Il genio della Torà, Rabbi Yosef Rozin, noto come il Gaon di Rogaciov, un giorno ricevette una lettera dal governo russo, con la richiesta di pagamento di due tipi di tasse. Egli esaminò le voci nel dettaglio e decise che un tipo di tassa era legittimo e doveva essere pagato in conformità con la regola della Torà (Talmud Babilonese, trattato Gittin) che stabilisce che “la legge del Paese è legge”. Invece, la seconda tassa non concordava con i principi della Torà, ed egli si rifiutò di pagarla. In quel periodo egli viveva a Leningrado, centro della burocrazia comunista violentemente antisemita, regime famoso per l'odio verso la religione ed in particolare nei confronti della Torà. Dopo diversi giorni ricevette una seconda lettera dal dipartimento delle finanze del governo sovietico, che non gli ordinava la prigionia in Siberia, ma si scusava per le erronee affermazioni e lo esenteva dal pagamento della seconda tassa.

Prima o poi, ognuno deve fare i conti con la Torà. La Torà è la verità fondamentale non solo dell'esistenza ebraica, ma della vita in generale e non può essere ignorata. Inoltre, la Torà è stata data specificatamente al popolo ebraico, con l'intenzione che noi per mezzo suo illuminassimo e migliorassimo il mondo. E negli ultimi 3.300 anni abbiamo dedicato noi stessi nonostante le notevoli ostilità a questo difficile compito. L'universo non può esistere senza la Torà ed il compito affidatoci da D-o è quello di raffinare ed elevare il mondo attraverso essa. È quindi imperativo per noi sapere in che cosa consiste la Torà e il perché del suo monumentale ed universale significato. Forse il modo più semplice è quello di iniziare dall'elencare tutto ciò che la Torà non è.

Viviamo in un minuscolo granello di polvere del vuoto infinito che chiamiamo universo. Dove siamo? Perché siamo qui? Dobbiamo fare qualcosa? Se sì, che cosa? Un parere diffuso è che la Torà sia la risposta di D-o a queste domande. Le sfaccettature filosofiche e mistiche della Torà spiegano perché è così il creato mentre la Halachà (la legge della Torà) ci insegna come agire in questo mondo in accordo con il più elevato potenziale umano datoci da D-o.

Secondo questo punto di vista, la Torà potrebbe essere considerata un libro di istruzioni del produttore che spiega esattamente cosa abbiamo e come lo dobbiamo usare.

La deduzione naturale e apparentemente logica che si trae da questo, è che l'esistenza del mondo con la sua miriade di particolari, complessità e possibili problemi, rende necessario l'esistenza della Torà. Per esempio come ogni studente serio del Talmud sà, i buoi non vanno d'accordo con le fosse. Le regole che governano i possibili rapporti tra queste entità, come descritto nel capitolo 5 del trattato Baba Kamma, sono numerose ed estremamente complesse. Fin dove arriva la responsabilità se si scava una fossa e un bue di proprietà di qualcun'altro ci cade dentro? Dipende. Quanto è profonda la fossa? Il bue si è ferito o è morto? Il bue è caduto perché spaventato da un rumore causato dagli scavi? È caduto in avanti o indietro? E così via. Si potrebbe legittimamente presumere, che dato che sia i buoi che le fosse sono fatti inerenti la vita, la Torà deve avere leggi che ne governino le numerose possibili interazioni in modo da assicurare giustizia e armonia in accordo con la volontà Divina. Di fatto, la situazione è esattamente opposta.

Buoi e fosse non sono la realtà della vita ai quali la Torà si deve rivolgere, ma è la Torà la realtà della vita che richiede l'esistenza di buoi e fosse. Buoi e fosse esistono solo in funzione del fatto che tramite loro, alcuni aspetti della giustizia Divina possono essere rivelati e resi attuali. Il mondo è privo di realtà intrinseca. La sua esistenza è necessaria per fornire gli abiti nei quali la Torà può essere vestita e quindi rivelata a noi in un contesto di tempo e spazio. La Torà non è una esposizione allegorica predisposta per spiegare e dare un senso alla vita, ma piuttosto la vita è un'allegoria attraverso la quale possiamo intuire e realizzare la volontà Divina e la sapienza esposta nella Torà.

