Molti santi maestri, prima di diventare Rebbe, viaggiarono in incognito attorno agli shtetlach (villaggi d’Europa orientale, abitati quasi interamente da ebrei) investigando sulle condizioni nelle quali vivevano gli ebrei; come guadagnavano da vivere; quanta Torà studiavano e se compivano veramente il comandamento di amare il prossimo.

Mendele, destinato a diventare Rebbe di Vishnitz (1830-1885) cominciò a viaggiare dall’età di 13 anni. Viaggiò per due anni attraverso la regione di Podolia in Polonia. Quando giungeva in uno shtetl specifico, una bambina di otto anni veniva sempre a salutarlo. Correva per dargli il benvenuto, lo invitava a seguirla a casa, e portava fuori una piccola tavola, una sedia, qualche dolce ed una bottiglia di vino. Gli cantava: “Siediti all’ombra della mia casa e mangia qualche dolce e bevi un po’ di vino”.

Lui riposava nella piccola sedia fuori della casa della fanciulla. Mentre mangiava e beveva, lei cantava e danzava. Era cosi felice di nutrirlo. Egli cominciò a contare sulla sua ospitalità e lei aspettava impazientemente queste visite. Un giorno, in mezzo alle danze e ai canti, egli la chiamò: “Quale è il tuo nome, dolce bambina?”. Ella rispose “il mio nome è Rivkele. Qual’è il tuo?” Il mio nome è Mendele”.

Rivkele continuò “Promettimi Mendele che quando passerai da qui ti fermerai per un po’ di dolce e vino”. Mendele le promise che non avrebbe dimenticato, e Rivkele continuò ad attendere le sue visite.

Mendele ritornò a Kosov a casa di suo padre, Rebbe Chaim. Venne arrangiato il matrimonio fra lui e Miriam figlia del Rebbe Yisroel di Ruzhin, a condizione che si impegnasse a studiare per i seguenti dieci anni. Quando compì venticinque anni fu invitato ad assumere la guida chassidica di Vishnitz.

Col passare degli anni Rebbe Mendele di Vishnitz divenne famoso in tutto il mondo. I suoi seguaci credevano che le sue preghiere curavano i malati, che le sue attenzioni ed il suo interessamento guarissero le anime infrante. La gente fluiva a Vishnitz da tutte le parti per ricevere il suo consiglio e la sua benedizione.

Quando Rivkele compì diciotto anni, venne colpita da una malattia che la paralizzò completamente. Il suo canto gioioso cessò. I suoi genitori cercarono l’aiuto dei dottori più eminenti, ma essi furono incapaci di suggerire una cura alla sua malattia.

Rivkele rifiutò di arrendersi. Continuava a sperare che avrebbe potuto danzare ancora. La gente che passava nel suo shtetl parlava entusiasticamente di un certo Rebbe Mendele di Vishnitz, le cui preghiere li aveva curati. Ella si ricordò che il nome dei suo amico straniero era Mendele. Rivkele immaginò che era diventato il famoso Rebbe Mendele.

Implorò i suoi genitori di portarla da Rebbe Mendele per una benedizione. “Ho la sensazione che lo straniero ambulante che sostava in questa casa durante i suoi viaggi - colui al quale servivo dolce e vino quando ero piccola, colui per il quale ho danzato e cantato - è Rebbe Mendele. Vi prego portatemi a vederlo”.

I genitori di Rivkele la derisero. “Come fai a sapere che lo straniero ambulante è Rebbe Mendele? E anche se così fosse, che ne sai che avrà tempo di vederti? Che ne sai se ti curerà? Pensi che potrà ricordare una bimba piccola conosciuta anni fa?” Rifiutarono di considerare la possibilità che Rebbe Mendele di Vishnitz potesse aiutare la propria figlia. Anni passarono. Rivkele bramava di vedere il suo amico speciale. I suoi genitori restarono scettici sulla possibilità di una cura per lei.

