Nella Birkat Hamazòn, in Retzè (p. 91), si recita "Baal hayeshuòt”, ("B" nella prima parola), “u'Vaal hanechamòt” ("V" nella seconda parola).
Mio nonno ha commentato dicendo:
"Il posto dell'uomo non gli fa onore, anzi è l'uomo che onora il suo posto".
Il termine, kavòd, "onore", ha due implicazioni, uno è "Kavèd", "fegato", come dice la Torà, "il cuore del Faraone era kavèd ("pesante"), e i saggi commentano "il suo cuore è diventato come un fegato, freddo, insensibile".
L'altro significato è "Kavòd", "onore", a significare la rivelazione di una illuminazione totalizzante e superna.
"Il posto dell'uomo non gli fa onore"
Il posto e le circostanze non devono rendere l'uomo freddo e insensibile.
"L'uomo onora il suo posto"
L'uomo ha la capacità e il potere di illuminare l'ambiente ambiente ("il luogo") in cui si trova con la luce della Torà e della Avodà.
Quando l'anima scende nel corpo, le viene chiesto di giurare di essere uno Tzadik; questo giuramento, sh'vua, implica Sova, "sazietà"; la persona viene generosamente dotata di poteri per poter mantenere questo giuramento nel mondo materiale.
I poteri dati all'anima si ritrovano quindi intonsi nella persona che la possiede, in qualunque luogo si trovi.
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