Un giorno il Tzaddìk e cabbalista Yehoshiyahu Pinto, detto il «Rif», che andava in giro per il mondo a scovare l’idolatria al fine di sradicarla, udì che a Costantinopoli viveva un ebreo molto ricco la cui casa serviva da luogo di riunione per i saggi e che versava molto denaro alle opere di carità. Il Rif giunse a casa sua e constatò che tutto era proprio vero. Il ricco lo accolse calorosamente, lo invitò a venire a studiare da lui e gli offrì alla fine della giornata un pasto copioso. Durante il pranzo, il Rif fissava il viso dell’uomo e sentiva un qualcosa che gli dava fastidio. È scritto «la saggezza di un uomo illumina il suo viso» ma si vedeva su quest’uomo che era completamente ignorante. Come aveva raggiunto quei livelli di ricchezza e rispettabilità? Da dove aveva avuto quel denaro e quegli onori? Il Rif interrogò i saggi in proposito e questi raccontarono in effetti che l’uomo era in passato uno straccivendolo e che era diventato ad un tratto estremamente agiato ma che nessuno sapeva come.
Indi, il Rif, a casa dell’ospite, entrò in una stanza e lo chiamò. Cominciò con i complimenti sulla sua ospitalità e subito dopo gli chiese: «Mi dica, da dove proviene tutta questa sua ricchezza? Come ha fatto, lei lo straccivendolo, a diventare miliardario? C’è qualcosa che non quadra, mi racconti per favore com’è successo!»
Il Rif gli parlava con chiarezza, fermezza e gentilezza. E quando l’uomo si mise ad aver paura per il futuro rivelò al Tzaddìk il terribile segreto. Il rav allora gli domandò: «Lei è ancora quell’ebreo kashèr come quand’era povero? Lei crede sempre nel Creatore del mondo e nella Sua Santa Torà con fede assoluta?»
«Naturalmente», ribatté l’altro, «sono ebreo, sono credente e credo nel Creatore del mondo con tutto il mio cuore e con tutta la mia anima. Ogni giorno pronuncio lo “Shemà Israèl” e voglio bene ai Talmidé Chachamìm! Tra l’altro, le mie azioni lo provano!»
«E se le venisse proposta tutta la ricchezza del mondo per praticare l’idolatria lei adorerebbe un idolo?» Insistette il Rif.
L’uomo fu sconcertato dalla domanda: «Ovvio che no! Anche se mi venisse regalato tutto l’oro del mondo, non farei mai una cosa del genere!»
«Quand’è così», prosegui il Rif, «mi faccia vedere la statua che le ha procurato tutto il suo patrimonio”.
Entrarono entrambi nella stanza dove il Rif vide il piedestallo della statua. Fece uscire immediatamente la statua dalla cassa che la conteneva, la buttò in terra con forza. In seguito chiese un martello e si mise a picchiarla fino a romperla completamente e a ridurla in polvere fine fine che gettò poi in mare.
Quando il rav estirpò questa impurità dal mondo, si voltò verso l’uomo ricco e gli disse: «Sappia che le numerose mitzvòt che lei ha compiuto sono state fatte coi soldi provenienti dall’idolatria ed era vietato usufruirne. Ma l’ha fatto per sbaglio, non intenzionalmente e Hashèm non la priverà certo della sua ricompensa per il bene compiuto nel passato. Tuttavia, sappia che se non vuole perdere i suoi meriti deve distruggere completamente tutti i suoi beni acquisiti con la forza dell’impurità. Quando lei avrà bruciato tutto, Hashèm l’aiuterà e la farà vivere in modo decoroso lecito, e non illecito come fino ad ora è vissuto. In quanto Egli sa che lei ha agito mosso dall’amore e il timore del Sig-re e che lei ha cercato le mitzvòt per compierle con molto amore».
Il cuore del ricco si torse dalla rivelazione del rav che l’abominazione che aveva fatto entrare nella sua casa era ciò che lo aveva fatto tanto arricchire. Senza esitazione, si affrettò ad eseguire quanto richiesto dal Rif e in un istante appiccò il fuoco a tutti i suoi averi e tutto fu istantaneamente divorato dalle fiamme. Gli abitanti della città si ricordavano perfettamente della cura che aveva preso di loro quand’era ricco e quanto egli aveva sempre agito con magnanimità e in un momento così difficile per lui gli offrirono il loro aiuto incoraggiandolo e appoggiandolo.
Così si realizzò la benedizione del Rif e sebbene avesse perso tutto non mancò mai di niente fino alla fine dei suoi giorni.
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