Questo concetto è difficile da apprezzare per la semplice ragione che il mondo non sembra un'allegoria della realtà trascendente proposta nella Torà. Al contrario, il mondo dà l'impressione di essere reale in e per se stesso, mentre la Torà appare in una certa misura astratta e teorica. È difficile immaginare che il mondo sia solamente una parabola inventata per rivelare la realtà primaria della Torà. A livello intuitivo, sembrerebbe ovvio il contrario.

Questo paradosso risulta dalla naturale tendenza a confondere le apparenze con la realtà. Presumiamo che ciò che vediamo o che proviamo sia ciò che esiste. La percezione sperimentale è immediata e irresistibile, mentre le cause nascoste che sono accessibili solo tramite la deduzione sono spesso difficili da accettare. I ragazzi che studiano fisica alla scuola superiore, hanno spesso difficoltà ad apprendere che nel vuoto una piuma ed una palla di cannone cadono con la stessa velocità. Questo fatto che intellettualmente è completamente accettabile, è in conflitto con l'intuito basato sull'esperienza. Le palle di cannone dovrebbero proprio cadere più in fretta delle piume. Abbiamo un'esperienza diretta del mondo e l'idea istintiva dell'infallibilità della nostra percezione ci porta a ritenere che ciò che vediamo sia la realtà.

Il mondo in cui viviamo viene definito dallo Zohar come alma d'shikra, il mondo dell'illusione o, per essere meno magnanimi, il mondo delle menzogne. Paradossalmente, nonostante gli assolutamenti reali e rapidissimi progressi della scienza e della tecnologia, questa descrizione non è mai apparsa più appropriata che al giorno d'oggi. Ovviamente non soffriamo di mancanza di informazione. Inoltre, la Torà (della quale lo Zohar è una componente) insiste sul fatto che il mondo è oggettivamente reale in un senso assoluto. Cosa si intende quindi con il termine illusione?

Come spesso avviene, l'approccio più semplice a questo concetto è l'esempio concreto. Se si guarda qualsiasi testo di istologia pubblicato negli ultimi vent’anni, si troverà che lo strato di smalto sui denti è composto da cristalli di forma esagonale. Con l'invenzione del microscopio elettronico, è diventato possibile visualizzare e fotografare queste strutture estremamente minute. Non sono necessari né calcoli né congetture per stabilire che questi cristalli sono esagonali.

Non è necessario essere degli esperti per guardare queste figure e vedere che

si tratta di esagoni. Questo fatto ovvio e chiaro, è stato la base per molti importanti progetti, come modelli sul processo di calcificazione, teorie sul decadimento dei denti, etc., ed è stato insegnato a studenti di medicina e dentisti per vent’anni. Eppure tutto ciò è errato! I cristalli di smalto sono rettangolari, non esagonali (come è stato dimostrato solo recentemente dal Dr. Hershy Warshawsky dell'università McGill). Com'è possibile? L'errore sta nella confusione tra osservazione e realtà. Le immagini dei cristalli di smalto al microscopio elettronico, non sono cristalli di smalto. Sono ombre bidimensionali dei cristalli. I cristalli stessi sono strutture tridimensionali. Se si proietta un'ombra di un oggetto solido rettangolare (tridimensionale), si perde un angolo, e la figura diventa esagonale. Questo può facilmente essere dimostrato osservando l'ombra di un blocco rettangolare.

