L’ascolto è dimostrazione d’amore ed è vitale perché i bambini imparino a dare una valutazione positiva di se stessi. È importante rendersi disponibili, mostrando ai bambini senza equivoci che è bello stare con loro e ascoltare le cose interessanti che hanno da dire.
Esiste un’arte dell’ascolto, che comporta il guardarsi negli occhi, il piegarsi in avanti, il tenere ferme le mani, il non permettere che altri interrompano il bambino, anche se si sa già quello che dirà e come lo dirà.
Ascoltare senza giudicare, specialmente quando il bambino è agitato. Per esempio: Sara, di 10 anni, arriva a casa da scuola arrabbiata; entra nella sua stanza sbattendo la porta e non esce. La mamma non entra di forza a rimproverarla per aver sbattuto la porta. Quando Sara esce e si unisce alla famiglia, la mamma trova l’occasione per assicurarle che capisce il suo stato d’animo dicendole: “Vedo che sei arrabbiata per qualche motivo. Quando vorrai, dimmi pure di cosa si tratta, sono pronta ad ascoltarti: la prossima volta, se vorrai stare per conto tuo, non sbattere la porta”.
Quando Sara si confiderà (ha avuto una nota a scuola, è stata punita … ), la madre non la giudicherà (“ti sei meritata la nota, mi meraviglio che non ti abbiano punito più severamente”): la ascolterà con simpatia senza giudicare la situazione. Sara sa di essersi comportata male, ma umiliarla maggiormente non serve. La comprensione è un balsamo che calma il bruciore. Se la mamma la renderà partecipe delle sue esperienze di vita con commenti quali: “ricordo che quando avevo 12 anni mi accadde una cosa simile e … “, farà sì che la bambina, sollevata da sensi di colpa, maturi il desiderio di migliorare il comportamento: anche la mamma ha dovuto attraversare queste esperienze!
Ricordarsi nomi e dettagli che i bambini raccontano. Ricordare il nome degli amici, dei giochi, delle canzoni che amano, è la prova che i loro racconti sono importanti e significativi.
Accettare i sentimenti e le fantasie dei bambini, senza distruggerli con commenti cinici. Se un bambino, che confida le sue paure, dubbi e fantasie, vede che gli adulti ridono di lui, non si azzarderà a farlo nuovamente per lungo tempo. Mantenere la faccia seria quando un bimbo racconta che da grande vuole vendere palloni o quando la figlia di 12 anni confessa di aver paura di fare la doccia con la tendina chiusa. Bisogna innanzitutto accettare la realtà delle loro paure, trovando in seguito il modo di rassicurarli con tatto, dando loro un aiuto pratico, riconoscendo e accettando le loro fantasie.
Un esempio di cosa significhi accettare un timore: un bambino ha avuto un incubo e corre in cucina. Invece della mamma trova la babysitter e si preoccupa. Fortunatamente il giorno dopo si confida con la madre e dice: “Ho avuto così tanta paura quando ho visto che non eravate a casa”. La madre potrebbe rispondere sulla difensiva: “Ma non avresti dovuto, abbiamo lasciato a casa la babysitter a guardarti”. Dovrebbe invece accettare la paura del figlio dicendo: “Quando ti sei svegliato avresti voluto che vicino a te ci fosse la mamma, e non la babysitter, vero? Ti capisco, ma hai visto che poi sono tornata?”
Un esempio di cosa significhi accettare una fantasia: il bambino racconta: “Quando riceverò i miei soldini di Chanukah andrò a comprare l’intero negozio di gelati!”. Non deridetelo! Dite piuttosto con un sorriso: “Sei un così grande amante di gelati che vorresti fare in modo di non esaurire mai la scorta!”.
Rendere la vita il più possibile prevedibile rilassa il bambino e allontana i suoi timori. Aderendo il più possibile ad una routine, egli avrà la sensazione di controllo che lo aiuterà a costruire le sue sicurezze.
Anche un insegnante dovrebbe cercare di offrire ai bambini una vita il più possibile stabile, evitando le interrogazioni “a sorpresa”, a meno che non siano assolutamente necessarie. Perché generare ansietà ed insicurezza in un bambino, scuotendo la stima che ha in se stesso? Così come lo si prepara per la sua prima visita dal dentista o dal barbiere, si dovrebbe prepararlo anche prima di un’interrogazione o di un esame. La vita gli riserva già sufficienti incertezze e ansietà.
Rinforzare positivamente un atteggiamento, non sempre è corretto. Ogni insegnante sa che dovrebbe sempre lodare un buon lavoro: “Oh, che meraviglia!” è la reazione di fronte a un esercizio ordinato e corretto; è giusto dare un rinforzo positivo, ma può a volte portare il bambino a provare ansia di fronte all’eventualità di svolgere male i prossimi compiti.
Questo tipo di appoggio va quindi offerto in modo pratico, senza giudizi di merito, facendo sì che sia il bambino a scoprire da solo che il suo lavoro è meraviglioso.
Basta quindi un: “Ma che ordinato questo compito!”, tralasciando lodi troppo profuse che potrebbero generare ansietà per il futuro.
Allo stesso modo, la critica dovrebbe essere priva di giudizi. Il bambino da solo arriverà alla conclusione che il suo lavoro è insufficiente.
E poi, sempre, ricordarsi di non umiliare il bambino, né in pubblico né in privato: questa è una regola che non conosce eccezioni.
Di Rivka Hazan, direttrice della Scuola del Merkos a Milano, educatrice, mamma e nonna. Pubblicato nella Voce del Merkos.
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