Un giorno, Rivkele si rivolse ai suoi genitori con voce gentile ma inflessibile. “lo so che Rebbe Mendele era lo straniero ambulante per il quale danzai e cantai da bambina. Mi promise che non mi avrebbe mai dimenticato. So che mi può aiutare. Durante tutti questi anni in cui sono rimasta costretta a letto, ho pensato che valga lo sforzo di recarsi a visitarlo. Sono determinata a fare questo viaggio. Se non mi porterete a vedere Rebbe Mendele, troverò un altro modo di arrivare a Vishnitz, anche se dovessi trascinarmi per tutta la strada da sola. Ho la sensazione che lui mi curerà”.

I genitori di Rivkele cedettero finalmente al suo appello. Il giorno seguente, la portarono sul calesse e i cavalli partirono alla volta di Vishnitz.

Quella notte Rebbe Mendele uscì dalla sua stanza privata nel retro dei Bet Midrash (sala di studio). Avvicinò due studenti e sussurrò loro “sto aspettando un’amica speciale entro pochi minuti. Presto, portatemi un piccolo tavolo e una piccola sedia e ponetela dove mi siedo abitualmente. Mettete una bottiglia di vino e un po’ di dolce. Poi accendete tutte le candele e disponetele intorno al Bet Midrash. Voglio che lei si senta benvenuta. Chiamatemi quando la mia amica speciale arriverà».

Quando il calesse di Rivkele finalmente arrivò i due discepoli corsero a chiamare il Rebbe, ed altri due a salutare l’amica speciale dei Rebbe. I suoi genitori la alzarono dal retro dei calesse e la portarono nel Bet Midrash, distendendola delicatamente per terra.

Rebbe Mendele non aveva visto la sua amica speciale per più di dieci anni. Lentamente, si alzò dalla sua sedia per riconoscere la sua presenza, poi si abbassò al suolo e cominciò a cantare solennemente. «Rivkele, mia amica speciale, sono cosi felice di vederti. Non ho mai dimenticato un momento come usavi danzare e cantare per me. Non ho mai dimenticato un momento come mi portavi del dolce e una bottiglia di vino. Non ho mai dimenticato un momento la tua gentilezza ed ospitalità».

Improvvisamente Rebbe Mendele si volse via da Rivkele. Disse: “Ribbono shel olam, Padrone dell’Universo! Non posso sopportare la pena di Rivkele più a lungo di così! Non vedi come soffre? Non ricordi come usava danzare e cantare, come mi portava una bottiglia di vino e un po’ di dolce? “.

Rebbe Mendele pregò. Gemette e fremette. Si rivolse gridando con angoscia intensa al Padrone dell’universo perché la curasse. Rimase sul pavimento vicino a Rivkele per lungo tempo. I discepoli erano silenziosi. Osservarono il loro Rebbe intensamente. I genitori di Rivkele erano silenziosi. Erano ancora scettici. Solo la voce implorante delle preghiere tormentate di Rebbe Mendele, era intesa nel Bet Midrash quella notte.

Finalmente, Rebbe Mendele sussurrò dolcemente: “Rivkele ti ricordi come usavi incontrarmi al confine dello shtetl, come usavi invitarmi a venire a casa tua? Fece una pausa per pochi momenti, poi seguitò. “Rivkele, puoi farlo di nuovo adesso. Voglio che mi porti quella piccola tavola e quella piccola sedia. Voglio che mi servi da bere vino e un po’ di dolce. Voglio che lo fai adesso.”

Rivkele lottò per sollevare le sue spalle dal suolo. Lentamente piegò le sue ginocchia e si tirò su. Cautamente, camminò verso la piccola tavola e la piccola sedia e le mise davanti a Rebbe Mendele. Egli si alzò da terra e si sedette sulla piccola sedia. Rivkele gli servi il dolce ed il vino.

Gli occhi risplendenti di Rebbe Mendele rivelarono a Rivkele che D-o non aveva mai dimenticato la sua ospitalità verso uno straniero.