Mentre rimaniano sempre in contatto con gli organi della stampa più o meno ufficiali e con i nostri cari in Eretz Israel - dai quali possiamo capire lo stato reale della situazione - non possiamo non fare il nesso naturale tra l'attuale periodo e la Parashà che leggiamo, quella di Noach con la sua storia del diluvio e l'arca.
In gran parte del mondo 'Am Israel è in mezzo ad un diluvio, gli spettri dell'antisemitismo da molti creduto ormai "di una volta" si sono ripresentati senza alcuna differenza. Con diverse scuse legate a Israele o meno si trova il modo per far sì che 'Am Israel sia diverso da tutti gli altri popoli.
Bisogna riconoscere che la Torà stessa fa riferimento alla solitudine del popolo d'Israel come qualità positiva. Essere legati ad Hashèm "senza se e senza ma" anche alla faccia di ogni avversità immaginabile è un buon motivo per essere "soli".
Questa è la storia di Noach, l'unica persona moralmente onesta in un mare di disonestà, di corruzione e di vigliaccheria, che ha perseverato e si è salvato dall'ira Divina.
Ma la storia non conclude con Noach. Alla fine di questa Parashà sorge il sole. Il sole ha un nome e si chiama Avrahàm.
Se di Noach è detto che "camminava con il Sign-re" di Avrahàm il Sign-re disse "cammina dinnnanzi a Me".
Noach "vedeva" il Sign-re al proprio fianco e così procedeva, nonostante tutto.
La fiducia di Avrahàm faceva sì che poteva camminare anche "davanti" ad Hashèm e cioè a occhi chiusi e con fede e fiducia assoluti.
Noach ha salvato sé stesso. Avrahàm non si occupava di salvare ma di aprire, di costruire, di dare e di amare.
Eccoci qui, proseguiamo sulla strada di Avrahàm.
Shabbàt Shalom
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