Noach: Vedere o Non Vedere

E Noach, l’uomo della terra, si degradò e piantò una vigna. E bevve il vino e si ubriacò, e si denudò nella sua tenda. E Cham, padre di Chena’an, vide la nudità di suo padre e lo disse ai suoi fratelli, all’esterno. E Shem e Yàfet presero la veste, la misero sulle spalle di entrambi e camminarono all’indietro, e coprirono la nudità del loro padre; e i loro volti erano girati all’indietro e non videro la nudità del loro padre.” (Genesi 9:20-23)

Leggendo questo passo si nota l’apparente ridondanza dell’ultimo verso: “…e i loro volti erano girati all’indietro e non videro la nudità del loro padre”. Non è forse evidente, a meno di non avere occhi dietro la testa, che se i loro volti erano girati non potevano vedere la nudità del padre?

La Torà sceglie e utilizza ogni singolo vocabolo con estrema precisione ed anche le parole apparentemente superflue di questo versetto hanno un significato e ci vogliono trasmettere un importante insegnamento.

Un Garbato Rimprovero

Il santo Baal Shem Tov insegna: “Se vedi del male nel tuo prossimo, stai osservando il male che è in te”. Come uno specchio, che riflette solo ciò che gli si pone di fronte, così quello che percepiamo nell’altro non è che un riflesso di quello che possediamo in noi. In altre parole, le persone tendono a proiettare i propri problemi, difetti, mancanze e insicurezze negli altri, valutandole come dovrebbero fare per se stessi per migliorarsi.

Il fondamento di questo concetto è semplice. In base al principio della Provvidenza Divina, tutto ciò che ci succede – qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, in qualsiasi modo e con qualsiasi persona – è orchestrato da D-o con uno scopo preciso. È proprio quel preciso incontro che apporta un beneficio a chi ne è protagonista. Dunque, se il Sign-re ci ha condotti in un contesto in cui scorgiamo un difetto in qualcuno, si tratta di un modo garbato per avvisarci che è giunto il momento di guardare in noi stessi.

Perché allora non dircelo direttamente, invece che attraverso i difetti altrui?

Purtroppo, il “parlarci” direttamente non funzionerebbe in maniera impeccabile perché noi, esseri umani, siamo per natura poco inclini ad accettare le critiche di buon cuore. Se non avessimo modo di notare il male negli altri, non arriveremmo mai a scorgerlo in noi.

Abbiamo visto che il principio fondamentale del Baal Shem Tov è la Provvidenza Divina, per cui se la data cosa non ci riguardasse, D-o non ci darebbe l’opportunità di osservarla. Ma è proprio sempre così? Vedere un difetto in un’altra persona significa sempre che stiamo guardando noi stessi?

Non potrebbe invece voler dire che dobbiamo semplicemente aiutarla a correggersi? Sarebbe anche rassicurante, poiché ne conseguirebbe che non tutto il male che ci viene messo di fronte esiste in noi.

Però, non è così, o per meglio dire, non sempre. Infatti, se l’unico scopo di scorgere le mancanze altrui fosse quello di aiutare gli altri a migliorarsi, non le considereremmo come qualcosa di “male” ma le vedremmo solo in funzione della necessità di aiutare l’altro, e non avremmo modo di migliorare noi stessi.

Lo Specchio e La Finestra

Immaginiamo di vedere qualcuno andare oltre un cartello in cui è scritto in caratteri giganteschi: ATTENZIONE PERICOLO. NON SUPERARE QUESTO LIMITE. Sotto gli occhi inorriditi dei passanti, costui si ritrova in pericolo. In questo momento critico, quando si può ancora fare qualcosa per salvarlo, dovremmo dilungarci a riflettere sulla scarsa intelligenza di quest’uomo - Non ha visto il cartello? Vuole fare l’eroe? – o passare immediatamente all’azione e tentare di salvarlo?

Queste diverse reazioni ed attitudini mostrano chiaramente se quello che vediamo negli altri è o non è un riflesso di ciò che siamo noi.

Se ci fermiamo a giudicare, allora è noi che dobbiamo giudicare. Se consideriamo il prossimo come l’imputato di un processo, l’imputato siamo noi e l’altra persona non è altro che uno specchio che ci rimanda indietro l’immagine oggettiva di quello che siamo. E merita la nostra riconoscenza per averci dato modo di scoprire una parte di noi stessi.

Se invece vediamo il prossimo come un ferito che ha bisogno di essere soccorso, qualcuno che possiamo e dobbiamo aiutare, stiamo guardando da una finestra e non più in uno specchio.

E Noach, l’uomo della terra, si degradò e piantò una vigna. E bevve il vino e si ubriacò, e si denudò nella sua tenda”: non vi è dubbio che Noach commise un errore, esattamente come non vi è dubbio che aveva bisogno di aiuto. “E Cham, padre di Chena’an, vide la nudità di suo padre e lo disse ai suoi fratelli”: Cham scelse di giudicare e mercanteggiare; non scelse di agire. “E Shem e Yàfet presero la veste, la misero sulle spalle di entrambi e camminarono all’indietro, e coprirono la nudità del loro padre”: Shem e Yàfet scelsero di agire. “E i loro volti erano girati all’indietro e non videro la nudità del loro padre”: essi non giudicarono, non si attardarono a pensare sul fatto che il loro padre fosse completamente svestito. Stavano osservando Noach da una finestra.