Mitzvà (precetto) è un idioma di Tzavtà, "unirsi", "attaccarsi".
Chiunque esegue un mitzvà si unisce all'Essenza stessa di D.o, Sia Egli Benedetto, Colui che ha comandato di fare le mitzvòt.
Questo è il significato di "La ricompensa di una mitzvà è la mitzvà stessa".
Potere unirsi, tramite la mitzvà, all'Essenza del Infinito En Sof, Colui che l'ha comandata, è di per sé la massima ricompensa.
Quanto sopra può essere meglio compreso con un'analogia nel mondo fisico:
una persona molto semplice si sente un "niente" quando si trova davanti a un grande sapiente.
Il saggio, a sua volta, non percepisce il sempliciotto perchè non realizza quale tipo di legame o rapporto ci possa essere tra di loro.
Quando il saggio chiede al semplice di fare qualcosa per lui, quel comando porta il sempliciotto a "essere".
Nella sua auto-percezione ora non è più una nullità, ma un "qualcuno" che è stato interpellato da un sapiente che gli ha dato degli ordini da compiere e delle istruzioni da seguire.
Anche agli occhi del grande sapiente il sempliciotto ora "esiste", ora egli è un "qualcuno" con cui il saggio sta parlando e istruendo.
Per di più, un comando coinvolge indissolubilmente chi comanda e chi esegue e quindi inevitabilemnte li unisce, è una unione che si crea sempre, indipendentemente dall'impegno o dalla grandezza dell'ordine impartito.
L'analogia è evidente.
È chiaro come nell'analogia citata non faccia alcuna differenza di quale comando si tratti, sia che esso riguardi qualcosa di grande ed elevato o qualcosa di piccolo e semplice.
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