Questa storia è dolorosa, ma allo stesso tempo è fonte di speranza.

È la storia di Ariel Zohar, un ragazzo di dodici anni che ha perso la sua intera famiglia nel massacro di Simchàt Torà.

La mattina dell’attacco, era uscito di casa per la sua corsa mattutina e, mentre era fuori, i terroristi di Hamas sono entrati nella sua casa, uccidendo suo padre Yaniv, sua madre Yasmin e le sue sorelle Techelet e Keshet. Ariel è l’unico sopravvissuto.

Il suo kibbutz, Nachal Oz, era ancora sotto attacco quando i volontari eroici di Zaka hanno offerto di andare un’ultima volta nella casa della famiglia Zohar chiedendo ad Ariel se ci fosse qualcosa che voleva gli portassero.

“Portatemi i tefillìn di mio padre”, rispose.

Ariel era in procinto di diventare bar mitzvà, due settimane dopo l’attacco. Egli aveva già dei tefillìn nuovi, pronti per lui, eppure chiese di ricevere quelli di suo padre. Il suo caro papà che era così emozionato all’idea di vederlo mettere i tefillìn per la prima volta, non sarà con lui.

I tefillìn che Ariel chiese di recuperare sono particolarmente speciali perché erano un regalo di suo nonno, un sopravvissuto alla Shoà che riuscì a ricostruire la sua vita in Israele.

Il giovane Ariel ha perso tutto, ma non la sua fede.

Suo nonno anziano gli ha detto: “Ho perso i miei genitori quando avevo 14 anni, tu hai perso i tuoi genitori a 12 anni. Io sono sopravvissuto, ce la farai anche tu!”.

Ariel, non so se vedrai quanto scritto qui, ma a nome dei 16 milioni di ebrei nel mondo:

Ti vogliamo tutti tanto bene.

Siamo in lutto e piangiamo con te.

Presto festeggeremo con te.

E saremo sempre qui per te.