Quarto Giorno di Channukà, 5703
Saluti e benedizioni,
]…[ La Ghemarà afferma (Shevuot 39°) che “Tutti gli ebrei sono ‘arevim’ l’un l’altro”. Il Rebbe shlita (il Rebbe precedente – n.d.t. ) offre tre interpretazioni sulla parola ‘arevut’ da cui deriva il termine ‘arevim’ del versetto:
a. “dolce”, ossia, ciascun ebreo deve considerare dolce un altro ebreo;
b. “avvinghiato”, ossia, ogni ebreo è legato ad un altro ebreo;
c. “responsabilità reciproca”, ossia ogni ebreo è responsabile per tutti gli altri.
Attraverso la Torà unica, gli ebrei diventano una nazione connessa a D-o, che chiamiamo il “nostro S-gnore” e Che è Uno;
È auspicabile che lei non si accontenti di perseguire il suo proprio benessere ma che diventi invece parte di coloro che portano merito alla collettività del popolo e che partecipi con tutti i suoi mezzi alla larga serie di attivita di Machané Israèl (un settore delle attività di Chabad Lubavitch) – n.d.t.).
Come il Rebbe Shlita ha spesso annunciato, siamo nell’ultima fase dell’esilio e la Torà e la teshuvà sono gli unici mezzi per alleviare le doglie del Mashiach (i momenti difficili e di sofferenza per l’umanità che precedono l’avvento messianico – n.d.t.).
L’amore che un ebreo deve provare nei confronti di un altro ebreo esorta il cuore a provare sentimenti di grande compassione nei confronti di coloro che non hanno ancora fatto teshuvà.
Dalla rivista che riceverà allegata a questa lettera potrà individuare più facilmente l’aspetto delle nostre attività da cui le è più congeniale cominciare. Prima di intraprendere un lavoro tutto può sembrare difficile, ma mano a mano che si procede ci si rende conto che, l’aiuto di D-o, è possibile ottenere risultati.
In attesa di una sua risposta solerte, concludo con la benedizione “subito verso la teshuvà, subito verso la redenzione”.
Rabbi Menachem Schneerson
Tratto da“I Will Write It In Their Hearts” Volume 1, Lettera n. 42
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