Non c'è molto da raccontare su Zlotchev, come tante altre piccole città, circa due secoli fa, Zlotchev aveva negozi, strade e molte case. Doveva esserci necessariamente un mugnaio per macinare il grano come pure sarti che cucivano vestiti. C'erano uomini robusti che si prendevano cura dei cavalli, e calzolai che facevano scarpe per la gente. C'erano contadini, e venditori ambulanti, carpentieri e geometri, maestri e scuole, ma Zlotchev non era famosa per alcuna di queste cose.

Zlotchev era famosa per il Tzadik, l'uomo giusto che vi viveva: Reb Yechiel Michil (che D-o benedica la sua memoria.)

Reb Michil di Zlotchev era uno di quei meravigliosi personaggi che hanno uno speciale sentimento per i poveri. Era sempre gentile con loro e li aiutava in tutti i modi possibili.

Quando arrivava la festa di Succot, Zlotchev si riempiva di gente arrivata per celebrarla con Reb Michil.

Simchat Torà era la giornata più entusiasmante di tutte.

Tutti sapevano che di Simchat Torà potevano accadere cose sorprendenti. Quando l'Arca Santa veniva aperta, ed i Sifrei Torà erano fatti uscire, sembrava che si schiudesse una porta verso un altro mondo, facendo intravvedere avvenimenti inusuali ed entusiasmanti.

Reb Yechiel Michil era molto severo su come le cose dovevano procedere di Simchat Torà. Ci sono esattamente sette hakafot (giri) da fare intorno alla Bimà ballando con la Torà. Ognuno di questi giri ha un significato estremamente profondo e Reb Michil non permetteva che venissero aggiunti ulteriori giri.

Le prime cinque Hakafot erano condotte dai cinque figli di Reb Michil, che egli definiva i suoi cinque libri della Torà. La settima Hakafà veniva condotta da Reb Michil stesso. Molti anni più tardi la gente ricordava ancora come Reb Michil usasse recitare le parole "Kadosh v'Norà" - "Santo ed Imponente" - tenendo la Torà tra le sue braccia. La sesta Hakafà era diversa dalle altre. Reb Michil chiamava a dirigere questa Hakafà un povero tra i presenti.

Ogni anno veniva chiamato qualcun'altro. Quando il poveruomo andava in circolo attorno alla Bimà, invocava Hashem dal più profondo del suo cuore, "Ozer Dalim, Hoshiya Nà", "Soccorritore dei poveri, salvaci!" Chiunque fosse chiamato a condurre questa Hakafà, invariabilmente, nell'anno successivo veniva benedetto da una enorme ricchezza. Quando la cosa di

venne nota, da ogni parte cominciarono a venire poveri a trascorrere Simchat Torà con Reb Michil, nella speranza che forse quest'anno essi avrebbero avuto la fortuna di condurre la famosa sesta Hakafà.

Con un tale afflusso di gente, tutta sospinta verso Reb Michil, la ressa nello Shul (tempio) divenne insostenibile con gran dispiacere di Reb Michil.

"Non siate così impazienti, Ebrei," usava raccomandare, "Vi ho tutti in mente e così anche Hashem, specialmente i poveri tra voi. Essi sono scolpiti nella Sua memoria, ed Egli li chiama "i Suoi amati figli". Perciò basta spingere! Volete rinunciare ad essere gli "amati figli" solo per diventare ricchi?"

Ai membri benestanti della comunità tutto questo non piaceva affatto. Uno di loro disse un giorno, Rebbe cosa c'è di male ad avere danaro? Forse che non siamo più figli di Hashem semplicemente perché durante la nostra vita abbiamo fatto un po' di soldi? È giusto? Solo perché siamo diventati benestanti Hashem non è più nostro Padre?"

Reb Michil sorrise: "Avete capito male." disse, "Se uno dei vostri figli fosse povero ed uno ricco, per quale dei due vi preoccupereste di più? Non vorreste forse aiutare quello povero, sempre che lo meriti, affinché anch'egli diventi ricco?"

Non a tutti piacque la spiegazione di Reb Michil, ma la maggioranza fu abbastanza onesta da accettarla. II più apertamente critico nei confronti di Reb Michil fu Avraham Shlomo Menashes, l'uomo più ricco di Zlotchev, ma ignorante, rude e molto autoritario.

Quando Reb Michil cominciò ogni anno, ad assegnare la Hakafà di "Ozer Dalim" fu l'inizio di una trasformazione in città. Reb Michil cercava di dare la Hakafà a persone degne, di buone maniere, e, se possibile, studiosi della Torà.

E così, anno dopo anno, ci fu un ricco in più e, contemporaneamente, l'importanza di Avraham Shlomo diminuì. Poco alla volta la gente cominciò a prenderlo sempre meno in considerazione e a obbedire sempre meno ai suoi "ordini". Si cominciò a prenderlo in giro, ed a burlarsi della sua ignoranza.

