Rabbi Tzvi Hirsh Friedman era un ebreo semplice e timoroso di D-o. Egli abitava nella città polacca di Zobzak, dove lavorava trasportando merci da una città all'altra sulla sua carrozza. Di notte studiava la torà fino a tardi: di solito saliva nella soffitta per non disturbare il sonno di sua moglie e dei suoi tre figli. Rabbi Tzvi aveva un hobby strano, faceva la raccolta di shofàr! Tra una consegna e l'altra non perdeva mai l'occasione di andare ad acquistare uno shofàr da aggiungere alla sua collezione. Ne aveva di tutti i tipi, neri, bianchi, lunghi e corti.
Arrivò però il tragico giorno in cui tutti gli ebrei furono deportati dai nazisti nei campi di concentramento. Ognuno, prima di lasciare casa, prendeva con sé ciò che gli stava più a cuore: c'era chi nascondeva gioielli negli abiti mentre altri prendevano dei ricordi o una foto dei cari. Rabbi Tzvi nascose nella fodera del suo cappotto un piccolo shofàr: era uno shofàr molto prezioso poiché gli fu donato da un povero che in passato aveva aiutato. Rabbi Tzvi fu portato a lavorare sulle rotaie del treno. Era un lavoro molto duro che veniva eseguito in condizioni disumane, ma nei momenti di disperazione lo shofàr gli fu di conforto.
Arrivò Rosh Hashanà anche quell’anno, i ricordi delle preghiere e del suono dello shofàr provocò una gran malinconia nei cuori di tutti gli ebrei del campo: sapevano bene che quell'anno invece del suono dello shofàr avrebbero sentito le urla dei nazisti...! Rabbi Tzvi decise di suonare lo shofàr a tutti i costi. Era un'impresa impossibile, dato che erano costantemente controllati dalle guardie naziste, ma Rabbi Tzvi si rivolse ai suoi compagni e disse loro di cominciare a sbattere i picconi con più forza, ancora di più... quando il rumore dei picconi fu abbastanza forte Rabbi Tzvi tirò fuori il piccolo shofàr e con le lacrime agli occhi cominciò a suonare. Quel suono era diverso dal suono di tutti gli altri anni. Era un suono che aveva portato un raggio di luce nell'animo di tutti.
Rabbi Tzvi riuscì a salvarsi dalla shoà e andò a stabilirsi in israele con la sua famiglia. Ogni Rosh Hashana suonava il suo shofàr, ricordandosi la gioia che riuscì a portare ai suoi compagni di campo con quel suono.
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