Migliaia di Ebrei americani profondamente impegnati nelle arti - musica, pittura, letteratura, poesia, danza - hanno riscoperto nella loro eredità profonde fonti di espressione artistica. Quelli che seguono sono alcuni approfondimenti nella mitzvà degli tzitzìt di Mel Alexenberg, artista e Presidente delle Belle Arti nel Pratt Institute.

Sono tratti da saggi pubblicati nel catalogo della mostra Lights/OROT allo Yeshiva University Museum, allestita dal Center for Advanced Visual Studies dell'Istituto di Tecnologia del Massachusetts (MIT). Mel Alexenberg è stato il curatore di questa mostra.

L'opinione di un artista

Io credo che la definizione di arte per gli europei ebrei e non-ebrei sia non solo diversa ma opposta. Possiamo comprendere questa grande differenza paragonando il termine ebraico per artista con il termine nelle altre lingue. La parola inglese « art » è la radice delle parole « artificiale » e « artefatto ». La parola latina « ars » e la parola tedesca « kunst » come pure i termini per arte in tutte le lingue europee si riferiscono ad imitazione, copia, contraffazione, e falsificazione. Il termine ebraico per « artista », in netto contrasto, è lo stesso termine per verità, fede, abilità, istruzione.

Nella mia qualità di artista io penso in termini di forme e di rapporti formali. Vedo la più vigorosa affermazione del punto di vista ebraico negli tzitziot, le visibili frange che pendono dai quattro angoli del nostro scialle di preghiere, il tallìt. Vedere gli tzitziàt è il principale obbligo visivo o mitzvà ordinatoci dalla Torà: « Il S-gnore parlò a Mosè, dicendo: Parla ai figli di Israele e dì loro di farsi delle frange agli angoli dei loro indumenti attraverso le generazioni, e di mettere nelle frange di ogni angolo un filo azzurro. Lo avrete come una frangia, in modo che quando lo guardate vi ricordiate di compiere tutti i comandamenti di D-o» (Numeri, 15:37-39).

Il filo azzurro è un raggio di luce che scende dai cieli. Passa attraverso quattro serie di spirali che formano le parole « D-o è unico ». Le otto trecce si uniscono in un nodo tra ogni serie di spirali e infine si dividono come i bracci del candelabro menorà. A differenza del rettangolo e dei cerchio che sono forme chiuse, le spirali e le braccia sono estremità senza fine aperte alla vita e alla crescita.

Infatti la Torà stessa viene scritta e letta da un doppio rotolo a spirale come il DNA a doppia elica in cui è codificata tutta l'informazione sulla vita. Noi non adempiamo ai nostri obblighi religiosi se leggiamo la Torà da un libro rettangolare, a forme di codice.

L'infinita luce della Torà dev'essere posta in una spirale senza fine, in un rotolo che si riavvolge in cicli annuali come un nastro di Mobius. Il termine Sefer Torà significa «Rotolo della Bibbia ». La parola sefer è simile alla parola spirale. lo non credo che ci sia una dimostrazione più chiara di un messaggio come mezzo di classificazione. La forma e il contenuto si uniscono per trasmettere un messaggio che è fondamentale per l'ebraismo.

Quando io indosso il tallith ogni mattina, recito il passo del Salmo 104, « Tu Ti avvolgi nella luce come in un abito ».

Nella mostra, il soffitto del museo sarà coperto con un baldacchino di stoffa simile ad un tallith, con quattro grandi cordoni tzitziot pendenti da ciascuno dei suoi quattro angoli. Le proiezioni laser su questo baldacchino mostreranno trasformazioni di lettere ebraiche come pura, coerente luce. Il filo azzurro in ciascuna delle tzitziot porterà luce attraverso le fibre ottiche rifrangendosi in 6.000 puntini di luce simili alle stelle. Mi sarebbe piaciuto avere 6.000.000 di punti luminosi come ricordo degli Ebrei vittime dell'Olocausto, ma ci sarebbero voluti 4.000 tzitziot invece di quattro!

Gli tzitziot simboleggiano l'intero messaggio dell'Ebraismo. La tradizione ci dice che il valore numerico della parola tzitzìt (600) unita alle otto trecce e ai cinque nodi equivale ai 613 precetti della Torà. 1 giri a spirale tra i nodi (7-8-11-13) sono l'equivalente numerico (ogni lettera ebraica ha un valore numerico) delle parole « D-o è unico ». Il messaggio è riportato anche nella struttura e nella forma degli tzitzìt. Il nodo unisce tutti e otto i fili; è una forma integrativa come la Stella di David che integra l'alto e il basso, il maschile e il femminile, il cielo e la terra, ecc. Questa forma convergente però, si apre a nuove potenzialità nella forma a spirale aperta alla fine come lo stesso rotolo della Torà. Quattro nodi si aprono in spirali. Il quinto nodo si apre nell'estendersi alle braccia di tutti i filamenti come le braccia del candelabro menorà. Tanto i sistemi delle spirali che delle braccia sono sistemi aperti all'estremità di crescita e di vita, come la doppia elica della molecola del DNA e la forma ramificata del nostro sistema circolatorio e nervoso.