È scritto nel Talmùd, alla fine del trattato Makòt che ci sono 613 precetti biblici, 248 mitzvòt, comandamenti positivi ovvero mitzvòt che richiedono un azione da parte nostra e 365 comandamenti negativi, azioni proibite. Le 248 mitzvòt positive corrispondono ai 248 arti del corpo umano e ogni arto, per così dire, richiede l’osservanza di un precetto. Le 365 mitzvòt negative invece, corrispondono ai 365 giorni dell’anno solare e ogni giorno ci ingiungono a non trasgredire una proibizione al giorno.
Nella sua prefazione al Sefer Hamitzvòt, Maimonide offre quattordici principi guida che ci aiutano a capire quali precetti della Torà sono inclusi nel conteggio e quali sono esclusi. Egli cita questi principi nel testo, mostrando come arriva ai numeri 248 e 365.
1o Principio
1. Non includere precetti Rabbinici in questa lista. Ad esempio, accendere le candele di Chanukkà o dire Hallèl.
Sembra ovvio, poiché il Talmùd dice che le 613 mitzvòt “sono state date a Moshè al Sinai” e le mitzvòt rabbiniche sono state istituite più avanti nel tempo. A dire il vero, seguiamo i precetti rabbinici per via di un ordine biblico: “Non devierai dalla parola che essi ti diranno, nè a destra nè a sinistra” (Deuteronomio 17:11). Pertanto prima di fare una mitzvà rabbinica, diciamo una benedizione dove ringraziamo D-o per “santificarci con i Suoi comandamenti e comandarci di ...”.
Ciò nonostante, i precetti rabbinici non sono inclusi nel conteggio dei 613 (e sono considerati in una categoria che ha diversi risvolti halachici).
2o Principio
2. Non includere leggi che derivano da uno dei Tredici Principi dell’esegi della Torà.
Ogni parola e ogni lettera nella Torà è precisa, e i Saggi dedurrono numerose leggi semplicemente da una lettera o una parola in più o mancante; oppure da un’ordine specifico che la Torà sceglie di usare. Tuttavia, a meno che i Saggi dicono esplicitamente che una legge particolare che hanno scoperto, è considerato biblico, non viene incluso nella lista di 613 precetti.
Per esempio, l’obbligo di dare onore agli suoceri è un precetto derivato dalla parola aggiuntiva et nel vesetto. Nonostante la Torà allude al concetto, non è considerato un comandamento biblico.
3o Principio
3. Non contare mitzvòt che non sono obbligatorie per tutte le generazioni. Ad esempio le leggi riguardo lo smantellamento del Tabernacolo o la proibizione di dichiarare guerra su Amòn e Moav, una direttiva che era applicabile solo agli Israeliti nel deserto.
4o Principio
4. Il conteggio non include direttive omnicomprensive.Ad esempio “E osserva il Mio patto” (Esodo 19:5) o “Riguardo tutto ciò che ti Ho detto, e farai attenzione...” (Ibid. 22:30), o “E sarete un popolo santo per Me” (ibid. 23:23).
Versetti che non ci danno istruzioni per un’azione particolare che parlano dell’obbligo di osservare tutti i precetti della Torà, non sono inclusi nella lista dei 613 comandamenti.
5o Principio
Il motivo per una mitzvà non è un conteggio a parte.
A volte, la Torà menziona il motivo per un precetto con termini che potrebbero dare a intendere che si tratta di un precetto indipendente, mentre in realtà è solo una spiegazione del suo fondamento logico.
Ad esempio, “Egli non dovrà lasciare il Santuario e non profanerà gli oggetti santi del suo D-o” (Levitico 21:12). Non profanare ciò che è santo non è un comandamento, bensì è il motivo per cui il kohen non può lasciare il Santuario. Oppure, “Il suo primo marito, che l’ha mandata via, non può prenderla in moglie di nuovo...e non porterai peccato nel paese” (Deuteronomio 24:4). Anche in questo caso “portare peccato nel paese” non è un divieto indipendente, infatti è un motivo per cui un uomo non può risposare la moglie che ha divorziato, se lei si è sposata con qualcun’altro nel frattempo.
6o Principio
Una mitzvà che include aspetti positivi e negativi viene contata come due mitzvòt.
Ad esempio, vige il divieto di riposare di Shabbat e di astenersi dal lavorare in questo giorno. Di Yom Kippùr siamo tenuti ad ‘affligerci’ e a trattenerci dal mangiare. Nonostante l’infrazione di ciascuno di questi comandmenti equivale al trasgredire l’altro, se mangi di Yom Kippùr non ti sei aflitto; se lavori di Shabbat, non hai riposato; tuttavia queste sono considerate due mitzvòt distinte.
7o Principio
7. Non sono inclusi nel conto i diversi modi nel quale la mitzvà viene applicata.
Ad esempio una persona che involontariamente contamina il Tempio Santo o cibi santi deve portare un sacrificio (Levitico 5). Se ha i fondi necessari, è tenuto a portare una pecora o una capra, altrimenti porta due uccelli; se è indigente, porta un’offerta di farina. Tutto ciò è considerata una mitzvà, quella di portare il sacrificio del peccato nel caso questa particolare trasgressione venga fatta, anche se il come varia a seconda della situazione della persona.