Avraham Shlomo non rimase però inerme. "Chi sono questi nuovi ricconi. Quale è la loro ricchezza?" andava gridando. "È soltanto grazie al Maggid (Rabbino, Maestro) che sono diventati ricchi. Di per se è gente che non vale nulla. Nulla!"

Un giorno Avraham Shlomo ebbe un'idea. Non tutto era perduto. Gli occhi gli brillarono quando cominciò a tessere il suo piano. "Ho trovato!" esclamò, "Gliela farò vedere. Non si burleranno più di me."

"Di cosa stai parlando?" gli chiese la moglie sorpresa. "Ho un piano. Sarò nuovamente l'uomo più ricco di Zlotchev. L'anno prossimo, di Simchàt Torà, prenderò io la Hakàfà di "Ozer Dalim. lo soltanto, e nessun altro." Sua moglie sospirò profondamente.

"Non essere sorpresa. Ho preso la mia decisione. Prenderò io stesso il Sefer Torà, e guiderò io la Hakafà. E così avrò la benedizione! Che provino a fermarmi. Che ci provino!"

"Saremo ricchi", gridò. "Due o tre volte più di adesso! Saremo come Rotschilds. II nome Menashes sarà conosciuto da tutti! E non soltanto a Zlotchev, ma in tutto il paese. lo sarò considerato un nobiluomo e tu sarai una dama", gridava eccitato.

Avraham Shlomo attese impaziente l'arrivo delle Feste continuando a pensare a ciò che avrebbe fatto esattamente. Infine arrivò Succot, e quindi, Simchat Torà. Ansiosamente, Avraham Shlomo si recò al tempio nel posto vicino all'Aron (Arca Santa). Non stava più in sé, le ginocchia gli tremavano per l'eccitazione in attesa del momento in cui Reb Michil avrebbe chiamato la sesta Hakafà, per "Ozer Dalim". Con massima determinatezza, Avraham Shlomo entrò in azione. Prima ancora che qualcuno potesse rendersi conto di ciò che stava accadendo, corse verso il Sefer Torà e lo agguantò. Tappandosi le orecchie contro ogni protesta, e tenendo la Torà con tutta la sua forza, iniziò a farsi strada a colpi di gomito fino alla Bimà al centro del tempio.

Col suo libro di preghiere fermamente stretto in una mano e il Sefer Torà nell'altra, andava cantando a gran voce "Ozer Dalim, Hoshiya Nà." Fervidamente,

Avraham Shlomo stringeva il Sefer Torà a sé, lo baciava e pieno di gratitudine teneva la mano sul soffice velluto bianco del suo mantello.

Saltando e ballando gioiosamente, Avraham Shlomo attraversò il tempio. Lacrime sgorgavano dai suoi occhi mentre immaginava sacchi pieni di oro ed argento che rovesciavano su di lui. Non aveva mai ballato con tanta devozione.

Dal suo posto Reb Michil osservava Avraham Shlomo, e scuoteva il capo. "Povero uomo", disse tranquillamente, "Mi fa pietà." Ma Avraham Shlomo non udì una sola parola. Dopo il Shul, Avraham Shlomo corse verso casa raggiante di eccitazione. 'Stiamo diventando ricchi. Stiamo diventando ricchi," disse a sua moglie. "Sono riuscito! Ho diretto la Hakafà di "Ozer Dalim" in Shul, questa sera, e ti prometto che domani lo farò nuovamente!"

E così fu. II giorno dopo, al momento di chiamare un povero per "Ozer Dalim", Avraham Shlomo nuovamente afferrò la Torà, ed iniziò a condurre il giro, recitando le parole con passione. Pieno di gratitudine ringraziò l'Onnipotente per avergli dato la possibilità di una giornata trionfale. Reb Michil scosse il capo nuovamente, e disse, "che peccato, cosa posso farci?"

Yom Tov arrivò al termine. Felice, Avraham Shlomo recitò la preghiera che separa il giorno festivo da quello feriale prevedendo, per la sua famiglia, un anno pieno di benedizioni. II giorno dopo recandosi in ufficio era impaziente di vedere i suoi profitti aumentare a dismisura. Tuttavia, appena arrivato, rimase terrificato nel vedere che il suo ufficio era tutto in disordine. Tutto era sottosopra. Sembrava proprio che dei ladri si fossero introdotti da una finestra durante Yom Tov, ed avessero ripulito tutto, rubando qualunque cosa di valore fossero riusciti a trovare.

