Un giorno ricevetti una telefonata da un certo signor Stern, chiaramente sconvolto. Suo figlio Hank si era aggregato a una setta e non era tornato a casa da tre giorni. Io lo rassicurai dicendogli che mi sarei occupato personalmente del suo caso e avrei constatato di persona il livello di coinvolgimento di suo figlio. Hank non tornò a casa né quel giorno né il fine settimana seguente. Decisi di farmi aiutare da un giovanotto molto simpatico, Avraham David che era spesso nostro ospite per i pasti di Shabbàt. Pure Hank aveva frequentato casa nostra nel passato e mi ricordo che i due intrattenevano rapporti di amicizia e discorrevano a lungo su questioni spirituali. Ero sicuro che la presenza di questo amico avrebbe avuto un effetto positivo su Hank.

Lunedì alle 10 del mattino con Avraham David ci presentammo davanti alla porta del liceo:

“Buongiorno, desidereremmo parlare con uno dei vostri alunni, un ragazzo di nome Hank Stern, sono il suo rabbino”, spiegai alla segretaria.

Questa andò ad informare il preside e fece uscire Hank dalla classe. Discutemmo con lui per qualche minuto. Invano. Mi allontanai lasciando Avraham David con lui per un’ora mentre io parlavo con il preside. Quando i due giovani uscirono dalla stanza, avevano entrambi gli occhi rossi che rivelavano emozione e lacrime. Hank era in effetti troppo commosso per parlare ma mi abbracciò con affetto prima di rientrare in aula.

“Raccontami cos’è successo”, chiesi ad Avraham David.

“Ehm”, disse questi, “gli ho raccontato tutta la mia vita”.

“Ovvero”?

“Ovvero che sono un convertito”, proseguì Avraham in tono contenuto.

“Ah, on lo sapevo”.

“Beh” sì, in effetti, non lo urlo ai quattro venti. E pensavo che lei lo sapesse”.

“E dunque, la tua rivelazione che impatto ha avuto su Hank?”

“Gli ho raccontato che mi ci sono voluti più di due anni per diventare ebreo. Ho dovuto discutere con i rabbini per convincerli della mia sincerità e allo stesso tempo affrontare i miei dubbi e i miei conflitti interiori. Ma per me è stata la più grande benedizione in terra: ero disposto a soffrire durante la circoncisione e a dare tutto ciò che avevo pur di diventare ebreo; gli ho raccontato che avevo abbandonato la mia vita di prima; che la mia vita sociale era cambiata; che la mia famiglia mi aveva rinnegato ma che alla fine avevo raggiunto i miei obiettivi. Poi ho fissato Hank negli occhi e gli ho detto: ‘E tu vorresti abbandonare e rinnegare la tua fede e la tua cultura senza neanche conoscerle per seguire un guru da quattro soldi che ti abbaglia con frasi fatte, formule vacue e mantra pseudo-spirituali?’ Signor rabbino, gli ho parlato con fervore e come lei sa già: ‘Le parole che escono dal cuore entrano nel cuore’. Penso proprio di averlo fatto riflettere”.

In effetti, quella fu la prima fase del percorso di ritorno di Hank.

***

Ma ciò che fece scaturire la scintilla definitiva fu uno strano episodio. Era lo Shabbàt precedente Purìm. In sinagoga, prima della preghiera del venerdì sera, Hank si sedette per studiare con altri correligionari i temi della ricorrenza. Fra questi c’erano gli insegnamenti che il Rebbe di Lubavitch fornì anni prima. Vidi con la coda dell’occhio che Hank durante lo studio aveva un’espressione particolarmente attratta dal contenuto della lezione. Poi pose alcune domande: “Quando il Rebbe aveva spiegato questi concetti? In che anno? E in quale lingua?” Gli dissi che questa lezione era stata impartita quattro anni addietro e in yiddish. Quindi domandò se il testo integrale fosse stato tradotto in inglese e gli risposi affermativamente.

Al che andammo a casa. Ma Hank sembrava distratto, con la mente assorta e lo sguardo vago. Poi reiterò la stessa domanda per ben tre volte ancora: “È sicuro che il Rebbe ha detto tutto ciò quattro anni fa?” Gli ripetei di sì. Dopo cena ci sedemmo in salotto e gli mostrai il volume in inglese e gli domandai che cosa l’aveva talmente impressionato. Nascose il viso tra le mani e restò il silenzio per qualche minuto, poi disse: “Due sere fa, il guru della setta ha condotto una seduta di preghiera e ha parlato di Purìm. Egli ci ha raccontato che la notte prima, D-o gli era apparso in sogno e gli aveva svelato favolosi arcani sulla festa”.

“Ma egli, in realtà, aveva riportato parola per parola gli insegnamenti che ho studiato stasera in sinagoga tratti dal discorso del Rebbe di Lubavitch. E questo guru, questo indegno ciarlatano, ha osato affermare che aveva beneficiato della rivelazione divina quando invece aveva copiato una sichà del Rebbe tradotta in inglese!” Hank respirò profondamente e poi corse in bagno. Era andato a vomitare tutta la cena.

In generale, la maggior parte della gente piange quando scopre di essere stata imbrogliata e in particolar modo da questo tipo di personaggi, questi guru-patacche. Ma Hank Stern aveva vomitato più dal disgusto che dalla delusione. Il fatto che il capo della setta fosse stato smascherato come un volgare impostore fu così travolgente per Hank da renderlo allergico, malato. Ma questa volta aveva capito davvero il suo errore, e il suo cuore si era reso conto dello stupido smarrimento. D’ora in poi i semi che semineremo troveranno un terreno già arato e pronto a ricevere la verità.

***

Come tanti altri giovani che riscoprono le loro radici dopo essere stati deviati da una setta, Hank andò in Israele per studiare l’ebraismo. Mi scriveva lunghe lettere, descrivendo le sue esperienze, la sua vita lì e i suoi sentimenti. Mi raccontò che all’età di otto anni aveva chiesto a suo padre di comprargli degli Tzitzìt come gli era stato chiesto al Talmud Torà. Il signor Stern gli aveva risposto seccamente che avrebbe fatto meglio a dimenticare queste sciocchezze e che invece gli avrebbe comprato un camion telecomandato. E Hank concluse: “Se soltanto avessi preteso gli Tzitzìt con tutta la foga che usavo per chiedere le cose materiali, non mi sarei sicuramente mai fatto ammaliare da queste spregevoli persone!”

Eh già! Il più bel giocattolo non sostituirà mai una vera educazione ebraica!

Rav Shea Hecht – Confessions of a Jewish Cultbuster – L’Chaim N° 207