Cos'è
Così come l'inizio dello Shabbàt è segnalato da alcuni atti che devono essere eseguiti secondo norme rigorosamente codificate (accensione dei lumi e il Qiddùsh) e che ne sottolineano l'importanza e la sua particolare sacralità, così la sua fine viene accompagnata da una breve cerimonia di origine antichissima chiamata Havdalà (separazione) poiché marca la differenza tra il sabato che sta per terminare e i giorni feriali che stanno per iniziare. Essa consiste nel recitare quattro brevi benedizioni: su una coppa di vino, su delle erbe profumate, sulla luce del fuoco e sulla divisione tra Israele e gli altri popoli.
, la Havdalà si divide in due parti: la prima è una semplice formula inserita nella `Amidà dei giorni feriali che si recita il sabato sera, la seconda, da recitarsi su una coppa di vino o, come vedremo, di liquore.
La Havdalà nella Tefillà
Nella quarta benedizione della `Amidà del sabato sera (atà chonén) si deve recitare una formula di distinzione tra il sabato e i giorni feriali stampata, di norma, nei siddurìm (libri di preghiere).
È vietato compiere qualsiasi lavoro proibito di Shabbàt prima di avere recitato almeno la Havdalà che si trova nella `Amidà. Le donne che non leggono la preghiera di `Arvìt e attendono a casa il marito o i figli per poter fare la Havdalà sul calice assieme a loro dicano perciò a voce alta la frase: Barùkh hamavdìl ben kòdesh lechòl (Benedetto Colui che distingue tra il sacro e il profano) prima di accendere le luci o di fare altre opere creative.
La Havdalà sul vino
Dopo aver recitato alcune frasi di buon auspicio per la settimana entrante, stampate di consueto nei libri di preghiere, si procede alla lettura delle quattro benedizioni della Havdalà seguendo tale ordine: a) sul vino; b) sui profumi; c) sul lume; d) sulla distinzione tra il sacro e il profano.
Si afferri la coppa con la mano destra e gli odori con la sinistra e si reciti in questo modo la benedizione sul vino. Si passi poi il bicchiere alla mano sinistra e si tengano gli odori con la destra e prima di annusarli si reciti la relativa benedizione.
Si appoggino dunque i profumi e, sempre tenendo il calice con la mano sinistra, si accosti la mano destra al lume e si pronunci la benedizione sulla luce.
Si termini dunque, la cerimonia della Havdalà recitando la quarta benedizione dopo aver nuovamente afferrato la coppa di vino con la mano destra. Il vino dovrà essere bevuto solo dopo la conclusione di quest'ultima berakhà.
Non si può adoperare del vino avanzato in un bicchiere durante un pasto a meno che, prima di iniziare la Havdalà, non si sia aggiunto a questo del vino nuovo.
In mancanza di vino o di succo d'uva si può adoperare del liquore o un altra bevanda alcolica (ad esempio della birra). Il vino della Havdalà non potrà essere sostituito dal pane, perciò, in assoluta mancanza delle sostanze permesse si faccia affidamento alla Havdalà che si recita nel corso della `Amidà.
Chi assiste alla Havdalà nel Bèt Hakenèsset può, se ne ha l'intenzione, uscire d'obbligo dalla mitzvà rispondendo Amèn (ma non Barùkh hù uvarùkh shemò) alle benedizioni del chazàn.
Anche le donne sono obbligate, come gli uomini, a recitare la Havdalà. Perciò, nel caso in cui il marito o i figli non si trovassero a casa, ella dovrà ugualmente adempiere al precetto.
Secondo l'uso comune, beve dal calice solo chi recita la Havdalà e non coloro che la ascoltano. Vi è chi usa intingere le dita nel vino e bagnare con il liquido gli occhi, il collo, e le tasche in segno di intelligenza, forza e prosperità.
Regole sulla benedizione dei profumi, besamìm
Dopo la benedizione sul vino si reciti quella sui profumi adoperando preferibilmente del mirto o, in mancanza di questo, delle altre piante aromatiche o della frutta.
Come di consueto la benedizione deve precedere l'azione, perciò prima si reciti la formula prescritta e poi si odorino le erbe. Su ramoscelli d'albero si dica: Borè `Atzé Besamìm (che crea alberi odorosi), sulle erbe: Borè `Isbé Besamìm (che crea erbe aromatiche) e sulle piante di dubbia provenienza Borè Minè Besamìm (che crea le specie di odori). Sulla frutta dovrà invece dire: Hanotèn réakh tov baperòt (che pone buon aroma nella frutta).
Norme sulla benedizione del fuoco, esh
Se possibile si reciti la benedizione sul fuoco di una torcia, ossia su almeno due fiamme unite tra loro ma in mancanza di questa basterà una normale candela o, al limite, dei cerini o un accendino.
Si avvicini la mano destra alla fiamma e piegando le dita verso il palmo si osservi la luce del fuoco che riflette sulle unghie.
Chi fosse momentaneamente sprovvisto del lume o dei profumi potrà ugualmente pronunciare la prima e la quarta benedizione sulla coppa di vino e completare poi la cerimonia nel corso della serata o della notte (ma non si recitino le benedizioni mancanti se è gia sorta l'alba). Chi invece fosse sprovvisto di vino, di succo d'uva o di liquore pronunci ugualmente la benedizione sugli odori e sul fuoco e potrà recitare le benedizioni mancanti sulle bevande permesse anche il giorno successivo (e vi è chi permette fino al martedì).