Il giorno di Kippùr, chiamato comunemente Yom Kippùr o Yom Hakippurìm, è il giorno destinato dalla Torà per espiare i peccati commessi nel corso dell'anno sia nei confronti di Dio che nei confronti degli uomini. La data in cui cade Yom Kippùr, il 10 di tishrì, non è ovviamente casuale.

Dopo aver rotto le Tavole della Legge a causa del peccato del vitello d'oro, Moshé ascese al monte Sinai per riprendere delle nuove tavole mentre il popolo ebraico si dedicava alla preghiera e al pentimento. Dopo quaranta giorni Hashèm accettò la teshuvà (penitenza) del popolo ebraico e permise a Moshé di portare ai figli di Israèl i precetti appresi e poi trascritti sul Sinai. Moshé scese dal monte proprio il 10 di tishrì; per questo motivo questa data fu scelta da Hashèm come il giorno della teshuvà, cioè il giorno in cui Egli accetta il pentimento del popolo ebraico.

A questo proposito il Midràsh racconta: «Rabbi Eli'ezer ben Beterà disse: "Quaranta giorni rimase Moshé Rabbenù sul monte Sinai. Questi quaranta giorni gli servirono per commentare e spiegare ogni passo della Torà. Poi, Moshé prese ciò che aveva scritto, cioè i Dieci Comandamenti e scese il 10 del settimo mese, ossia il giorno di Kippùr, e portò le Tavole della Legge al popolo ebraico"».

La mitzvà principale di Yom Kippùr è quella della teshuvà che ha il potere di annullare le colpe dell'uomo in quanto annulla le pene divine e cancella le trasgressioni commesse.

Una forza particolare risiede nella teshuvà dei bambini. Si racconta che il Maghìd di Dubna dicesse ai bambini: «Da voi che siete giovani dipende la vita del popolo ebraico, così come quella dei vostri genitori. I genitori hanno il dovere di educare i figli, ma poi saranno questi ultimi a portare la vita ai genitori grazie all'educazione ricevuta». Se nel giorno di Kippùr i figli riescono a pregare con sentimento, se i bambini riescono anche loro a fare un po' di teshuvà per le cose che hanno fatto, se sanno recitare un po' di tefillà, significa che hanno ricevuto una buona educazione ebraica dai genitori, per i quali si apriranno le porte della misericordia divina. È come se Hashèm osservasse questi bambini e dicesse: «Se i figli riescono a pregare significa che veramente i genitori hanno dato loro qualcosa di positivo».

Per cui, anche se i bambini sono esentati dall'osservare le mitzvòt fino a tredici anni, i maschi, e dodici anni, le femmine, è bene che anch'essi imparino a fare teshuvà fin da piccoli e a pentirsi per le azioni negative commesse. È importante, soprattutto, insegnare loro a pentirsi di una cosa: della loro mancanza di rispetto nei confronti dei genitori.

Secondo un'opinione presente nel Midràsh e nella Qabbalà, quando arriverà Mashìakh tutte le feste ebraiche scompariranno e non verranno più rispettate; solo Yom Kippùr (secondo alcuni anche Purìm) rimarrà in eterno. È infatti scritto: e questa sarà per voi come regola eterna (ibid. 31).

Sempre secondo il Midràsh, un'altra particolarità di questa ricorrenza è che essa è l'unico giorno dell'anno in cui il Satàn (l'angelo del male) non può nuocere al popolo ebraico. Infatti, il valore numerico (ghematrìa) della parola Satàn è 364, come i giorni dell'anno solare meno uno _ appunto Yom Kippùr.

Il Midràsh racconta che Dio disse al Satàn: «"Tu non sei autorizzato a toccare il popolo ebraico, ma ciononostante va' a vedere in che cosa è impegnato". Il Satàn quindi andò e trovò che tutto il popolo ebraico era a digiuno e pregava. Vide che tutti erano vestiti di colore bianco ed erano avvolti nel tallìt come sono avvolti gli angeli serafini. Subito il Satàn tornò pieno di vergogna alla Presenza Divina. Hashèm gli disse: "Cosa hai visto?" ed egli rispose: "Ho visto che tutti loro sono come degli angeli serafini e io non posso fare nulla". Allora, immediatamente, Hashèm lo annullò e annunciò al popolo ebraico: "Vi ho perdonato"».