In questo periodo dell'anno, lo spirito della Teshuvà è intensamente sentito nelle comunità ebraiche. Salutiamo l'anno che sta per finire, compenetrati dallo spirito della Teshuvà nei giorni delle Selihòt. E questa disposizione di spirito è pure presente quando, nei Dieci Giorni del Pentimento, ci prepariamo a ricevere l'anno nuovo. E il giorno più santo del calendario, Yom Kippùr, segna il vertice dell'anno che inizia facendoci sentire ancora una volta che la Teshuvà è il fulcro della vita ebraica.
Cosa è veramente la Teshuvà, questo potere, uno dei maggiori, che l'ebreo ha ricevuto dal Creatore?
La Mitzvà della Teshuvà. La Teshuvà si divide in due parti: la sincera contrizione per gli aspetti negativi — le mancanze — del passato, e la ferma determinazione di essere, in futuro, migliori.
Ciò che si realizza con la Teshuvà. La parola Teshuvà deriva da una radice ebraica che significa "ritorno", e prospetta, come scopo, il ritorno ad un primitivo stato di purezza. Permette al pentito di "riabilitarsi" e di essere di nuovo gradito al Sign-re, per cui "diventa nuovamente degno agli occhi di D-o, di ricevere la Sua grazia, di essere amato da Lui, come prima del peccato" Quando il pentimento è profondo e sincero, l'uomo pentito può plasmare il suo futuro, affinché sia senza macchia, non solo per quanto riguarda le azioni, ma anche le parole ed i pensieri.
Ciò che la Teshuvà ha di meraviglioso, è che può cancellare le mancanze del passato; il suo potere è retroattivo Poiché, per quanto l'uomo non possa più influire sul suo passato, D-o, Che è fuori del tempo e trascende i limiti temporali come ogni altro limite, ha fatto sì che nella Teshuvà ci sia quella particolare, meravigliosa qualità che permette all'uomo d'influire anche sul suo passato. Con questo speciale potere della Teshuvà, l'uomo può non solo neutralizzare ed annullare il passato, ma può perfino invertirlo, in modo che diventi positivo! Può accadere per esempio che chi è immerso nello spirito della Teshuvà, provi una tale amarezza per i passati errori e per aver mancato ai propri doveri spirituali, da dedicarsi con speciale fervore allo studio della Torà ed alla preghiera. In un simile caso, sono le mancanze stesse che hanno rafforzato la sua fede nel Signore; perciò, esse vengono considerate qui "come se fossero meriti" ,
Sebbene chi si pente può sentire una certa amarezza, questa non dovrebbe essere disgiunta da un sentimento di gioia e di felicità, per due ragioni: Secondo Maimonide, l'ebreo deve compiere ogni Mitzvà con gioia, perché ogni Mitzvà è il compimento di un Precetto Divino. Dato che la Teshuvà è una Mitzvà, essa deve essere realizzata con gioia.
Inoltre, la natura stessa della Teshuvà è tale che v'è posto per ambedue i sentimenti d'amarezza e di gioia; amarezza e rabbia per "l'anima animale" che ha degradato l'uomo e l'ha fatto peccare; gioia, per il fatto che con la Teshuvà, la sua "Anima Divina" ritorna al Padre suo.
Start a Discussion