Le nostre ricorrenze sono chiamate: “le feste della felicità, i giorni santi e i momenti di gioia”. Chi è felice è spinto a condividere la sua gioia con gli altri. Da soli, possiamo provare una felicità interiore ma una celebrazione esteriore può essere vissuta solo in compagnia di altre persone. I Maestri quindi sottolineano l’importanza di condividere la gioia delle festività invitando ospiti ai pasti festivi.

La mitzvà dell’ospitalità è particolarmente importante di Sukkòt, chiamato anche “il tempo della nostra felicità”. Lo Zohar insegna che gli ospiti di Sukkot non solo soltanto coloro che fisicamente condividono il pasto con noi ma si aggiungono anche alcuni “ospiti” dei regni spirituali; in particolare, sette “Ushpizin – Invitati Onorati” si uniscono a noi: Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Aronne e il Re Davide. Il Rebbe Precedente di Lubavitch, Rabbi Yosef Yitzchak Schneerson, spiega che a questi ospiti si aggiungono anche degli Ushpizin Chassidici: egli aveva l’abitudine di indicare dei punti precisi nella Sukkà e specificare “qui è seduto il Baal Shem Tov, lì il Magghid di Mezeritch, lì il Rebbe Shneur Zalman, lì il Rebbe Dov Ber, lì il Tzemach Tzedek, lì il Rebbe Maharash e lì il Rebbe Rashab”.

Nonostante questi ospiti siano tutti presenti tutti i giorni di Sukkot, ogni giorno l’influenza di uno di essi è particolarmente dominante e le sue qualità ci trasmettono un insegnamento da applicare nel nostro servizio verso D-o.

Gli Ospiti Giorno per giorno

Gli Ushpizin del primo giorno sono il patriarca Abramo e il Baal Shem Tov. Essi hanno delle caratteristiche in comune: entrambi, in diverso modo, inaugurarono una nuova fase del rapporto tra l’uomo e D-o. Abramo è stato il fondatore della fede ebraica ed il Baal Shem Tov è stato il fondatore della Chassidut. Entrambi viaggiarono di luogo in luogo per rivelare al mondo la presenza di D-o. Riguardo al verso, riferito ad Abramo, “Ed egli invocò (lett. chiamò) il nome di D-o, il D-o Eterno” i Saggi commentano: “non leggere ‘Vaikrà – chiamò’ ma ‘ Vayakrì – e fece sì che gli altri chiamassero’ poiché Abramo faceva in modo che tutti i viandanti che egli incontrava invocassero il nome di D-o.”

Anche il Baal Shem Tov si recava dalla gente comune e s’informava sulla loro salute, il loro lavoro e su altri aspetti materiali della loro vita per suscitare in loro un’espressione di gratitudine: “Baruch Hashem – che il Sign-re sia Benedetto!”. In questo modo egli dimostrava che la Divinità fa parte anche delle dimensioni più profane della nostra esistenza.

Gli Ospiti del secondo giorno sono il patriarca Isacco e il Magghid di Mezeritch. La loro caratteristica è espressa nel verso: “Non abbandonare il tuo luogo”. Isacco non uscì mai dalla Terra d’Israele e il Magghid di Mezeritch, a differenza di altri Rebbe che si spostarono di luogo in luogo, una volta presa la guida del movimento chassidico non lasciò mai Mezeritch.

L’essenza di ogni individuo è la sua scintilla Divina. Il vero posto di ciascuno è lì dove egli si trova e in nessun altro luogo, ed il posto in cui si trova è ciò che definisce il suo essere. Il patriarca Isacco ed il Magghid di Mezeritch ci hanno insegnato che bisogna concentrare i propri sforzi per penetrare questa essenza e farla risalire in superficie, anziché cercare di ampliare le influenze esterne. Per questo la Torà ci descrive Isacco intento a scavare pozzi, cercando le sorgenti di acqua viva e facendole emergere all’esterno. Preoccuparsi del proprio posto non significa sminuire l’importanza dei luoghi in cui si trovano gli altri. Il pensiero chassidico spiega che la rivelazione di una luce potente illumina anche i luoghi immersi nel buio più profondo. Allo stesso modo, la luce del Bet Hamikdash – il Santuario si diffondeva in tutto il mondo e aveva ripercussioni tali per cui perfino chi viveva nelle contee più lontane, come la regina di Saba, furono attratti verso Gerusalemme.

