Avvolto nel suo tallìt, rabbi Yechyèl di Parigi (1230-1290), uno dei Baalèy Tossefòt, i celebri commentatori del Talmud, teneva lo Shofàr in mano. Tutti i fedeli aspettavano con timoroso rispetto il solenne momento in cui il rabbi avrebbe recitato le benedizioni per far compiere loro il comandamento di ascoltare il suono del corno di ariete. Ma quel giorno rabbi Yechyèl aveva deciso di fare le cose diversamente. Scrutò l’assemblea poi fece un cenno a Naftali Azira, il noto orafo, di venire vicino a lui. “Nonostante la sacralità di questo momento e forse proprio grazie ad esso, volevo rendervi partecipi del mio stupore riguardo ad una vicenda iniziata poco più di un anno fa e terminata proprio ora. Naftali, racconta cosa è successo!” Sorpresi di dover ascoltare una storia proprio prima della tanto emozionante quanto importante cerimonia dello Shofar, i congreganti ubbidirono seguendo con doverosa attenzione il racconto di Naftali, già in preda all’emozione:
“Conoscete sicuramente il mio amico e socio Yaacov Abudrahan, orafo come me. L’anno scorso, pochi giorni prima di Rosh Hashanà, tornando da una lezione di Torà, riflettemmo insieme sulle parole dei Saggi: ‘Tutti i guadagni dell’uomo vengono stabiliti a Rosh Hashanà’.
Era la prima volta che ci imbattemmo in questa idea e decidemmo di domandare a D-o che ci riveli l’ammontare dei nostri profitti del prossimo anno. E così fu: due giorni prima del capodanno digiunammo e pregammo con fervore e umiltà. E alla vigilia della solenne ricorrenza, durante il sonno, avemmo il merito di una rivelazione sulla cifra esatta del nostro ricavato futuro. La mattina seguente, ancora storditi dall’insolita esperienza, discutemmo delle rispettive rivelazioni: Yaacov venne edotto che avrebbe guadagnato ancora duecento monete d’oro, mentre a me venne svelato che ne avrei guadagnate centocinquanta.
Ci recammo da rabbi Yechyèl e gli raccontammo del digiuno, delle preghiere e dei sogni. “Se volete darmi retta, nel corso dell’anno che arriva, mettete per iscritto dettagliatamente tutte le vostre spese e tutte le vostre entrate, persino le più piccole, in modo da poter fare i conti correttamente a chiusura del bilancio.” Naturalmente accettammo. Un giorno, però, litigammo a proposito di una merce che avevamo venduto a buon prezzo. Il mio socio pretendeva che il ricavato doveva essere diviso in due parti uguali. Io, invece, ritenevo che avevo diritto ai due terzi dato che avevo versato i due terzi dell’investimento totale. Decidemmo di richiedere l’arbitrato del rav il quale ci domandò: “Chi possiede al momento la somma contesa?” Il denaro era custodito da Yaacov. “Avete prove o documenti che attestino le condizioni dei vostri accordi di consoci?” Rispondemmo che non ne avevamo poiché tra noi due vigeva un’assoluta fiducia reciproca. “Allora tocca a Naftali apportare le prove, altrimenti Yaacov giurerà che il denaro gli spetta di diritto e potrebbe tenere per sé la metà degli utili!” Ma il mio amico non voleva giurare: ”Io dico solo la verità, dichiarò, e non voglio giurare. Preferisco rinunciare alla mia parte”. Io guadagnai i due terzi, ovvero dieci monete d’oro più di lui. Per ogni operazione segnavamo nel registro di contabilità tutte le nostre entrate. Qualche giorno fa, poco prima della festa, mettemmo a raffronto i nostri conti: Yaacov aveva guadagnato cento ottantanove monete ovvero undici in meno da quanto rivelatogli. E io centosessanta monete, ovvero undici in più da quanto “previsto”. Esponemmo la situazione a rabbi Yechyèl. Non ebbe bisogno di riflettere a lungo e dichiarò immediatamente: “Quand’è così, ciò prova che Yaacov aveva ragione nella controversia che vi oppone. Avreste dovuto spartirvi il denaro in parti uguali!” Tentai di discutere: “Perché la differenza è di undici monete allorché l’oggetto del diverbio sono dieci monete?” Il rabbi ebbe una risposta pronta: “Ho speso di tasca mia per pagare il notaioa che ha steso il verbale nonché il messaggero che è venuto ad informarvi sull’ora del confronto!”. Dal canto mio non riuscivo a capacitarmi dell’idea di dover perdere l’ingente somma di undici monete d’oro! “I sogni non hanno nessun valore legale, dissi, e secondo la Torà il rav aveva sentenziato in modo giusto ed è in tutta legalità che ho percepito i due terzi dei profitti”.
