La parashàt Bereshìt, ove viene narrata la genesi del mondo e dell’umanità, si conclude con queste parole “E Noè trovò grazia agli occhi del Sign-re”. Perché, a quel punto, Hashèm non ha dato avvio immediatamente alla formazione del popolo ebraico tramite il giusto e buono Noè? Inoltre, il nome Noach-Noè, che dà il titolo alla parashà, significa “riposo”, “ tranquillità”. Nonostante ciò, le vicende riportatevi sembrano, di primo acchito, tutto fuorché tranquille e consolatrici: il Diluvio Universale doveva abbattersi sull’umanità che non era stata all’altezza del suo ruolo; seguì la maledizione di Cam e la dispersione dei popoli con l’episodio della Torre di Babele.
In che cosa consisteva, dunque, la missione fondamentale che avrebbe condotto alla nascita del popolo ebraico e al Dono della Torà sul Sinai? Da una più attenta lettura dei fatti si riscontra che in realtà il nome Noach è più che adatto: il cataclisma geologico aveva come scopo quello di guarire la spiritualità malata dell’umanità. In effetti, il mondo antidiluviano era giovane e tutte le forme di vita possedevano il vigore della giovinezza, come dimostra la longevità umana di quell’Era. Ma questa giovinezza era fragile: pur crescendo e sviluppandosi, le creature non maturavano, non progredivano. Lo stesso fenomeno si riproduceva parallelamente nella sfera spirituale: con quelle peculiarità comportamentali già plasmate e immutabili, le norme sociali divennero corrotte e le popolazioni si ritrovarono in una spirale che le portò irrimediabilmente nella direzione sbagliata.
Uno Strumento Riparatore.
Il diluvio rovesciò la situazione. Infatti le acque rammollirono la terra rendendo più morbida e flessibile la realtà fisica, più ricettiva alla rinnovazione. Il “nuovo mondo” che si presentò a Noach quando usci dall’Arca, era accarezzato da brezze e venti di teshuvà- ritorno ad Hashèm, dei quali tutti gli esseri viventi potevano usufruire. E D-o dichiarò: “Mai più ci sarà un mabùl (diluvio) che distruggerà la terra”. Questo non implicava che Do si sarebbe definitivamente riconciliato coi peccatori e tanto meno che ammetteva di aver commesso un errore facendo sommergere la terra dalle piogge. Semplicemente, Egli asseriva di aver trasformato la realtà in modo tanto radicale che questa non avrebbe più avuto bisogno di sconvolgimenti geofisici e spirituali della portata del diluvio. Ora l’umanità era stata dotata di strumenti propri per potersi correggere da sé.
L’alluvione biblica rappresentava la metamorfosi essenziale alla realizzazione dell’obiettivo della Creazione, ovvero la divulgazione della coscienza divina di fare della Terra una “residenza naturale per il Sig-re”. Ed era altresì necessaria per gettare le basi della genesi del popolo ebraico. Il messaggio di speranza della Torà è che non è mai troppo tardi per redimersi, che D-o ci aspetta sempre a braccia aperte e che possiamo sempre ricominciare da capo o proseguire la nostra missione divina con risultati che, erroneamente, ci sembrano impossibili da ottenere.
Le Acque Purificatrici.
Il messaggio di questa parashà mantiene eternamente la sua pertinenza nella nostra vita. Di fronte a situazioni particolarmente difficili, è utile ricordare che, come per il Diluvio Universale, lo scopo delle prove è di purificarci e raffinarci. Alla stregua di Noach, che non si lasciò impressionare da quelle gigantesche ondate e che si tenne in piedi, irremovibile, stoico, sicuro della sua fede, anche noi possiamo uscire indenni dalle
sfide della vita, nonché guariti e rafforzati. Concentrandoci sulle opportunità forniteci proprio dagli ostacoli possiamo usare le nostre potenzialità per trasformare le acque distruttrici in “acque di Noach”, tranquille e riposanti. Se, come Noach, ricorriamo alla capacità di ribaltare le situazioni a nostro favore, saremo in grado di rendere il mondo un ambiente più sensibile e ricettivo alla coscienza divina che condurrà all’attuazione della nostra missione in terra: portare la venuta
del Mashiàch.
Tratto da Likutè Sichòt
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