Uno tzaddìk volle un giorno sapere chi sarebbe stato il suo vicino in Gan Eden. Digiunò e pregò affinché dal cielo gli si rivelasse cosa lo aspettava nell’aldilà. Finalmente, nel sonno gli fu svelato che il suo vicino sarebbe stato niente meno che il macellaio del villaggio. Ma credette che si trattava di un sogno insignificante. Come? Un macellaio, un uomo semplice che sapeva a malapena leggere e scrivere, poteva davvero essere suo vicino? Uno tzaddìk del suo calibro, con il suo livello spirituale, meritava rivelazioni spirituali molto elevate in Gan Eden. Continuò quindi le sue preghiere e i suoi digiuni, sperando di ricevere una vera risposta.

«Le è già stato detto che il macellaio sarà il suo vicino in Gan Eden!» Gli fu risposto severamente in un altro sogno. «Se lei non fosse un tzaddìk, avrebbe meritato la pena di morte per disprezzo nei confronti di una persona che ha compiuto immense buone azioni».

L’indomani mattina, il tzaddìk si precipitò al mercato della carne dove trovò il macellaio intento, come di consueto, a tagliare la carne.

«Buongiorno» disse questi col sorriso. «Come posso aiutarla?»

«Mi dica per favore», rispose il tzaddik, «quali buone azioni lei ha compiuto?»

Questi gli disse che ogni giorno separava i guadagni della giornata in due parti uguali: una per i poveri e l’altra per il sostentamento della sua famiglia.

«La carità e la generosità, in effetti, sono una grande mitzvà», affermò il tzaddìk «ma c’è gente che dà molto più di lei. Ha mai fatto una mitzvà eccezionale? Per favore, cerchi di ricordarselo». Il macellaio si sedette per riflettere un po’ fino a che all’improvviso i suoi occhi ebbero un luccichio. «Sì, una volta ho compiuto una mitzvà speciale. L’avevo quasi dimenticata. Ma eccone la storia:

Una volta, un gruppo di commercianti gentili vennero al mercato di questa città con una signorina. Questa, quando mi vide si mise a piangere e mi supplicò di salvarla. I mercanti l’avevano rapita con l’intenzione di venderla in schiava. Pagai il prezzo richiesto, la portai a casa e l’allevai come fosse mia figlia. Col passare del tempo mi resi conto che era una persona molto speciale e molto raffinata. Suggerii che si sposasse con mio figlio. Ella mi rispose: «Lei mi ha salvato la vita: il minimo che io possa fare è accettare la sua richiesta».

E così avviammo con allegria i preparativi delle nozze. Comprai i più bei vestiti e invitai tutta la città alla festa.

Pochi minuti prima del matrimonio notai un povero seduto vicino al baldacchino nuziale che piangeva a calde lacrime. Lo supplicai di dirmi cosa lo rendeva tanto disperato. All’inizio rifiutò ma poi dichiarò che la ragazza era stata promessa a lui.

«Lei ha la prova che eravate fidanzati?» Mi rispose mostrandomi l’atto di fidanzamento.

Feci chiamare mio figlio e la fidanzata, ripetei le parole del pover’uomo. Mi rivolsi alla sposa: «Chi desideri sposare tu?» Con emozione palese ammise che, sebbene fu incapace di rifiutare la mia proposta a causa del debito che aveva nei miei confronti, desiderava sposare il suo primo fidanzato. Alche imposi a mio figlio di dare la fidanzata e tutti i regali al pover’uomo. E così, al posto di mio figlio, fu il primo giovanotto a sposare la sua amata con la partecipazione gioiosa di tutta la comunità!

«Che D-o la benedica! Esclamò il tzaddìk. Questa è una mitzvà unica. Per me sarà un onore essere suo vicino in Gan Eden!»