È nostra usanza intingere fare l'hamotzì intingendo il pane nel sale per tre volte invece di spargere sale sul pane.
Durante il pasto festivo del secondo giorno di Shavuòt del 5621 (1861), lo Tzemach Tzedek narrò ciò che segue;
durante il pasto festivo del secondo giorno di Shavuòt del 5555 (1795), mio nonno (l'Alter Rebbe) disse;
durante il pasto festivo del secondo giorno di Shavuòt del 5528 (1768), il mio santo padrone e maestro (il Magghìd di Mezritch) disse:
"E conterete per voi, usfartèm lachèm".
La parola usfartèm, 'e conterete', ha la radice di sapirùt, splendore e luminosità. Usfartèm lachèm: il vostro lachèm, il 'voi stessi', deve essere luminoso.
Lo Tzemmach Tzedek continuò il suo racconto:
Mio nonno, l'Alter Rebbe, appoggiò allora la testa sulle sue mani e cantò il nigùn (melodia) delle Quattro Stanze con profonda dvekùt (devozione, unione con D-o).
Quando ebbe finito sollevò la testa e disse, in tono interrogativo:
"E con cosa uno deve illuminare il lachèm?", e quindi rispose:
con le sette settimane complete (il conteggio dell'Omer, letteralmente: "sette sabati"), ovvero raffinando i propri sette attributi emozionali, ognuno dei quali è incorporato in tutti e sette.
I sette attributi stessi dovranno diventare 'sette sabati', in quanto lo Shabbat non necessita di alcun raffinamento".
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