Venne chiamata la polizia; mentre questa stava terminando le indagini, ecco arrivare un messaggero con notizie ancora peggiori. In Italia c'era stata una gelata precoce, i raccolti di uva, erano distrutti. Tutto il danaro che Avraham Shlomo aveva investito per produrre vino Kasher, sarebbe andato perso. "Ozer Dalim inizierà presto a dare i suoi frutti", pensò." Tuttavia, il giorno seguente portò notizie di disastri peggiori.

Le cose andavano di male in ...peggio. Qualunque cosa Avraham Shlomo intraprendesse, andava di traverso. Non passò molto tempo che egli stesso capì che tra breve sarebbe rimasto completamente senza denaro.

Disperato, decise di andare a trovare Reb Michil. "Non riesco a capire", disse al Rabbino. "Ho avuto la Hakafà di "Ozer Dalim" per due volte, ed invece di diventare ricco come tutti gli altri, sono diventato un povero." "Adesso ti spiego," disse Reb Michil. "Durante I'Hakafà pronuncio le parole "Ozer Dalim" con grande concentrazione. In particolare, prego per la povera persona che conduce la Hakafà, affinché venga benedetta con ricchezze. Quest'anno, tu hai strappato il Sefer Torà a qualcuno che lo meritava. Quando, ripetendo le parole dopo di te, chiedemmo ad Hashem di aiutare il povero, in Cielo videro un uomo ricco, non uno povero. Adesso devi diventare un povero, affinché le nostre preghiere possano avere un significato."

Avraham Shlomo abbassò la testa, rosso di vergogna, "R-R-Rebbe", balbettò. "non c'è alcuna speranza per me?"

Reb Michil scosse la testa. "Quest'anno sicuramente perderai tutto ciò che hai," disse lentamente.

"M-ma come farò a vìvere?" singhiozzò. "E la mìa famìglìa? Come farò a nutrirla?"

"Smettila di singhiozzare," disse il Rabbino. "Tu hai strappato il Sefer Torà, senza permesso. Per poter mangiare, dovrai imparare a chiedere".

Nessuno prendeva più in giro Avraham Shlomo. Quando passava, tutti scuotevano la testa in segno di pietà. Quando la sua famiglia fu in estrema indigenza, iniziò a mendicare per le strade e da un negozio all'altro, chiedendo qualche centesimo. La sua autorità passata era un sogno dimenticato.

Pieno di pentimento per la sua arroganza ed avidità, era ora riconoscente verso tutti coloro che adesso avevano pietà di lui. Quando il freddo era troppo intenso, si rifugiava nel Shul, si sedeva in un angolo oscuro, e recitava i Salmi col cuore infranto.

 

L'anno passò. Per Rosh Hashanà, Avraham Shlomo aveva completamente dimenticato di essere stato una volta considerato una persona importante. A Zlotchev, la gente pensava che le sue spaventose perdìte glì avessero fatto perdere la ragione.

Arrivò la sera di Simchat Torà. Come sempre, il Shul era pieno di poveri, ma fiduciosi, che speravano di riaevere la benedizione da Hashem. Reb Michil, come sempre, conduceva le Hakafot. Nel Shul c'era un cal

do torrido. Tutti gioivano e ballavano nello spazic affollato. Tutti, eccetto Avraham Shlomo, che stava seduto in un angolo recitando i Salmi. Improvvisamente, alcune mani si posero su di lui.

"Vieni", gli venne detto ad alta voce. "Cosa volete da me?" gridò.

"È ora della sesta Hakafà, "gli dissero, "Reb Michil ti sta chiamando".

Avraham Shlomo si sentì sospìnto da manì ìnvisibili. Non capìva neppure luì ciò che stava accadendo. Improvvisamente un Sefer Torà gli venne posto in mano. Rimase tutto confuso. Cosa stava accadendo?

"Su, comincia," gridavano le voci. "Cosa devo dire?" chiese.

"Qui". Qualcuno gli mise un libro di preghiere in mano, e gli indicò il punto. Confuso, attonito, il povero Avraham Shlomo solo con difficoltà riuscì a pronunciare le parole "Ozer Dalim Hoshiya Nà", "Soccorritore dei poveri, salvaci!"

Tutti si unirono al canto, compreso Reb Yechiel Michil, ripetendo le parole dopo di lui. Questa volta nessuno scosse la testa.

E così Avraham Shlomo divenne nuovamente ricco, ma aveva imparato la lezione. Non era più morso dal tarlo della avidità, ora trattava ogni persona col più profondo rispetto.

Invece di riassumere un atteggiamento autoritario aprì la sua nuova casa ai poveri, e la sua tavola non fu maì senza ospìtì e offrì a tuttì il suo aìuto e sostegno. Inizìò a frequentare tutti ì giornì i corsi di ìnsegnamento in Shul, e dì Simchat Torà se ne stava ben lontano dalI'Aron Kodesh, lasciando la Hakafà di "Ozer Dalim" a coloro che ne avevano bisogno.