È un fatto che siamo volontari di ZAKA
Abbiamo quindi la capacità di affrontare scene difficili
Siamo abituati a maneggiare i morti e gli assassinati
Allo stesso tempo assorbiamo il lutto ed il dolore.
La tragedia nella quale ci troviamo diventa parte di noi
Sentiamo l’orrore che ci circonda e abbiamo l’onore difficile di occuparci delle vittime.
Negli ultimi tre anni ci siamo trovati nei posti di innumerevoli attacchi terroristi. La terra brucia. È stato versato del sangue. Gli accoltellamenti e gli attacchi tramite speronamenti di macchine in ogni angolo di Gerusalemme, la capitale d’Israele. Un’altra vittima accoltellata, un’altra donna uccisa, un altro corpo, un altro mare di sangue. Sappiamo che questa è la nostra routine, che questa è la nostra vita, e la realtà esplode nuovamente. Ogni attacco porta brutte notizie e la tragedia dei numeri dei morti ed i feriti.
Saremo sempre lì per “salvare coloro che possono essere salvati ed onorare coloro per i quali non c’è nulla da fare”.
Non ho mai condiviso i miei sentimenti pubblicamente, raccontando e spiegando ciò che i volontari ZAKA passano quando si occupano di coloro che sono stati uccisi, più e più volte. E facciamo tutto questo contemporaneamente al nostro lavoro negli incidenti stradali di routine, agli assassini, ai suicidi, ai fuochi e altri appuntamenti con l’Angelo della Morte che necessitano della nostra assistenza.
L’attacco presso Armon Hanatziv ha tolto qualcosa da me che nessun altro attacco crudele è mai riuscito a fare, non le quattro persone uccise nell’attacco di Har Nof (18 Nov. 2014), né la sparatoria presso la porta di Damasco (16 Sett, 2016) dove un poliziotto di frontiera fu ucciso, né le dozzine di attacchi terroristici che sono quasi diventati cosa normale per noi qui in Eretz.
Ero a una riunione di lavoro quando udii una notizia sulla radio ZAKA. Volontari vengono mandati in loco ed io, non essendo tra quelli vicini all’attacco e pensando che si tratta sicuramente di un altro accoltellamento ‘routine’ decido di non andare. Passa un mezzo minuto importante…
Un altro annuncio sulla radio: “Un evento con un gran numero di vittime! Un gran numero di vittime! Un gran numero di vittime nella zona di Armon Hanatziv!”
Prendo il mio equipaggiamento indossando la mia giacca ZAKA e corro verso una scena sanguinosa e terribile, per l’ennesima volta.
Quando arrivo gli operatori stanno caricando l’ultimo ferito in ambulanza, mentre piange istericamente.
La scena diventa più calma, i servizi d’emergenza iniziano ad andarsene e noi rimaniamo con il silenzio della morte.
Sull’erba verde, sotto i raggi Dorati del sole invernale di Gerusalemme, giaciono quattro corpi sparsi attorno alle ruote del camion, mentre il loro sangue sacro filtra nel terreno sottostante.
Quattro ragazzi giovani, le loro vite falciate troppo presto.
Quattro famiglie distrutte, che hanno perso figli, sorelle e fratelli.
Quattro anime assassinate, sacre e pure.
Quattro mondi che erano piene di vita, ora ferme.
Esamino la scena e valuto il lavoro che dovremo fare, il santo lavoro di chessed shel emet, la bontà vera che non ha ricompensa, il tutto mentre faccio spazio tra l’attrezzatura che avrebbe dovuto portare in vita i feriti e gli effetti personali delle vittime. Ci dividiamo in squadre e ci mettiamo al lavoro.
Sono vicino a un amico fraterno. Mentre aiutiamo l’ufficiale della scientifica ed il rappresentante dell’esercito ad identificare il corpo di un giovane ufficiale il cellulare della vittima inizia a suonare.
Sullo schermo: “Papà sta chiamando, Papà sta chiamando, Papà sta chiamando, Papà sta chiamando”.
Teniamo il telefono, pietrificati.
Nonostante la nostra grande esperienza nel occuparci di disastri di tutti i tipi, d’un tratto non riusciamo ad agire, siamo pietrificati.
Cara anima pura e santa, in viaggio verso il cielo, tuo padre ti sta cercando sul tuo telefono e chiama continuamente. Ancora non sa che il tuo Padre in Cielo ti ha già accolto nel suo abbraccio.
Sei morto santificando il nome di D-o.
Che le vostre memorie siano da benedizione.
Un volontario ZAKA.
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