E ce ne andammo ognuno al proprio negozio. Quello del mio amico era pieno di clienti mentre nel mio non entrava nessuno. Poche ore prima della solennità, Yaacov guadagnò in una giornata undici monete d’ oro. Chiuse il negozio e se ne tornò a casa col sorriso in faccia. Quanto a me, deluso e amareggiato, tornai a casa passando dal mercato. Assorto nei miei pensieri, non prestai attenzione agli oggetti in porcellana che feci cadere da una bancarella. Urlando, il proprietario si scagliò contro di me e mi picchiò senza pietà. Poi mi trascinò dal giudice che mi ingiunse di pagare immediatamente undici monete d’oro di indennizzi. Esaurito, con il corpo indolenzito da tutte le parti, fui obbligato di riconoscere che quell’anno avevo guadagnato centocinquanta monete d’oro. Il nostro rabbi aveva ragione ed è vero che Hashèm decide a Rosh Hashanà quanto guadagneremo durante l’anno. Prima della festa chiesi al mio amico Yaacov di perdonarmi e insieme riferimmo l’esito del diverbio al rabbi”.
Nafatali scese dal palco e rabbi Yechyèl procedette alla cerimonia del suono dello Shofar con un entusiasmo che galvanizzò tutta l’assemblea.
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Breve nota biografica
Rabbi Yechyèl di Parigi nacque a Meaux (una cittadina poco distante da Parigi) nel 1230. Fu discepolo di rabbi Yehudà ben Itzchàk (Sir Leòn) al quale successe a capo della Yeshivà di Parigi nel 1225. Questa yeshivà contava 300 studenti e molti fra loro divennero più tardi dei Tossafisti (commentari medioevali del Talmud). Uno fra i più famosi fu rabbi Meir di Rothenburg. Quelli erano tempi difficili per gli ebrei a causa delle crociate che furoreggiavano in Europa e la yeshivà subì anch’essa persecuzioni violente in quanto il Talmud era costantemente e particolarmente preso di mira. Nel 1240 il re Luigi IX° di Francia indisse un dibattito sul Talmùd tra i rappresentanti della religione cristiana e ebraica. Rabbi Yechyèl dirigeva la delegazione ebraica contro le aggressioni verbali dell’apostata Nicolas Donin, capo dei teologi cristiani. Rabbi Yechyèl fu tanto brillante da impressionare notevolmente il re, la regina e le personalità importanti del paese. Ma l’odio nei confronti degli ebrei ebbe il sopravvento e fu così che venne decretata la distruzione pubblica di tutti i manoscritti del Talmùd. Il 17 giugno 1244 ventiquattro carretti carichi di libri ebraici furono bruciati a Parigi. Un atto di tale vandalismo fu uguagliato solo dagli hitleriani della nostra epoca. Tuttavia, rabbi Yechyèl seguitò ad insegnare nella sua yeshivà. Egli scrisse le Tossafòt e fu il massimo riferimento in materia di Talmùd. Rabbi Mordechay ben Hillel e il Maharam di Rothenburg furono i discepoli che misero per iscritto le sue decisioni halachiche. Quando rabbi Yechyèl non poté più sopportare le persecuzioni del suo paese natale, emigrò in Terra d’Israele accompagnato da numerosi studenti. Morì a Haifa nel 1290 e fu sepolto ai piedi del Monte Carmel.
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