Ammetto che era un po’ tardi per occuparsene, un venerdì pomeriggio, ovvero poche ore prima di Chanukkà. Ma non ero preoccupata: io vivo a New York, cioè la più grande città ebraica del mondo e lavoro a Manhattan, il centro del mondo dove si trova tutto a qualsiasi ora del giorno e della notte. E tutto ciò che desideravo, appunto, era una confezione di candeline per Chanukkà. Più facile di così…
Primo tentativo: «Dean and Deluca», una drogheria per intenditori con in fondo un grande reparto di articoli e prodotti alimentari. Sicura di me stessa, sorpassai la fila di clienti seduti al bar, esausti ma felici di pagare il triplo per un espresso o una ciotola di cereali, il cui acquisto li avrebbe incoraggiati a spendere ancora di più. Sicuramente, pensai, troverò lì le candeline per la festa al costo di pagarle tre volte il prezzo. Infatti, le loro candeline costavano venti dollari, ma erano a base di cera d’api, di un colorito un po’ spento– ciò donava loro un tocco di eleganza - avanzavano alcuni – ma a me non garbavano affatto. Erano senza dubbio belle da ammirare in una cucina rustica ma non si addicevano alla mia Chanukkià.
Tappa seguente: «Gate and Barrel» che contiene un reparto “feste”. Naturalmente, le ghirlande di agrifoglio e alberi natalizi con le pallemulticolori, il pupazzo di neve e personaggi barbuti col berretto rosso abbondavano. Ma come trovare le mie candeline in mezzo a quell’abbondanza che non mi suggeriva niente? Mi avvicinai ad un commesso: «Avete le candele di Chanukkà?» Riconosco che la mia domanda e me stessa eravamo leggermente fuori tema.
«Sicuro», mi rispose cortesemente, «da questa parte ma mi sa che abbiamo il tutto esaurito per quanto riguarda i candelabri». Mi guidò lontana dalla folla in direzione di un reparto che non avevo visto, proprio sulla sinistra dell’ingresso. Sì, c’erano confezioni di candele e potevo scegliere tra due colori: bianche o blu. Mi resi conto in quel momento che avevo un problema. Io volevo autentiche candele di Chanukkà a spirale, in una scatola blu con lettere ebraiche e l’illustrazione stilizzata di una menorà d’oro, miste ad altre candele di colori assortiti. Quand’eravamo piccole, mia sorella ed io, ogni sera della ricorrenza discutevamo animatamente sul colore di candele da usare. Alla mia età ero disposta a rinunciare al colore della scatola, ma non a usare candele che fossero o solo bianche o azzurre! Fuori questione!
Terza tappa: un negozio di articoli esotici. So quel che pensate: questa donna sta perdendo il suo tempo; farebbe meglio ad andarsene a Brooklyn nei quartieri ebraici e rifornirsi lì. Ma io ero quasi furiosa. Questa città è piena di ebrei! Questi negozi, che propongono una gamma di novecento tipi di decorazioni per gli alberi natalizi, non sono in grado di pensare ad offrirci di più in materia di candele di Chanukkà? Va bene, non sono decorazioni ma questo non vuol dire che debbano essere solo bianche o blu! Molto cortese, l’impiegato era anche molto flemmatico. Tornò con una manciata di candele avvolte in un semplice cellofan. Bianche. Erano tutte bianche. Girai i tacchi come per dirgli: «Vergognatevi». In realtà quella che doveva vergognarsi ero proprio io, che pretendevo di trovare oggetti ebraici in un negozio di mobili esotici e poche ore prima della festa.
Rassegnata, entrai nondimeno in una grande farmacia la cui preparatrice non fece alcun gesto per venirmi incontro: «No!», naturalmente rispose questa alla mia domanda.
Ultimo tentativo: «Sur la table», un negozio di utensili da cucina. Sapevo già benissimo che era inutile provare. Avevo l’impressione di voler autopunirmi. Forse per ridimensionare il mio ego. Attraversai tutto il reparto «feste». In fondo al negozio, trovai un impiegato riconoscibile dal suo grembiule e camicia bianca.
«Ehm, mi scusi, avete le candele di Chanukkà?» Mi lanciò uno strano sguardo. Evidentemente la mia domanda l’aveva un po’ scandalizzato. Era ebreo forse? Era filosemita? O forse no, era antisemita?
«Sì, lei è nel negozio giusto!» esclamò, una volta ripresi i sensi. Mi guidò fino ad una scatola che conteneva nove candele. Bianche naturalmente. Stavo per ricominciare con la mia solita solfa: «no, non voglio le bianche», quando lo vidi abbassarsi verso lo scaffale dove dovevano trovarsi le candele. Era vuoto. «Uhm, aspetti un momento» disse prima di assentarsi.
Ad un tratto mi sentii pervasa da una grande stanchezza. Mi dissi che sarebbe stato meglio andare a casa, ma quando riapparve un minuto dopo, portava un sacchetto blu. «Sa», mi confessò, «non sono un buon ebreo!»
Oh no, pensai, e questo cosa voleva dire?
-«Neppure io le avevo, le candele di Chanukkà. Ma l’altro giorno, vidi due Lubavitch, sa, quei giovani barbuti, con cappello nero, che distribuivano delle candele e raccomandavano di accenderle».
-«Sì li conosco», affermai.
- «Di solito attraverso la strada per evitarli, ma questa volta sono andato verso di loro e mi hanno dato due scatole. Ed eccone una per lei, se la vuole!»
- Davvero? Dovevo avere un calo di pressione – avrei dovuto ristorarmi un po’ prima – ma ero sul punto di sciogliermi in lacrime dopo queste vicissitudini.
Aprì il pacco per frugarci dentro. «Ecco! » dichiarò con tono trionfante tendendomi la confezione, sì proprio quella a cui sono legata dalla mia tenera infanzia! «Guardi! Mi hanno pure regalato una trottola! È sua, la prenda!»
Julie Subrin - L’Chaim
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