Uno dei discepoli più vicini a Rabbi Yoel Sirkish (il Bac”h) si chiamava Refael ed era una persona benestante che faceva molta Tzedakà, prima di fare qualsiasi gesto, andava a consigliarsi con il suo fedele rabbino.

Un giorno si recò da Rabbi Yoel un oste disperato per chiedere aiuto: erano anni che egli affittava la locanda dove lavorava e ora c’era una persona che stava cercando di affittarla a sua volta, facendogli perdere la sua attività e il suo lavoro.

“Vai da Refael il mio discepolo!” disse Rabbi Yoel all’oste, “e chiedigli a nome mio di aiutarti e di parlare con il padrone della locanda per farti restare. Sono certo che, con tutti gli agganci che ha, egli ti possa dare una mano per risolvere il tuo problema”. L’oste fece come Rabbi Yoel gli aveva detto e si diresse verso la casa di Refael. In quei giorni si svolgeva una grande fiera e ogni giorno era importante per gli affari di Refael. Dopo che l’oste gl ebbe chiesto aiuto, Refael gli rispose che se ne sarebbe occupato subito dopo la fiera.

L’oste però non si calmò: “Può essere che in questi pochi giorni il padrone della locanda accetti la proposta dell’altra persona e che io rimanga senza lavoro!! Cosa ne sarà di me, di mia moglie e dei miei figli?!”, esclamò l’oste.

Refael però non sembrava aver intenzione di cambiare i propri programmi: “Gli alimenti della persona sono prefissati a Rosh Hashanà e nessuno può toccare ciò che D-o ha destinato al prossimo”, rispose Refael all’oste, cercando di calmarlo con parole di incoraggianti.

Quando l’oste vide che non c’era verso di far cambiare idea a Refael, lo ringraziò per la sua disponibilità nell’aiutarlo dopo la fiera e se ne tornò a casa molto preoccupato. Giunto a casa, l’oste fu accolto dalla moglie, che era ansiosa e preoccupata per il loro futuro quanto il marito. Quando lui le riferì che Refael avrebbe provato ad aiutarli solo dopo la fiera, la moglie si spaventò e ne fu talmente angosciata da sfogarsi sul marito:

“Fannullone! Come hai potuto lasciare il ricco Refael in pace? Dovevi insistere di più! Cosa succederà se intanto la locanda ci verrà soffiata?!...

I giorni successivi furono dei giorni di apprensione per l’oste e per la sua famiglia. Ma tutto è bene ciò che finisce bene: Refael andò dal proprietario della locanda e riuscì a convincerlo di lasciarla nelle mani dell’oste.

Gli anni passarono e Refael restituì la propria anima al Creatore. Molti vennero al suo funerale e rimpiansero l’uomo che fece grandi atti di generosità e beneficenza, colui che non respinse nessuno che si trovasse in difficoltà.

Anche Rabbi Yoel Sirkish stesso venne a portare onore al suo fedele discepolo.

Una settimana dopo il decesso, Refael venne in sogno al suo fedele rabbino. Il suo racconto dal mondo a venire era sbalorditivo: “Quando arrivai dinanzi al tribunale celeste incontrai anime che non trovavano pace nell’attesa del giudizio: tra loro c’erano anime che conoscevo in vita. Una di esse, ad esempio, era quella del macellaio che non fece attenzione e mise in vendita della carne non kasher. Quando arrivò il momento del suo giudizio, andò dinanzi al tribunale celeste.

C’erano vari animali tra cui alcuni cani, che abbaiavano accusando il macellaio di aver loro rubato il pasto e di averlo venduto agli ebrei come carne kasher. All’improvviso si udì una voce che si rivolse al macellaio: “Come hai osato cibare di carne non kasher i miei figli!”

“A quel punto però si udì un angelo difensore che raccontava del fatto che il macellaio aveva già fatto teshuvà e che si era pentito delle sue cattive azioni, e nell’ultimo period della sua vita aveva donato tutti i suoi averi ai poveri. Il tribunale accettò di assolvere il macellaio e fu portato nel palazzo di coloro che hanno fatto teshuvà.”

“Quando giunse il mio turno, mi ritrovai impaurito dinanzi al tribunale: la sentenza arrive dopo poco e alla fine ne uscii meritevole e fui portato da un gruppo di angeli nel Gan Eden.”

“Alle porte del Gan Eden però c’era un angelo che mi bloccava. ‘Chi sei tu? E perché non mi fai entrare?’, gli chiesi. ‘Sono l’angelo che hai creato con il favore che tu facesti all’oste permettendogli di continuare la sua attività commerciale’, rispose l’angelo. La risposta mi confuse ulteriormente: perché allora mi stava bloccando l’entrata alle porte del Gan Eden?!”

L’angelo allora si spiegò: ‘è vero che hai aiutato l’oste, ma forse non sai quanta sofferenza gli hai causato, facendolo aspettare fino alla fine della fiera. Hai pensato alle lacrime che la moglie ha versato? E alla sofferenza dei figli in quei pochi giorni di dubbio?”

“Cercai di giustificarmi ma non servì a nulla: mi venne detto che la beneficenza che feci all’oste era stata danneggiata e che avrei dovuto riparare, attendendo fuori dalle porte del Gan Eden tanti giorni quanto durò la fiera e quanto feci aspettare l’oste.”

Rabbi Yoel raccontò questo sogno dicendo: “da qui possiamo vedere quanto una persona deve fare attenzione a ogni mitzvà, senza trascurarne nemmeno una, in particolar modo riguardo le mitzvòt relative alla vita del prossimo.

Tratto da Sichat Hashavua n.870