Selichòt
Si recitano le selichòt, preghiere di supplica, la mattina presto; dopo shachrìt - la tefillà del mattino - si recita l’hataràt nedarìm, l’annullamento dei voti. Le selichòt recitate oggi sono leggermente più lunghe di quelle recitate nei giorni precedenti, in alcune sinagoghe esse vengono recitate subito dopo la tefillàt shachrìt, del mattino, mentre in altre, vengono recitate prima.
Nella Torà è ricordato solo un ta’anìt, digiuno: quello del giorno di Kippùr: Nel decimo giorno del settimo mese sarò il giorno dell’Espiazione… e affliggerete le vostre persone (con il digiuno) (Vayiqrà 23, 27).
Rambam dice che tale disposizione è stata data perché l’afflizione apre le porte alla teshuvà, allorché ci si rivolge a D-o con la preghiera al fine di ottenere il suo perdono.
Nel volgere del tempo, però, il numero dei digiuni, decretati fin dall’epoca del Giudici, andò aumentando.
Spesso i profeti, però, fanno presente al popolo che il digiuno, da solo, non è sufficiente: bisogna pregare il Signore e confessare le proprie colpe, chiedere misericordia e perdono (selichà).
Quando il popolo era oppresso dai rimorsi e non poteva continuare a sopportarli, interveniva il profeta o chi era alla guida di Israel e intercedeva presso il Signore.
In Yesha’yà troviamo, per esempio: Lasci l’empio la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri e si converta all’Eterno che avrà pietà di lui, al nostro D-o che è lungo nel perdonare (Yesha’yà 55, 7).
Anche nella ‘Amidà troviamo le parole: Selach lanu Avinu – Perdona a noi, nostro padre.
Si comprende, così, come nel tempo si siano fissate via via preghiere speciali per chiedere perdono soprattutto nei Dieci Giorni Penitenziali –quelli che intercorrono tra Rosh Hashanà e Yom Kippùr.
È uso degli askenaziti recitare Selichòt anche a partire da una settimana prima di Rosh Hashanà, mentre i sefarditi cominciano da Rosh Chodesh elul, perché in quel giorno Moshé salì sul monte Sinai per ricevere una seconda volta le Tavole della Legge.
Clicca qui per il testo delle selichòt in Ebraico.
Tachanùn
Le preghiere confessionali di tachanùn non vengo recitate oggi, come accade in ogni data festiva del calendario ebraico. Essendo oggi la vigilia di Rosh Hashanà, siamo certi che il Sign-re giudicherà ogununo di noi in un modo positivo e che ci benedirà con un anno buono e dolce.
A differenza degli altri giorni del mese di Elùl, oggi non si suona lo shofàr per differenziare tra i suoni del mese di Elùl, quando si suona lo shofar ogni giorno secondo l'usanza, e i suoni di Rosh Hashanà che sono una mitzvà stabilita nella Torà.
Un altro motivo per il quale non si suona lo shofar nella vigilia Rosh Hashanà è per confondere le idee del Satan, l'accusatore che prepara il suo 'caso' contro di noi per il Giorno del Giudizio. Il suono dello shofar è un'arma potente della quale disponiamo poiché è un simbolo del corno d'ariete che è stato sacrificato invece di Yitzchak, e, pertanto esso evoca il merito dei nostri Patriarchi e i sacrifici che essi fecero per via del loro amore profondo per il Sign-re.
Quando il Satan vede che siamo talmente sicuri della nostra vittoria nel Giorno del Giudizio che non sentiamo la necessità di usare lo shofar egli si confonde e teme di non aver successo con il suo caso.
L'Annullamento dei Voti
Dopo la tefillà del mattino è usanza fare un rituale conosciuto come Hataràt Nedarìm, l'annullamento dei voti, per abrogare alcune promesse fatte e iniziare il Giorno del Giudizio senza promesse che non sono state mantenute.
Alcuni tipi di promesse che una persona ha accettato su se stesso possono essere abrogati da una corte di tre persone. In molte comunità vige l'usanza di fare questo processo davanti a dieci individui. La persona si avvicina all'assemblea e dichiara di aver possibilmente accettato delle promessse ma che se avesse saputo che non gli sarebbe stato possibile mantenerle non le avrebbe mai accettate. In seguito gli viene detto tre volte che le sue promesse sono annullate.
L'usanza corrente è di recitare dei versi stampati nel siddùr poiché quei versi descrivono i vari tipi di promesse dettagliatamente.
La hataràt nedarìm si svolge nel seguente modo: Quattro o undici uomini si riuniscono. Uno di loro si alza di fronte alla commissione di 'giudici', che rimangono seduti, e chiede loro di annullare i suoi voti, cosa che essi fanno. Dopo di ciò la persona si siede e un altro membro della commissione si alza e e chiede che i suoi voti siano annullati e così via.
Nelle comunità Sefardite vige l'usanza di abrogare i propri voti due volte l'anno, quaranta giorni prima di Rosh Hashanà, il 19 di Av, e quaranta giorni prima di Yom Kippùr, il 1 Elul.
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