Questo notevole errore esemplifica benissimo le illusioni menzionate nello Zohar. L'immagine esagonale del cristallo di smalto non è più per sè falsa. Al contrario, se correttamente interpretata, l'immagine dell'ombra bidimensionale offre una splendita opportunità di guardare una struttura che non può essere osservata direttamente, il cristallo tridimensionale. La “menzogna” viene introdotta dall'osservatore che sbaglia nel valutare o nel non ricordare, che l'immagine microscopica non è la realtà ma che piuttosto vi si riferisce accuratamente e fedelmente. Colui che capisce che sta osservando la rappresentazione necessariamente distorta di una cosa altrimenti inaccessibile, applicherà le opportune trasformazioni mentali per arrivare ad una contemplazione della realtà nascosta. D'altro canto, chi prende l'osservazione come verità, per esempio presumendo che l'immagine sia la totalità di ciò che rappresenta, vive con una menzogna che lui stesso ha creato.

Analogamente, questo cosiddetto mondo dell'illusione non è di per sè falso, e certamente non è insignificante o privo di contenuti. Al contrario, il mondo è il mezzo tramite il quale possiamo alla fine sperimentare e rendere attuale la verità assoluta contenuta nella Torà. In questo sta il problema. Esso è solamente uno strumento che deve essere correttamente interpretato ed utilizzato per giungere alla conclusione. Il mondo è un'immagine ombra che si riferisce alla realtà. Devono quindi essere applicate le giuste regole e trasformazioni per riconoscere la vera immagine per raggiungere così lo scopo fondamentale. Il problema è che, come nel caso dell'immagine dei cristalli al microscopio, il mondo ha un'immagine così sostanziale ed appare così enfaticamente reale.

Se la vita terrena è un'ombra, il lume della verità che lo rende reale è la Torà. Come e perché ciò accade, può essere spiegato con una parabola. Questa particolare parabola, in modo più abbreviato, appare spesso nei discorsi teologici che riguardano la paradossa interazione tra le manifestazioni Divine di immanenza e trascendenza contenute rispettivamente nel nome Elokim e nel Tetragramma. Può essere altrettanto bene applicata al nostro argomento di discussione. Un brillante e compiuto saggio versava nelle più misere condizioni dell'esistenza ed aveva un giovane studente che amava moltissimo. Per via del suo profondo affetto, anelava condividere con lo studente le sue più approfondite introspezioni.

Voleva donare allo studente la cosa più cara che aveva, la sua sapienza. Il problema era come procedere. L'illimitata capacità di comprensione del saggio era infinitamente aldilà delle limitate facoltà intellettive dello studente. Lo studente semplicemente non aveva mezzi per percepire anche i pensieri meno complessi del suo esaltato maestro. Il saggio quindi, prendeva solo gli aspetti superficiali del suo sapere e lì racchiudeva in una serie di allegorie.

Ciò nonostante, si accorse che anche queste erano molto oltre la capacità di percezione dello studente e quindi ridusse e semplificò sistematicamente i concetti, mentre amplificava l'elaborazione delle allegorie, analogie e metafore. Alla fine, dopo una lunga serie di processi mentali nei quali la sapienza veniva progressivamente mascherata, il saggio parlava e raccontava delle storie che lo studente poteva comprendere.

Sembrerebbe che tentare di comunicare una così profonda conoscenza ad un livello così basso, racchiudendola in parabole ed allegorie, faccia perdere di vista lo scopo iniziale. La verità è che, anche se in modo molto nascosto, la conoscenza originale è presente. Inoltre, ogni dettaglio delle storie del saggio corrisponde ad un aspetto della conoscenza originale ed è quindi una chiave per raggiungerla. Se lo studente comprende l'intenzione, si applicherà con la sua ostinazione a trovare il regalo nascosto. Mentre si svilupperà il suo intelletto e la sua mente matura, egli inizierà a vedere progressivamente livelli sempre più profondi del significato e gradualmente con notevoli sforzi, arriverà alla conoscenza nella sua forma più intatta ed evidente, che inizialmente era fuori dalla sua portata.

