Domanda: Ho sentito in una lezione che la mitzvà del sacrificio di Pesach shenì fu data dal Sign-re dopo che le persone impure che non poterono portare il sacrificio del primo Pesach si rivolsero a Mosè. Come mai questa mitzvà non è stata comandata direttamente dal Sign-re nella Torà come tutte le altre mitzvòt?

Risposta: Perché Pesach Shenì rappresenta la forza della teshuvà, ovvero la forza di "tornare" e correggere le proprie mancanze del passato e trasformarle, anche retroattivamente, in meriti. Questo processo non può venire direttamente dalla Torà stessa poiché essa definisce ciò che è volere e ciò che non lo è dinanzi a D-o, e quindi non considera il caso di una mancata osservanza di un precetto Divino.

La mitzvà di Pesach Shenì può quindi nascere solamente come una risposta Divina a una richiesta profonda dell'anima, che va oltre, per modo di dire, alla Torà; il forte desiderio di avvicinarsi a D-o, che fuoriesce dalle viscere piùprofonde dell’anima, trascende gli sbagli ed i meriti, e quindi ha la forza di riparare il passato e di cambiare una mancanza in un merito.

Domanda 2: Ho letto che i nostri avi non portarono il sacrificio pasquale durante i loro anni trascorsi nel deserto, e questo fu per loro una ‘vergogna’. come mai non si lamentarono di ciò come fecero quelli che ricevettero la mitzvà di Pesach Shenì?

Risposta: Il motivo è semplice, il Sign-re stesso comandò che il sacrificio pasquale venga portato solamente “quando verrai nella terra che il Sign-re ti darà" Esodo, 12,25., l'osservanza di Pesach in Egitto e quella nel deserto l’anno dopo, erano quindi eccezioni alla regola, comandati espressamente dal Sign-re. La risposta è nella storia di Pesach Shenì. Un gruppo di ebrei si trovarono in uno stato tale da assolverli dal dovere di portare l’offerta Pasquale secondo la legge della Torà.

Eppure essi rifiutarono di rassegnarsi a questa realtà. La loro richiesta sincera "perché dovremmo essere deprivati?" influenzò il Signre a stabilire una nuova festività, quella del Secondo Pesach, dando l'opportunità a loro e a tutti coloro che si trovassero in una situazione simile in generazioni future di "presentare l'offerta di D-o nel suo tempo, tra i figli d'Israele".

Ed è questa la "vergogna" di quei 38 anni senza Pesach nel deserto. Come mai il popolo Ebraico si rassegnò al decreto Divino? Come mai accettarono questo vuoto nel loro rapporto con D-o? Come mai non pretesero un'opportunità di servirLo nel modo più completo e migliore? Sono più di mille e novecento anni che i nostri Pesach sono incompleti. Mangiamo la matzà e le erbe amare, beviamo i quattro bicchieri di vino e chiediamo le quattro domande, ma l'essenza di Pesach, ossia il sacrificio Pasquale, manca dalla nostra tavola del seder.

La lezione di coloro che non hanno potuto partecipare al primo Pesach della storia è chiara: il Sign-re desidera e si aspetta da noi che ci rifiutiamo di rassegnarci al decreto dell'esilio, e alla diminuzione del Suo intervento rivelato nelle nostre vite. Egli desidera e si aspetta che prendiamo d'assalto i Cieli con la supplica e la richiesta: "perché dovremmo essere deprivati?"

Adattato dagli insegnamenti del Rebbe di Lubavitch, per gentile concessione di Chabad.org