Mio figlio di quattro anni mi picchia. Gli ho spiegato che è un comportamento inaccettabile, che dobbiamo esprimerci con le parole e non con la forza fisica. La sua risposta alla mia domanda “Dimmi, cosa vuoi?” è stata “Voglio darti uno schiaffo”. Sa che sbaglia ma non smette. Cosa posso fare?

Hai reagito in maniera appropriata dicendogli chiaramente che questo comportamento è inaccettabile e incoraggiandolo ad esprimersi con le parole e non con l’aggressione fisica, però stai constatando che non funziona e non basta, e fai anche bene a non rassegnarti e a chiedere cosa puoi fare di più. La Torà proibisce categoricamente ai figli di picchiare i genitori, ciò trasgredisce il comandamento di rispettare i genitori ed erode le fondamenta della loro autorità.

A volte i bambini piccoli non sono in grado di identificare i propri sentimenti e di esprimerli a parole e allora mettono in atto una reazione fisica, come un neonato che, per esprimere le sue necessità, piange. Dobbiamo aiutare noi i piccoli a dire quello che sentono, verbalizzando e dando un nome ai vari stati d’animo. “Mi sembra che tu adesso sei arrabbiato con me. Hai il diritto di essere arrabbiato ma non di picchiarmi, mai. Vediamo cosa puoi fare per calmarti quando ti senti così.” Questa reazione aiuta il bambino a collegare le sensazioni che sta provando con il loro significato. La rabbia è un sentimento difficile da gestire, anche per noi adulti, e non è mai troppo presto per abituare i figli a gestirla in maniera opportuna e con reazioni adeguate.

Vi sono alcune attività che possono aiutare un bambino di quattro anni a calmarsi: colorare, pedalare la bicicletta o il triciclo, guardare un libro o ascoltare una storia letta da te. Elabora una lista di queste attività insieme a lui, scrivi le sue idee o fai dei disegni. Ogni volta che mette in atto uno di questi comportamenti appropriati per calmarsi, attacca uno sticker nella riga dell’attività corrispondente e dopo un po’ di volte fagli notare i suoi progressi.

Dopo che si è calmato e ha ripreso l’autocontrollo, puoi incoraggiarlo a dire anche cosa lo ha irritato. Forse eri impegnata in qualcosa e non potevi rispondere ai suoi tentativi di richiamare la tua attenzione? C’è qualcosa di più profondo che lo disturba (l’arrivo di un nuovo fratellino, un cambiamento in atto in famiglia o qualcosa che ti rende meno disponibile)? Non è specificato nella tua lettera se questo suo comportamento aggressivo è diretto solo a te o anche agli altri famigliari. È un elemento importante da verificare.

Tutti noi ci arrabbiamo. Lo scopo non è quello di vietare a tuo figlio di arrabbiarsi ma di renderlo in grado di controllarsi quando questo succede e i miei suggerimenti sono volti proprio ad aiutarti ad incanalare la sua ira ed aiutarlo a gestirla.

Acquisire una nuova abilità, in particolar modo se questa richiede la padronanza di sé, è un’ardua impresa che richiede perseveranza. Nel frattempo, ogni volta che tuo figlio perde il controllo di sé, ricordagli in maniera ferma che ha superato il limite e che ora deve andare nella sua stanza e prendersi una pausa (una sorta di “pausa di riflessione”). Continua a rifiutare ogni richiesta che sia accompagnata da calci o pugni.

Di Tzippora Price, per concessione di chabad.org