8o Principio
Non includere affermazioni negative nella lista di precetti proibiti.
La parola ebraica "lo" significa sia “non” che “non deve” e solo le ingunzioni a “non fare” sono considerate proibizioni. Quindi l’unico modo per distinguere tra i due, è studiare il contesto della parola.
Alcuni esempi: “Ella non sarà liberata come gli schiavi che saranno liberati” (Esodo 21:7). Questo verso non è un divieto, bensì ci informa che i dettami che obbligano la liberazione dello schiavo Cananita non si applicano alla domestica ebrea. Ciò detto, se il proprietario la può liberare, se vuole.
Oppure, “Affinché egli non sia come Korach e il suo gruppo” (Numeri 17:5). Questa non è una proibizione, bensì un avvertimento che chiunque osi contestare il sacerdozio dei discendenti di Aharòn, avrà la stessa sorte di Korach e la sua schiera.
9o Principio
Non contare le volte che un comandamento è menzionato nella Torà, ma solo l’atto proibito o comandato.
Alcuni comandamenti sono ripetuti diverse volte nella Torà. Ad esempio, il comandamento di riposare di Shabbat viene menzionato dodici volte mentre il divieto di consumare sangue viene ripetuto sette volte. Nondimeno, quando si contano le 613 Mitzvòt, si includono azioni proibite o vietate, una volta.
(Le eccezioni alla regola sono quei casi dove i Saggi hanno dedotto che ripetere un comandamento particolare ha lo scopo di proibire o dare istruzioni riguardo un’altra azione. In tal caso, il verso [apparentemente] ripetitivo viente contato come una mitzvà a parte, perché di fatto sta dando istruzioni riguardo un concetto diverso da quello menzionato nel primo versetto.)
Da notare che si contano le azioni proibite espressamente menzionati nella Torà, e non quante volte sono menzionate. A volte la Torà menziona un divieto usando termini generici, se esso include più di un’azione. Ad esempio, “Non mangerai sopra il sangue” (Levitico 19:26). Questo ci insegna di non mangiare la carne di un sacrificio prima che il sangue viene spruzzato sull’altare; di non mangiare nessuna carne di un animal eprima che la sua anima (che si trova nel suo sangue) è completamente defunto; che chi fa parte di una corte non può mangiare nel giorno quando pronunciano una sentenza di morte e altri. Tutte queste azioni sono proibite ma non fanno parte delle 613 mitzvòt perché non sono menzionate nella Torà.
10o Principio
10. Non contare un’azione preliminare come una mitzvà a sè.
Per esempio, “Prenderai farina fine e ne farai dodici pani” (Levitico 24:5). Anche questa non è una mitzvà indipendente ma un presupposto per la mitzvà di mettere i pani sul Tavolo nel Santuario. Similmente “Comanda i figli d’Israele ed essi porteranno a te olio d’oliva puro” (ibid. 27:2) non è incluso nel conteggio delle 613 mitzvòt perché è un’introduzione alla mitzvà di accendere la Menorà del Tempio ogni giorno.
11o Principio
Se una mitzvà è composta da diverse parti, non contarle separatamente.
Ad esempio, “E prenderete per voi il primo giorno [di Sukkòt], il frutto di un albero bellissimo, la foglia di palma, il mirto e salici del ruscello” (ibid 23:40). Questi elementi distinti insieme creano un’unica mitzvà, quella di portare le Quattro Specie. Pertanto, vengono contate come una mitzvà.
12o Principio
Quando c’è un comandamento di fare una certa azione, non contare ogni azione separatamente.
Ad esempio, “Essi faranno per Me un santuario” (Esodo 25:8). C’è una mitzvà di costruire un santuario per D-o. Per adempiere a questo obbligo è necessario costruire un’arca, una Menorà, gli altari e tutti gli altri componenti; tutti questi sono dettagli della mitzvà complessiva di costruire un santuario per D-o, e non mitzvòt distinte.
13o Principio
Non sono inclusi i giorni nel quale una mitzvà viene osservata.
Ad esempio, durante i sette giorni di Sukkòt siamo tenuti a dimorare in una sukkà, questa viene considerata una mitzvà, non sette. Di Rosh Chodesh vige la mitzvà di portare un sacrificio speciale al Tempio, e questa è una mitzvà, non dodici. E ancora, tre volte all’anno siamo comandati di fare un pellegrinaggio al Tempio, ma viene contata come una mitzvà, quella del pellegrinaggio, e non tre.
14o Principio
Non si contano le punizioni per ogni trasgressione.
La Torà dettaglia diverse punizioni che le corti possono dare: quattro tipi di pene capitale, punizione corporale, retribuzione economica, penalizzazione dei sacrifici ecc.
Ogni tipo di punizione è considerata una mitzvà a sè, ma non si conta la punizione per un peccato particolare come parte dei 613.
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