La maggior parte delle persone vedono il matrimonio come il legame fra due persone che condividono valori e obbiettivi comuni. Dopo il matrimonio, mentre ci si ama e, da un certo punto di vista, ci si sente uniti, i coniugi sono comunque considerati due individui separati. Nel pensiero ebraico, però, il matrimonio rappresenta molto di più dell'unione fra due persone che decidono di vivere le loro vite insieme. Prima del matrimonio, un uomo celibe o una donna nubile sono visti come «mezza persona» (Zohar 3:7b, vedi anche Menachot 93b). Secondo la Kabalà (Zohar 1:91b) marito e moglie dividono una singola anima. Quando viene il momento per un'anima di scendere dalla sua dimora celeste nel mondo fisico, secondo la volontà di D-o, quest'anima è divisa in due metà: metà anima all'uomo e metà alla donna, e ciascuno vive la propria vita, adempiendo al proprio compito finché non arriva il momento giusto per D-o di unire le due metà, che poi adempiono al compito della loro vita in comune.
Così, secondo l'ebraismo, prima del matrimonio, a un uomo mancano alcune delle sue caratteristiche spirituali l'altra metà della sua anima. I due individui possono trovare la completezza e l'appagamento solo dopo il matrimonio, quando vengono considerati un'unico elemento, una sola anima.
Questo è anche il motivo essenziale per cui un matrimonio è il più gioioso dei festeggiamenti. Il momento in cui le due metà di un'anima, che erano state separate e avevano vissuto in case diverse, con famiglie e amici diversi e anche in paesi completamente diversi, finalmente si incontrano e si uniscono, si crea un'atmofera di totale felicità e gioia.
Questa spiegazione ci aiuta anche a capire un altro concetto dell'ebraismo. Nella legge ebraica, le donne sono esentate da un certo numero di comandamenti positivi (tutti i comandamenti negativi [che implicano l'astensione da qualche cosa] si applicano ugualmente all'uomo e alla donna). La spiegazione non è che le donne siano inferiori ai loro compagni, ma piuttosto che, a parte lo scopo principale per il quale ambedue i sessi prestano servizio, D-o Onnipotente ha dato una missione particolare agli uomini ed un'altra alle donne.
Ciò è analogo agli organi del corpo nel senso che, mentre tutti gli organi fanno parte di un corpo, ognuno svolge uno scopo particolare: il cervello è la sede dell'intelligenza, il cuore è la sede delle emozioni, ecc.
Così è anche per la nazione ebraica: troviamo degli obblighi che appartengono sia agli uomini che alle donne e, inoltre, ci sono altri che sono propri di ciascuno. Le donne sono state esonerate da alcuni precetti per dare più spazio ad alcuni dei loro doveri e per permettere loro di realizzare compiutamente la missione che è stata loro affidata.
Ma ci sono alcune persone che si interrogano su quest'usanza: perché le donne dovrebbero perdere i livelli spirituali e le ricompense che si possono guadagnare dall'osservanza di certi comandamenti.
Il Rabbino Yitzchak Luria (il kabalista del cinquecento conosciuto come l'Ari z"l) ha spiegato (Likutei Torah 15a dell’Ari z”1) che « quando un uomo osserva un comandamento del quale una donna è esentata, la donna non ha bisogno di osservarlo». Troviamo una situazione simile in altre mizvòt, per esempio la mizvà del Kiddush: quando una persona lo dice, tutti quelli che ascoltano sono considerati come usciti dall'obbligo.
Ora si comprende perché, quando un uomo compie una mizvà, non solo si considera che la sua compagna, la sua metà ha compiuto anche lei la mizvà, ma riceve anche lei la stessa ricompensa spirituale del suo marito. E questo è vero anche prima delle nozze in quanto la ragazza è legata a tutte le mizvot fatte dal suo futuro marito. Siccome D-o sa quali due metà formano una sola anima, si può ben capire che quando un ragazzo o un uomo osserva i comandamenti dai quali le donne sono esentate, è come se, «agli occhi di D-o», tutti e due, uomo e donna, avessero compiuto la mizvà, anche se non ne fossero stati consapevoli.
Basato su un discorso fatto dal Lubavìtcher Rebbe a un congresso di donne nel Maggio del 1984.
Tradotto da L. R.
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