono una società alfabetizzata. Per leggere l’ebraico basta imparare ventidue lettere, a differenza di centinaia o anche migliaia di glifi usati in alcune scritture antiche. Ci si aspettava che anche un bambino ebreo sapesse leggere quei concetti che potevano essere equivocati, travisati o usati in modo sbagliato e che dovevano essere trasmessi oralmente.

Ciò è particolarmente vero nel caso della reincarnazione. Rav Moshe Cordovero disse, “Coloro che sanno, non dicono e coloro che dicono, non sanno”. In altre parole, i segreti della reincarnazione sono mantenuti da coloro che non ne riveleranno i segreti fino al momento giusto.

Rav Menachem Posner, Chabad.org