Gli Ospiti del terzo giorno sono il patriarca Giacobbe e Rabbi Shneur Zalman. Essi sono entrambi associati in maniera particolare allo studio della Torà. La Torà ci descrive Giacobbe come “un uomo semplice, che siede nelle tende”. I Saggi spiegano che il verso si riferisce alle “tende” di Shem ed Ever, che erano le case di studio di allora. Il legame tra Rabbi Shneur Zalman e lo studio della Torà è dato dal suo stesso nome “shneur”, che può essere letto anche “shné or – due lumi” e allude al lume della dimensione rivelata della Torà (niglé) e quello della dimensione nascosta, mistica (pnimiùt haTorà). Queste due vie illuminanti spirituali si sono concretizzate nelle due opere chassidiche scritte da Rabbi Shneur Zalman: lo Shulchan Aruch e il Tanya. Ognuno di noi ha la sua parte nella Torà, rivelata o nascosta, e questo legame si deve manifestare nella nostra condotta quotidiana. Per questo i nostri Saggi insegnano: “L’esempio di Hillel obbliga il povero e l’esempio di Rabbi Elazar ben Charson obbliga il ricco a studiare Torà”. Nonostante Hillel fosse povero e dovesse lavorare duro per mantenersi, studiava Torà con fervore e costanza; dal canto suo Rabbi Elazar ben Charson, pur essendo ricco, non permise mai che le sue preoccupazioni professionali lo distrassero dallo studio della Torà. A prescindere dalla situazione finanziaria, ciascuno di noi ha allo stesso tempo il potenziale e la responsabilità di dedicarsi allo studio della Torà.

Gli Invitati del quarto giorno sono Mosè e l’Admur Haemtzaì (il Rebbe Dov Ber). Anch’essi sono legati allo studio della Torà. Mosè “ha ricevuto la Torà sul Sinai e l’ha trasmessa” a tutto il popolo d’Israele. La Torà è associata al suo nome al punto che i profeti parlano della “Torà di Mosè Mio servitore”. Mosè aveva un duplice rapporto con la Torà: da un lato egli fungeva da intermediario, in quanto comunicava quanto affermato dalla Torà al popolo, e dall’altro interpretava la Torà. Anche l’Admur Haemtzaì trasmetteva e interpretava allo stesso tempo; egli era rinomato per le sue spiegazioni dei concetti filosofici della Chassidut. Rabbi Shneur Zalman gettò le fondamenta per la comprensione del pensiero chassidico rivelandone le idee e l’Admur Haemtzaì le sviluppò, illustrandole con esempi e analogie facendo sì che queste idee potessero essere afferrate con l’intelletto. Gli Ushpizin del quarto giorno mostrano quindi come sviluppare lo studio della Torà e dimostrano che ognuno di noi ha il potenziale per capire la Torà in tutta la sua profondità ed estensione. Anche per questa dimensione né la povertà né la ricchezza esentano dal dedicarsi a questo compito.

Gli Ospiti del quinto giorno sono Aronne e il Tzemach Tzedek. Essi ci impartiscono una lezione di amore e armonia tra gli uomini. Aronne costituisce il prototipo di questo approccio poiché egli “Amava la pace e ricercava la pace, amava le creature e le avvicinava alla Torà”. Il fatto che è detto “creature” e non “uomini” implica che Aronne si avvicinava alle persone la cui unica virtù era quella di essere creature di D-o. Il suo cruccio per gli altri è ancora più impressionante se si pensa che Aronne era il Sommo Sacerdote, il Cohen Gadol. Non appena usciva dal Tabernacolo dal quale la Presenza Divina gli era rivelata apertamente, egli si recava dalla gente che non aveva altra qualità se non quella di essere creature del Sign-re! Il Tzemach Tzedek rappresenta l’armonia tra le persone erudite e i capi della comunità ebraica. Sotto la sua leadership fu raggiunta l’unità tra i chassidim e gli altri membri della comunità ebraica. Egli incontrò i capi delle diverse comunità e stabilì un fronte unito che marcava il ruolo preciso di ciascuno.

