«Ogni persona saggia di cuore venga e faccia tutto quello che ha comandato il Sign.re» (Esodo 35:10)
Moshè chiamò ogni membro del popolo d’Israele a mettere a disposizione il proprio talento (la “saggezza”) per costruire il Mishkàn, il Tabernacolo del deserto; esso era un prodigio di arte e di ingegneria che richiedeva grande abilità e la messa in campo di diversi talenti.
Perché però fare appello alle persone “sagge di cuore”? Non è forse un concetto contraddittorio, visto che la saggezza risiede più nella mente che nel cuore?
Con questo versetto la Torà ci trasmette una grande lezione, che possiamo mettere a profitto per costruire il nostro “mishkàn” personale.
Il talento da solo è sterile e il sentimento da solo è troppo imprevedibile. Può accadere che una persona saggia possieda la conoscenza ma che ciò non abbia alcun impatto nella sua vita; è un tipo di sapienza che giace racchiusa nello spirito senza mai essere chiamata a dirigere le proprie azioni. Può anche accadere che una persona possieda invece un profondo sentimento religioso, la cui espressione è così forte da far perdere di vista altri elementi importanti e positivi in cui varrebbe la pena investire, o da portare la persona ad essere eccessivamente critica nei confronti di chi non sembra avere lo stesso fervore.
Per ovviare a queste possibili carenze, D-o ordina a Mosè di trasmettere al popolo ebraico questo messaggio: quando un ebreo si impegna a costruire un proprio “mishkàn” personale, un Santuario per D-o fatto coi materiali della sua vita, deve fare in modo di essere “saggio di cuore”.
“Saggio”: lasciare che la saggezza Divina diriga i propri sentimenti in maniera costruttiva, equilibrata e completa.
“Di cuore”: lasciare che questa saggezza porti un flusso di entusiasmo e di passione per il bene e il Divino che riempiono l’essere e trasformano il mondo.
Di Rav Shlomo Yaffe, per concessione di fr.chabad.org
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