In questa parabola, il saggio è l'Onnipotente e il piccolo studente siamo noi. La preziosa conoscenza che desidera darci è la Torà e la lunga e complicata storia che serve da veicolo, è il mondo. Se comprendiamo l'intento di questa incredibile storia chiamata vita terrena, ci rendiamo conto che ogni suo dettaglio corrisponde ad un aspetto della Divinità ed è stato pensato da D-o solamente allo scopo di trovare una veste attraverso la quale può essere percepito. In questa storia ad esempio, c'è qualcosa chiamato denaro, attraverso il quale l'individuo si può unire all'attributo Divino della grazia, semplicemente donandolo o prestandolo in accordo con la Torà. C'è qualcosa chiamato commercio attraverso il quale specifici aspetti della giustizia Divina possono essere realizzati applicando la Torà alla vita commerciale quotidiana. In questa storia è possibile prendere un piccolo frutto chiamato etròg e in particolari momenti usarlo per far scendere su l'uomo e su tutta la creazione i livelli trascendentali dell'attributo Divino della sovranità. Ed ancora, per mezzo di una carota rivelare il potere creativo di D-o, recitando l'adatta benedizione prima di mangiarla. Denaro, carote, buoi, fosse, sono tutte metafore che racchiudono specifici aspetti della volontà e della conoscenza del Creatore.

Inoltre i particolari dettagli di ogni componente della creazione sono intesi unicamente a conformarsi alle richieste della Torà. Per esempio, il fatto che il cervello abbia due emisferi cerebrali, che il periodo medio della gestazione degli umani sia di nove mesi, o che la maggior parte delle varietà di mele siano rosse, rappresentano tutti e sono causati da specifiche modalità di rivelazione Divina, con i quali gli studenti dei misteri della Torà hanno familiarità.

La trappola è che la storia è molto realistica ed interessante così com'è, e che siamo inclini a prenderla per il suo valore esteriore. Come nel caso dei cristalli di smalto, presupponiamo che l'immagine sia la realtà. È facile dimenticare che il mondo non è interamente reale. È naturale vedere il denaro non come uno strumento attraverso il quale l'attributo Divino della grazia può essere realizzato, ma semplicemente come un mezzo per acquistare cose.

Istintivamente si vede l'etròg come nient'altro che un frutto troppo caro ed è inconcepibile che una carota sia in realtà una veste in cui si cela un potenziale Divino. Inoltre la storia stessa può essere molto godibile ed accattivante. In questa storia ad esempio è possibile essere un dirigente, uno stimato medico o persino un senatore. Tutto ciò genera la potente illusione di realtà intrinseca e di importanza, che se si soccombe ad essa, risulta in un distacco del mondo dal suo reale scopo che è la Torà. Il prodotto è una coinvolgente finzione, spesso assurda, frequentemente tragica, occasionalmente divertente, ma di per se stessa essenzialmente priva di significato.

Quindi, nonostante l'occasione sia stupenda, il pericolo di errore è molto reale. Questo potrebbe essere visto come il maggior svantaggio che è una sfortunata ed ineludibile conseguenza del processo della dissimulazione Divina. Ma in realtà è una notevole benedizione perché ci dà il libero arbitrio. Ci conferisce la responsabilità di decidere cosa sarà il mondo.

In ultima analisi, il modo in cui vediamo il mondo e il modo in cui vi operiamo, ne determina il destino. Noi decidiamo se il mondo è il mondo della menzogna come dice lo Zohar, o se assume un aspetto completamente diverso, anch'esso descritto nello Zohar “Il Santo sia benedetto, Egli ha guardato nella Torà ed ha creato il mondo in modo che l'uomo guardi nella Torà e mantenga vivo il mondo”.

Professore Yaakov Brawer, Ph. D. dell'Università di Harvard, attualmente membro associato della Divisione delle Medicine Sperimentali di McGill, nonché Scienziato Associato dell'Ospedale Royal Victoria. Dal 1976 Scholar del Consiglio di Ricerca Medica del Canada. Tradotto da Sveva Haerter