E Moshé, il servo di D-o, morì… (Deut. 34, 1)
Una volta viveva un uomo molto povero. Tutto ciò che possedeva era una vecchia giumenta, un piccolo carro e una vanga. Con queste povere cose aveva intenzione di recarsi sulle colline per raccogliere della sabbia. Voleva riempire pochi sacchi di sabbia che, caricati sul carrettino, avrebbe portato in città per venderli. Era un duro lavoro quello di raccogliere la sabbia e caricarla fino in città e la rendita sarebbe stata poca, ma il pover’uomo era assai motivato a farlo: avrebbe potuto, comunque, sfamare un poco i suoi figlioli e prendere anche qualcosa per sua moglie.
Un giorno, mentre il pover’uomo stava affondando la vanga nella sabbia, lo strumento batté contro qualcosa di duro.
"Questa è la fine della sabbia" disse l’uomo a se stesso, perché pensò di aver raggiunto la dura roccia. Immaginate la sua sorpresa quando, invece di trovarsi di fronte a un blocco di pietra, estrasse la vanga piena di oro! Togliendo via quello che restava della sabbia, si trovò davanti a una vera e propria montagna d’oro! Il pover’uomo non riusciva a credere ai suoi stessi occhi.
Dopo essersi ripreso dalla sorpresa, vuotò i sacchi dalla sabbia e li riempì con l’oro, ne prese quanto più possibile, non dimenticando che avrebbe dovuto caricarne la sua povera e stanca giumenta.
"Ora, mia cara giumenta – disse alla bestia – tu potrai ritirarti. Non ci saranno più carichi pesanti di sabbia da trasportare per te. Potrai riposare in modo confortevole e avrai tutta l’avena che desideri. Sai che cos’è l’avena? Bene, non ci sarà più fieno secco per te. Sarai la giumenta più felice della città".
Come ebbe detto queste parole all’animale subito la mente del pover’uomo si volse alla famiglia. Non avrebbero mai più patito la fame! I bambini sarebbero andati a scuola, sua moglie sarebbe stata occupata nel prendersi cura della casa e lui stesso sarebbe stato seduto a imparare tutto il giorno e a cantare lodi al Signore.
Quando ebbe caricato l’oro sul carro, cominciò a preoccuparsi di doverlo trasportare alla luce del giorno. La gente avrebbe visto che non trasportava sabbia, avrebbe potuto incontrare malintenzionati e ladri. Così decise che non era sicuro mettersi in cammino subito, sarebbe stato meglio attendere che scendesse la notte.
A casa, nel frattempo, tutta la sua famiglia era addolorata. Sua moglie e i bambini lo attendevano, erano affamati e preoccupati, perché il sole era tramontato, ma lui non era ancora tornato a casa. Ormai la moglie era certa che gli fosse accaduto qualcosa di terribile; magari era sepolto sotto una montagna di sabbia, il Cielo lo vieta?
Era calata la tenebra. Lei accese una lampada e continuò ad attendere, pregando il Signore affinché suo marito fosse salvo.
Proprio allora sentì il rumore del carretto di suo marito. Il marito entrò in casa con un sacco sulle spalle, lo appoggiò lo aprì e le … d’oro si sparsero per tutto il pavimento della casa con fragore.
La moglie, spalancando gli occhi per la sorpresa, annaspò, emise un gemito e crollò al suolo: la povera donna era morta.
Più tardi domandarono all’uomo: "Perché quando tu hai scoperto l’oro e hai visto che era molto, non sei morto per la sorpresa e per lo shock, mentre tua moglie è morta?".
L’uomo rispose: "Quando scoprii l’oro, vidi che era una montagna. Io sapevo che non avrei potuto portarlo via tutto. Questo mi rattristò perché, tranne quel poco che la mia giumenta era in grado di reggere, avrei dovuto lasciarne la maggior parte dove l’avevo trovata. I miei sentimenti erano contrastanti: l’eccitazione era mista alla tristezza. Ma quando portai un sacco pieno d’oro a casa, mia moglie non sapeva che ve ne era molto di più che non sarebbe mai stato nostro; lei ne vide una quantità tale che non aveva mai neppure sognato e le sembrò che tutto l’oro del mondo fosse diventato suo. L’eccitazione fu troppo forte per lei".
Quando l’insegnate terminò di raccontare, disse: "Sapete, bambini, perché vi ho raccontato questa storia? L’ho fatto perché possiate comprendere meglio il nostro Grande Maestro Mosè. Moshé Rabbenu fu il più grande profeta che mai visse, come dice la Torà nei suoi versetti conclusivi. Egli fu l’uomo che si trovò più vicino a D-o, e fu il più saggio e il più studioso. Eppure la Torà ci insegna che fu il più umile tra gli uomini! Sapete cosa significa? Significa che Mosè realmente credeva di non essere abbastanza saggio, di non temere abbastanza D-o, di non avere abbastanza meriti. Era realmente convinto che tutto il resto del popolo ebraico, di cui era il pastore, fosse più meritevole di lui.
Ora, come è possibile che il più grande e il più saggio tra tutti gli uomini potesse pensare di non essere tale e di no avere abbastanza meriti? La risposta è semplice.
Vedete, proprio perché Mosè fu così vicino a D-o, sapeva che qualsiasi livello di saggezza avrebbe potuto raggiungere sarebbe stato veramente piccolo in confronto con la Fonte della Saggezza. Come l’uomo fortunato che scavava la sabbia che scoprì una montagna d’oro e fu in grado di portarne via solo una piccola parte… Così Mosè vide i grandi tesori della saggezza che sono presso D-o, ma non poté impararne che una piccolissima parte, come una goccia nell’oceano.
E così, bambini, capita a tutti gli uomini veramente saggi. Essi sanno che qualsiasi cosa possano imparare è pochissimo ed esiste un tesoro di saggezza senza fine, la Saggezza Divina. È folle colui che pensa di conoscere ogni cosa, ritenendo che la piccola conoscenza che lui ha sia tutto il sapere del mondo".
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