Gli Invitati del sesto giorno sono Yosef Hatzaddik e il Rebbe Maharash, Rabbi Shmuel di Lubavitch. La loro caratteristica è espressa nelle parole del Rebbe Maharash “ ‘Lechatchila ariber – sopra a priori’: la gente dice ‘se non puoi andare sotto l’ostacolo, allora porva a superarlo da sopra’ e io dico ‘saltaci sopra a priori’ ”. Le difficoltà apparenti aspettano di essere affrontate con fiducia e di essere superate. Non è un concetto teorico ma una verità che si può applicare nella pratica, come testimonia la vita di Yosef, che da schiavo imprigionato diventò vicerè d’Egitto. Ognuno di noi può attingere la sua lezione personale dalla vita di Yosef. Anche se siamo in esilio non dobbiamo sentirci imprigionati o menomati; abbiamo tutti il potenziale per raggiungere i più alti livelli spirituali e, di riflesso, anche professionali.

Gli Ospiti del settimo giorno sono il Re Davide e il quinto Rebbe, Rabbi Shalom DovBer. Essi sono accomunati dall’attributo della regalità, la cui espressione ultima sarà rivelata dalla Redenzione finale. Il Re Davide “una volta unto come re acquisì la corona della regalità che, a partire da quel momento, appartiene a lui e ai suoi discendenti per sempre”. Il Mashiach sarà un discendente di Davide. Inoltre, come sottolinea Maimonide, i Profeti del Tanach che evocano l’avvento di Mashiach parlano di due re unti: Davide e Mashiach. Anche Rabbi Shalom DovBer possiede un legame con Mashiach. Nel 1897 egli costruì una Yeshivà nella località di Lubavitch (Yeshivàt Tomché Temimim ) e parlava degli studenti di Yeshivà come “i soldati della Casa di David” il cui obiettivo primario è quello di affrettare la venuta di Mashiach.

Infine, gli Ushpizin di Sheminì Atzeret sono il Re Salomone e il Rebbe precedente, Rabbi Yosef Yitzchak Schneerson. Essi succedono agli ospiti del giorno precedente poiché ne sono i figli e assicurano la continuità del messaggio. Il regno di Davide fu lacerato da litigi e guerre ma, riguardo al regno del figlio e suo successore Salomone, D-o promise: “Concederò la pace e la tranquillità al suo regno”. Effettivamente, durante il regno di Salomone Israele visse in sicurezza, “ognuno sotto la sua vigna e il suo fico”. In quest’atmosfera di pace Salomone costruì il Bet Hamikdash, il Santuario di Gerusalemme, la dimora permanente di D-o nel mondo materiale. Il Bet Hamikdash affinò il mondo intero poiché la luce da esso prodotta spinse il mondo a cercare la santità. Allo stesso modo, il Rebbe precedente rafforzò l’opera di suo padre disseminando gli insegnamenti della Chassidut in ogni parte del mondo e preparandolo così alla Redenzione. Egli non escluse nessuna persona e nessun angolo del globo, remoto che fosse.

Questo è il retaggio lasciato alla nostra generazione e l’obiettivo verso cui devono convergere tutti i nostri sforzi: fare della Redenzione un regno tangibile. Non si tratta di immaginarsela in un futuro più o meno lontano ma di far sì che questa promessa si concretizzi al più presto e che noi tutti possiamo unirci a celebrare con gli Ushpizin, in Terra d’Israele, a Gerusalemme, nel Bet Hamikdàsh.